Dovranno proprio essere entrati in letargo gli italiani, come suggerisce Giuseppe De Rita nell’ultimo rapporto del Censis, se non ci saranno reazioni al per ora ultimo libro scritto dall’ultimo degli irriducibili Paolo Cirino Pomicino (La Repubblica delle Giovani Marmotte, Utet) che con la prefazione di Giuliano Ferrara offre uno spaccato del Paese – della sua cosiddetta classe dirigente e di alcune vicende almeno in apparenza ammantate di misero mistero – assolutamente meritevole di contraddittorio. Contraddittorio vero, però, sui fatti narrati e su quelli lasciati intendere, e non solo di maniera come accade quando auterevoli persone si riuniscono per celebrare la presentazione di un testo più per rispettare un rito (e far contento l’editore) che per analizzarne in fondo le tesi e trarre le conseguenze. I contenuti che propone l’ex ministro del Bilancio, già autore di volumi di successo e incursore giornalistico con gli pseudonimi di Seneca e Geronimo, sparigliano su molte verità presunte con argomenti che non possono essere ignorati. Dalla trattativa Stato-Mafia sul cui teorema tante carriere sono state edificate in magistratura come in politica alla vendita senza utilità dei gioielli imprenditoriali e tecnologici del Paese, dalla subalternità degli ultimi governi alla dittatura della finanza internazionale che tanti danni arreca all’economia reale con sistematica distruzione di posti di lavoro fino alla dissennata idea di Europa che tra gli altri disastri provoca l’esodo biblico dei migranti contro la cui piaga nessuno sembra avere il balsamo giusto, il j’accuse di Pomicino appare convincente e motivato. Nell’Italia degli apprendisti stregoni può capitare di tutto. E di tutto capita se all’alto magistero della Politica si sostituiscono poteri che rispondono ai più svariati interessi tra i quali manca il perseguimento del benessere per gli uomini e le donne che formano una società libera. La condizione di bisogno diventa normalità se la maggioranza della popolazione s’impoverisce fino a perdere fiducia nel prossimo e nel futuro. E tutto questo nonostante gli appelli all’ottimismo che, pure utili, andrebbero sostanziati con qualche apprezzabile miglioramento.