Italiani a Parigi

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in foto Giorgio Armani

Giornate importanti, quelle che stanno caratterizzando, alla fine di gennaio, l’attività del Governo, soprattutto per quanto concerne il settore dell’economia. Tempo fa lo stesso periodo era definito un po’ dovunque quello dei “giorni della merla”. Connotazione saliente degli stessi era quella di essere i più freddi dell’inverno. Anche questa particolarità climatica ha subito mutazioni profonde, tant’è che lo stesso periodo ora in corso è caratterizzato da temperature miti in tutta la penisola, isole comprese. Gli “umarell” commentano che oramai il mondo gira al contrario e tale concetto viene espresso in tanti modi, diversi tra un paese e l’altro. Soffermando l’attenzione sull’Italia, fanno spalancare gli occhi e aprire bene le orecchie due episodi salienti. Il primo, decisamente positivo, riguarda il lavoro di un italiano che non ha bisogno di presentazioni, Giorgio Armani. Il Sarto, sulla soglia dei 90 anni, ha presentato alla sfilata di Parigi la nuova collezione di moda declinata al femminile. È noto che nella prima fila di quel tipo di eventi c’è almeno una critica o un critico della stampa specializzata. Lo stesso è pronto a stroncare, anche con un solo aggettivo, le espressioni di quelle forme di arte. Come era previsto, la sfilata è andata in passerella con successo, meritato soprattutto stante l’età avanzata dell’autore. Esorcizzando il canto del cigno, va invece evidenziato che, talvolta, allo sguardo degli esseri umani, il mondo possa presentare un suo aspetto diverso, se non contrario, da quello con cui, appunto da che mondo è mondo…, ha sempre mostrato. Armani non è il solo italiano che opera con successo in quel settore che sta spopolando a Parigi: molti altri eccellenti colleghi lo seguono da vicino. Un tempo, non molto lontano, da qualche parte sarebbe potuto provenire il commento che gli italiani, volendo vendere le loro creazioni nel tempio della moda, avrebbero avuto le stesse probabilità di riuscire nel proprio intento di un artigiano della creta non del luogo che avesse proposto i suoi vasi al mercato di Samo, noto centro di produzione di quei manufatti. Più al passo con i tempi, basta far riferimento a chi tenta di vendere frigoriferi agli Eskimesi. Una forma ben diversa di proporre l'”italianità” è quella che sta tentando di plasmare il gruppo automobilistico Stellantis. Dopo diverse quanto funamboliche elaborazioni, quello che era il marchio FIAT, Fabbrica Italiana Automobili Torino, naviga in quell’ universo con sede a Parigi. Negli anni ’60, per gil abitanti del Giardino d’ Europa, quel marchio che in due lettere faceva richiamo inequivocabile alle sue origini – Italia e Torino -permise, altro miracolo derivato da quello economico, la prima “motorizzazione di massa”. Fece anche di più: introdusse il pagamento a rate delle automobili vendute tramite una società finanziaria propria, creata per materializzare quel proposito, la SAVA. È bene ricordare che, all’epoca, la famiglia Agnelli, proprietaria di quell’azienda, ne aveva affidata la conduzione al professor Vittorio Valletta, genovese di nascita, prima studente e poi docente presso il Politecnico della città di elezione. Fu anche Senatore della Repubblica e tenne a bottega Gianni Agnelli, per il mondo intero “L’ Avvocato”, che gli succedette alla scomparsa. Attualmente ciò che stanno facendo i vertici aziendali è descrivibile con poche parole. Stanno dismettendo gli stabilimenti in Italia, finanziati all’ epoca della realizzazione con (tanto) denaro pubblico non senza tornaconto (assunzioni soprattutto, ma anche vantaggi fiscali e altro). Gli opifici in vendita furono realizzati secondo le tecniche più innovative del tempo (gestione Marchionne). Ora cambiano aria, mettendo in moto il trasferimento di quanto più è possibile, anche del management di alto livello. Non basta. Dove e per quanto tirata per i capelli, è sempre la lupa capitolina a fare da nutrice. Non aggiungerebbe niente di nuovo una disamina puntuale dei vantaggi, se non estorti quasi, dalla Stellantis e sue progenitrici ai governi che si sono succeduti.
Come può essere valido il paragone del comportamento dei discendenti dei proprietari di quel gruppo che detiene, oltre alla FIAT e almeno finché durerà l’ultima conformazione di quella galassia, i marchi italiani dell’automobilismo storico e di rinomanza mondiale. Un paragone porta agli Epigoni della mitologia greca. Furono costoro, eredi senza polso dei principi che conquistarono Tebe, che diedero inizio alla lunga serie di situazioni analoghe che si perpetrano ancora di questi tempi, l’inizio del primo secolo del terzo millennio.