Ingv, dallo studio degli acquiferi carsici nuovi spunti sull’analisi della sismicità in Irpinia

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Figura 1: a) Distribuzione dell’intensità della deformazione tettonica (scala cromatica e vettori di velocità) misurati dalle stazioni GNSS della rete RING. Le aree in verde mostrano la distribuzione degli acquiferi carsici responsabili delle deformazioni idrologiche osservate. b) sismicità nell’area irpina, segmenti attivati e meccanismo focale del terremoto Ms 6.9 del 23 novembre 1980. c) Serie temporali delle osservabili usate nello studio: portate della sorgente di Caposele (blu), variazioni di velocità δv/v (verde) e di spostamento alle stazioni MCRV e CAFE (in rosso). Osservare la stretta correlazione tra effetti idrologici, variazioni di velocità e di spostamento alla stazione MCRV (posta in prossimità degli acquiferi carsici) e la mancanza di correlazione a CAFE (posta in posizione più distante). d) rappresentazione schematica delle deformazioni idrologiche e loro relazione con le fasi di ricarica degli acquiferi carsici.

Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica ‘Nature Communications’, intitolato “Non-linear elasticity, earthquake triggering and seasonal hydrological forcing along the Irpinia fault, Southern Italy” fornisce approfondimenti innovativi sui processi che collegano la variazione stagionale delle masse d’acqua, l’elasticita’ delle rocce crostali e l’attivita’ sismica in Irpinia. La ricerca, condotta nell’ambito del progetto multidisciplinare Pianeta Dinamico-MYBURP (Modulation of hYdrology on stress BUildup on the IRPinia Fault), e’ stata realizzata da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dell‘Universita’ degli Studi di Padova, dell’Universita’ degli Studi di Napoli Federico II e della societa’ Acquedotto Pugliese. “Il nostro studio ha rivelato come gli effetti idrologici influenzino le caratteristiche meccaniche del sistema di faglie in Irpinia e la distribuzione temporale della sua sismicita’”, spiega Nicola D’Agostino, ricercatore dell’INGV e coordinatore del team di ricerca. “Per scoprirlo, abbiamo analizzato le variazioni stagionali di velocita’ delle onde sismiche nella crosta terrestre e le serie temporali di deformazione provenienti da una rete avanzata di stazioni sismiche e GNSS dell‘Irpinia Near Fault Observatory e della Rete GNSS RING”. I ricercatori hanno infatti scoperto che la ricarica idrologica degli acquiferi carsici dell’Appennino genera deformazioni naturali che modulano la velocità delle onde sismiche e la sismicità locale. Attraverso una tecnica innovativa di analisi del rumore sismico ambientale e’ stato possibile misurare le variazioni stagionali di velocita’ delle onde sismiche che attraversano la crosta terrestre e confrontarle con le misure di deformazione crostale indotte dagli effetti idrologici. “Queste due informazioni ci hanno permesso di misurare le variazioni di velocita’ delle onde sismiche in funzione della deformazione crostale, parametro importante per quantificare la non-linearita’ delle proprieta’ elastiche delle rocce”, sottolinea Stefania Tarantino, assegnista di ricerca dell’Ingv e prima autrice dell’articolo. Piero Poli, Professore dell’Universita’ degli Studi di Padova e coautore dell’articolo aggiunge, infatti, che “osservazioni di laboratorio mostrano come le proprieta’ elastiche varino in funzione dello stato di deformazione dei materiali (elasticita’ non-lineare), con significative implicazioni sulle caratteristiche meccaniche con cui le rocce di faglia rispondono all’accumulo di deformazione che precede i terremoti. La sensitivita’ osservata e’ risultata simile ai valori misurati in laboratorio, confermando la validità dell’approccio scientifico adottato”. “Le nostre osservazioni mostrano inoltre un aumento degli eventi sismici di bassa magnitudo (M 3.7) in primavera-estate, quando il carico idrologico e’ maggiore, suggerendo che l’elasticita’ non-lineare possa giocare un ruolo chiave non solo nei fenomeni sismici minori, ma anche nella preparazione di terremoti di grande magnitudo, come quello che colpi’ l’Irpinia nel 1980”, sottolinea Aldo Zollo, Professore dell’Universita’ degli Studi di Napoli Federico II e coautore dell’articolo. Gaetano Festa, Professore dell’Universita’ degli Studi di Napoli Federico II e coautore dell’articolo, aggiunge che “l’area geografica oggetto dello studio e’ oggi monitorata da un’infrastruttura multiparametrica avanzata denominata ‘Irpinia Near Fault Observatory’ e costituita da stazioni sismiche, geodetiche e geochimiche, nonche’ da un sistema di rilevamento sismico mediante fibra ottica (DAS), gestiti dall’INGV e dall’Universita’ Federico II”. Aspetto importante del lavoro e’ stata la sinergia con la societa’ Acquedotto Pugliese, importante infrastruttura pubblica di approvvigionamento idrico-potabile della regione Puglia e gestore della Sorgente Sanita’ di Caposele, che ha fornito dati indispensabili per la comprensione della relazione tra effetti idrologici e processi crostali. “Siamo particolarmente soddisfatti di aver offerto il nostro contribuito alla realizzazione dello studio. Un contributo reso possibile dall’approfondita conoscenza della materia e dalla vasta esperienza sul campo, come testimoniato, tra l’altro, nel corso del convegno sul tema, organizzato con INGV nel nostro palazzo nel maggio scorso”, dichiara Domenico Laforgia, presidente di Acquedotto Pugliese. I risultati di questo studio offrono nuove prospettive per comprendere e monitorare sempre meglio i processi di accumulo e rilascio della deformazione sismica, con l’obiettivo di migliorare le tecniche di mitigazione del rischio sismico.