Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 5 aprile all’interno della rubrica “Spigolature”.
di Ermanno Corsi
“L’Italia ha bisogno del Sud e di Napoli”. Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, rispettato e stimato Premier, le parole da lei pronunciate nella per noi gloriosa e storica Sala dei Baroni, le porteremo a lungo stampate nella memoria. Ad esse ci riferiremo ogni volta che dovremo valutare il percorso seguìto, e i risultati raggiunti, sia da Palazzo san Giacomo che dal palazzo di santa Lucia (le sedi del Comune e della Regione) a partire dal 29 marzo del 2022. Da quella data, come lei ci ha detto chiaramente, la “questione meridionale” non potrà certo risultare risolta (miracoli così richiedono ben altri poteri…), ma sicuramente impostata, vissuta e praticata con modalità completamente nuove, questo sì (perché sono facoltà possibili che attengono alla sfera umana…).
PRIMO RISULTATO. Basta con i comportamenti, individuali e collettivi, secondo la vecchia maniera del rivendicazionismo sterile, dell’invocazione assistenzialistica, delle mance di Stato, dei contributi a pioggia. Già a suo tempo Manlio Rossi Doria inveiva contro i “piagnoni di professione” le cui lacrime servivano solo per attrarre, da Roma, un po’ di attenzione caritativa, un sussidio e via. Mentre lei parlava, signor Presidente, sembrava di ascoltare il combattivo Guido Dorso quando -attraverso i suoi libri e il suo giornale sollecitava al “dovere dell’azione” e dell’agire “hic et nunc”, senza stare sempre lì ad aspettare inerti e, quasi messianicamente, in attesa della “prossima occasione storica”. Ora il momento tanto atteso c’è.
IMPEGNO ONORATO. Il Governo aveva individuato un “soccorso straordinario” per Torino, Napoli, Reggio Calabria e Palermo. Così è stato. La firma di fine marzo ha dato esecuzione al “Patto”. Napoli, che si presentava con un buco di 5 miliardi e il default comunale alle porte, si avvarrà di una benefica “iniezione” di 1 miliardo e 231 milioni spalmati in 20 anni (piano da completare entro il 2026). Ma subito sono disponibili 54 milioni come prima tranche. L’assessore al Bilancio Baretta trae un sospiro di sollievo, ma Draghi ribadisce che i pagamenti sono strettamente legati al conseguimento degli obiettivi (“non possiamo lasciare che questi soldi vadano perduti o sprecati come, purtroppo, è accaduto in passato con altri fondi europei”). Ecco cosa cambia: prima ”se davi soldi -scrive Massimo Adinolfi- li gettavi alle ortiche, se non li davi lasciavi il territorio pieno di erbacce; se finanziavi la spesa, dovevi amaramente constatare che gran parte dei finanziamenti venivano sprecati per usi improduttivi o utilizzati per la mera gestione clientelare del potere”.
TRE OBIETTIVI. Sono quelli su cui il sindaco Manfredi e la Città si giocheranno la loro dantesca “nobilitate”: Riscossione, Patrimonio, Partecipate. Sul primo punto basta con la farsa di mettere in bilancio crediti inesigibili, mentre è doveroso, per rispetto dei buoni contribuenti, recuperare tutto quanto è dovuto per legge (così da “pagare tutti, pagare meno”, come si è sempre detto ma mai praticato!). Sul patrimonio occorre saper mettere sul mercato, senza esosità, i 70 mila immobili di cui il Comune è proprietario secondo la perversa regola dell’essere ”forte con i deboli e debole con i forti” . Discorso a parte per i beni confiscati alla camorra: un gran numero che, per metà, risultano inutilizzati. Le Partecipate, a loro volta, sono sempre apparse, nell’immaginario collettivo, come grandi stanze dentro le quali non entrava mai il sole dell’efficienza e della legalità. Caro Sindaco Manfredi, ringraziamo il Governo e il premier Draghi se, con questi 3 fondamentali obiettivi, si può intravedere finalmente, a Napoli, la tanto invocata “rivoluzione della normalità”.
NUMERI AMARI. Sono quelli della disoccupazione. Per donne e giovani non c’è confronto col Centronord (il Sud è “un inferno”, raccontò Giorgio Bocca). Nel sottolineare che in 15 anni sono andati via più di un milione di persone, giustamente il premier Draghi ribadisce che occorre creare, per uomini e donne, la possibilità di “coltivare i sogni di vivere nella loro terra”. Un solo suggerimento: sostituire “sogni” con “progetti”. I sogni muoiono all’alba. I progetti, ben pensati e realizzati, partono dal presente e si proiettano nel futuro.