Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 28 giugno all’interno della rubrica Spigolature
di Ermanno Corsi
Ogni volta che c’è seduta parlamentare,630 deputati e 321 senatori varcano (o dovrebbero…) i portoni di Montecitorio e di Palazzo Madama. In tutti la presunzione di sentire e vivere, con forte senso di partecipazione, i problemi che attraversano il Paese. “Insieme” e “contestualmente” i due avverbi di maggiore “uso e consumo” sia dal punto di vista elettorale che operativo. Si varcano i monumentali portoni d’ingresso e poi ciascuno per la propria strada: un reticolo di percorsi principali e secondari tutti interni al sistema di potere, un piccolo labirinto che non si sa più quale pensiero guidi l’occulto cammino. Pensiamo quale può esser il valore di “insieme” visto che alla Camera ci sono 18 fra partiti e gruppi, e al Senato 9. Divisioni in base a idee e scelte programmatiche? Se fosse così, ci sarebbe da esserne soddisfatti al pensiero di una vita politica ricca di dialettica sociale e serrato confronto di opinioni.
UN NUOVO “INSIEME”. Questa volta l’avverbio prende forma di altro partito nato dalla scissione dei 5Stelle: movimento dove si è visto che 5 stelle erano troppe per poter “brillare” in pieno accordo, forse anche perché non riuscivano a emettere una convincente luce tutta propria (se non quella di Casaleggio senior tutt’ora largamente rimpianto, o del commediante Grillo in qualche modo “azzoppato” dalla scabrosa vicenda giudiziaria del figlio).Ormai alle spalle l’euforica affacciata al balcone di Palazzo Chigi (quando si portò il deficit di bilancio al 2,4 per poi ritenere che col reddito di cittadinanza si era “finalmente sconfitta la povertà”), dal febbraio 2022 balzava prepotentemente in primo piano, sul palcoscenico della quotidianità, la terrificante aggressione della Russia e della disperata difesa dell’Ucraina. Protagonisti, ma non involontari dato il peso numerico in Parlamento, i “tre stelle meridionali”: il foggiano di Volturara Giuseppe Conte premier prima di Draghi, il presidente della Camera Roberto Fico napoletano di Fuorigrotta-Vomero, il campano Luigi Di Maio nativo avellinese ma formatosi a Pomigliano, che da ex vice premier è diventato ministro degli Esteri nel Governo di solidarietà nazionale.
FENOMENOLOGIA DIMAIANA. Si parva licet compònere magnis (ma Virgilio ovviamente non consentirebbe in questo caso di comparare le piccole alle grandi cose), verrebbe da ricordare che Giulio Andreotti appena eletto alla Camera, nel 1946, è stato per sette anni Sottosegretario di Stato con presidente Alcide De Gasperi. Poi un’ascesa irresistibile:5 volte premier,5 volte ministro nei Dicasteri più importanti, presidente del Consiglio d’Europa e infine senatore a vita. Resterà nella storia repubblicana il “Divo” per eccellenza. Ma i tempi cambiano (e mai in meglio, diceva il napoletanissimo Ferdinando Russo) per cui dobbiamo prendere atto, sia pure con stupore, del cursus honorum di Luigi Di Maio: non riesce a fare il consigliere comunale a Pomigliano ma entra in Parlamento e a 27 anni è vice Presidente della Camera. Vice Premier nei due governi Conte (incarichi ministeriali a Sviluppo economico e sociale, lavoro e politiche sociali) è responsabile degli Esteri con Mario Draghi. Memorabile, per la planetaria ironia che suscitò, la sua richiesta di impeachement per Mattarella. Dalle elezioni per il Quirinale e dall’aggressione di Putin all’Ucraina, è diventato d’un colpo mattarelliano, draghiano, europeista, americano e atlantico. Fondatore dei 5 Stelle, è stato il primo a uscirne mediante scissione. Il suo “peso elettorale” viene ora valutato del 4,9.
FENOMENOLOGIA DELUCHIANA. ”A distanza di due legislature, l’esperienza nelle istituzioni ci ha fatto capire che alcune posizioni del passato erano sbagliate”. Così Di Maio che appare sinceramente pentito. Una conversione (alla maniera di san Paolo sulla via di Damasco) dovrebbe riguardare anche il Governatore della Campania. “L’onorevole Luigino Di Maio è uno sfaccendato, un furbastro che non può governare neanche un condominio”: così Vincenzo De Luca alcuni anni fa. Ora, tralasciando gli appellativi di webmaster e bibitaro, afferma invece: ”Di Maio gode della mia simpatia. Si presenta bene, un po’ come Charlie Brown”. Fatta la scissione, porte aperte, in Regione, ad assessori dimaiani.