Jiobs Act, ma la riforma del lavoro ha funzionato o no?

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Ma la riforma del mercato del lavoro – il Jobs act, per semplificare – ha funzionato, funziona, come sottolinea il governo e sembra aver apprezzato l’Europa, oppure è stato un fuoco di paglia, che ha consumato gli effetti positivi di detrazioni e agevolazioni nel giro di meno di due stagioni, come sostengono le opposizioni? Insomma, è stato un boom o uno sboom, per usare i termini più abusati nel corso della settimana dai titoli dei giornali? Certo, per il lettore medio – con le elezioni alle porte e quand’anche non condizionato dalla propaganda dello schieramento di appartenenza –il dilemma è tutt’altro che chiaro.

Nel dubbio meglio far parlare i dati. A cominciare da quelli pubblicati dall’Inps, che tanto per non scontentare alcuno, si prestano egregiamente alle interpretazioni della bisogna. Dunque, nei primi tre mesi del 2016 – informa l’istituto previdenziale–sono stati stipulati 428.584 contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni) mentre le cessazioni, sempre di contratti a tempo indeterminato sono state 377.497 con un saldo positivo di 51.087 unità.

Il dato, tuttavia, è peggiore del 77% rispetto al saldo positivo di 224.929 contratti stabili dei primi tre mesi 2015 e risente della riduzione degli incentivi sui contratti stabili. Inoltre, il dato è peggiore anche del 2014 (+87.034 posti stabili nei primi tre mesi). Di più, i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato nei primi tre mesi dell’anno sono stati 321.098 (erano stati 487.469 nei primi tre mesi del 2015) mentre le trasformazioni di rapporti a termine sono state 79.932 (116.497 nello stesso periodo del 2015). Infine, le trasformazioni di rapporto di apprendistato sono state 24.557 (20.411 nei primi tre mesi del 2015). Le cessazioni di contratti a tempo indeterminato sono state 377.497 a fronte delle 398.448 del primo trimestre 2015. La variazione netta per i contratti stabili è stata pari a 51.087 unità a fronte delle 224.929 del primo trimestre 2015.

I dati risentono – viene sottolineato – dell’introduzione con la legge di stabilità 2016 di una nuova (e meno vantaggiosa rispetto al 2015) forma di incentivo rivolta alle assunzioni a tempo indeterminato e alle trasformazioni di rapporti a termine di lavoratori che, nei sei mesi precedenti, non hanno avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato. La misura dell’agevolazione prevede l’abbattimento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (esclusi i premi Inail) in misura pari al 40% (entro il limite annuo di 3.250 euro) per un biennio. Nel 2015 l’esonero contributivo era totale (sempre esclusi i premi Inail) e triennale con un tetto di 8.060 euro.

In breve, i margini per vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto ci sono tutti. A voi la scelta. Anche perché, a onore del vero – è sempre l’Inps che comunica – a marzo le richieste di disoccupazione sono calate nettamente (-27,3%) rispetto all’anno prima, così come nel trimestre, che fa registrare un -28,2% e in valore assoluto soltanto (si fa per dire) 353 mila 293 domande.  Contestualmente, però, ad aprile ci sono state richieste per utilizzo di cassa integrazione per 57,1 milioni di ore con un aumento del 9,1% rispetto a marzo e una diminuzione del 6,2% su aprile 2015.

Ad ogni modo, comunque la si voglia vedere, per il governo le prospettive non sono negative: confortato dal dato Istat, infatti, l’esecutivo sottolinea che nel 2016 il Belpaese crescerà dell’1,1% in termini reali. Non solo, il tasso di disoccupazione scenderà all’11,3% dall’11,9% del 2015. E, però, va pure detto che il consolidamento dei progressi sul fronte occupazionale (+0,8% in termini di unità di lavoro) è previsto accompagnarsi ad una riduzione del tasso dei senza lavoro.

E siamo al punto di partenza.

Intanto, sempre sul fronte del lavoro segnalo ancora due notizie. La prima è la condanna netta del lavoro nero fatta, questa volta, non dai sindacati né dai politici, ma dal Papa. “Chi accumula ricchezze con sfruttamento, lavoro in nero, contratti ingiusti, è una sanguisuga che rende schiava la gente. Il sangue di chi è sfruttato nel lavoro è un grido di giustizia al Signore. Lo sfruttamento del lavoro nero, nuova schiavitù, è peccato mortale”, ha detto senza troppi fronzoli Francesco.

Le seconda, viene dall’Europa, e riguarda il diritto alla salute. Lo Stato italiano, infatti, è stato formalmente posto sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con l’accusa di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni dell’Ilva.

La stessa Corte, tuttavia, non sembra essere stata ancora adita dalle associazione dei consumatori per i supposti effetti negativi sulla salute derivante dall’uso del glisofato, l’erbicida più diffuso al mondo prodotto da una potentissima multinazionale. In proposito, anzi, va segnalata la situazione di stallo in seno all’Ue dove, nei giorni scorsi, il Comitato di esperti dei 28 Stati membri riunito a Bruxelles e chiamato a decidere, è risultato ancora troppo diviso e di conseguenza non si è nemmeno arrivati al voto. Con buona pace del principio di precauzione adottato in casi analoghi.

Se può consolare, tuttavia, sempre dall’Ue è intanto arrivato al governo italiano il via libera alla flessibilità. E la raccomandazione, insieme ad altre, per ridurre il debito, ad accelerare le privatizzazioni

In Europa c’è qualcuno che ha messo gli occhi, evidentemente, su ciò che è rimasto dei nostri gioielli di famiglia.