Imprenditorialità trasformativa, gli incentivi non bastano

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Come alimentare la motrice dell’imprenditorialità trasformativa, quella che imbocca sentieri non ancora esplorati? Intorno a questo interrogativo, amministratori pubblici e politici disputano sugli incentivi e i conseguenti bandi di gara. Peccato che agevolazioni e gare non siano il carburante che serve per far correre nella giusta direzione, ancor prima che a velocità sostenuta, il treno delle nuove imprese. L’energia ad alto potenziale qualitativo ha il nome di “innovazione sociale”. È su quest’ultima che deve interrogarsi chi ha responsabilità della res pubblica, di ciò che appartiene alla comunità. Spazi di lavori condivisi (coworking, nel linguaggio d’uso comune tra gli addetti) e scuola sono due casi esemplari di istituzioni legate all’innovazione sociale. Oggi, il coworking è assimilabile alle botteghe artigiane rinascimentali? Qui i futuri artisti e imprenditori non erano costretti ad operare seguendo le regole imposte dalle corporazioni che frenavano l’innovazione. Sul fronte dell’istruzione delle nuove generazioni, la scuola è o sta per diventare un campo di gioco che esige dagli studenti pensieri creativi anziché memorizzare? Tra i docenti quanto diffusa e forte è la consapevolezza che le domande degli allievi sono più importanti delle risposte che non possono essere messe in discussione? La scuola ludica è un’opportunità imperdibile che la società è chiamata a sfruttare per sviluppare le tendenze naturali all’esplorazione e alla giocosità. Attitudini che sono represse dall’insegnamento a obbedire senza riserve all’autorità, a dare risposte senza formulare domande, a svolgere compiti noiosi in modo tempestivo. Ciò che alza muri nella mente degli allievi. Ad abbatterli è il gioco che arricchisce l’immaginazione.  Lo studente che s’inoltra in questo inedito territorio dell’istruzione s’inventa un percorso, apprezzando la transdisciplinarietà e la bellezza dell’imperfezione.