di Giancarlo Elia Valori
In occasione dei 70 anni del patriarca Cirillo e degli 80 di Papa Francesco vi sono state numerose visite reciproche tra l’ortodossia russa e il cattolicesimo romano.
Tra il ministro degli Esteri di Mosca Lavrov e il card. Parolin, proprio il 2 dicembre u.s., è avvenuta una trattativa riservata sulla data e le modalità della visita di Papa Francesco in Russia, visita che, nell’ottica del Segretario di Stato vaticano, propone la Chiesa di Roma come mediatrice e arbitra in tutto l’Oriente, con la Cina e naturalmente con la Russia, oltre che nel sistema indiano e centro-asiatico.
Il card. Parolin, che nota spesso come l’UE sia ormai priva di reale potere e di rayonnement, sa bene che solo la Chiesa Cattolica, in rapporto con la Cristianità slava e greca, può costruire quei nuovi “ponti” che gli Usa non riescono più a realizzare e che l’UE, come abbiamo notato, non ha certo la forza di costruire.
Le “potenze materialistiche”, come le chiamava Padre Charles De Foucauld, nel mondo contemporaneo non hanno più molto appeal, anche perché il mito della crescita economica indefinita è ormai archiviato e il futuro ci chiede di essere spiegato in simboli, visioni, speranze, profezie.
Certo, il Patriarcato russo deve superare, nel clero e tra i credenti, alcune freddezze residue nei riguardi della Chiesa di Roma, frutto inevitabile di secoli di lotte e polemiche, dottrinali e non, ma il clima, nell’opinione pubblica russa, mai come oggi è aperto e positivo nei confronti della Chiesa Cattolica.
Da una parte, vi è la tensione, palpabile, per la presenza della NATO ai confini russi, che richiama scenari di guerra e contrasti che si credevano sopiti già all’inizio del terzo millennio.
L’Europa Unita non ha nemmeno, lo abbiamo già osservato, la forza di rielaborare una linea alternativa a quella delle sanzioni unilateralmente decise dagli Stati Uniti contro la Federazione Russa, sia per il ricatto economico imposto da Washington, sia per la assoluta impotenza strategica che ormai la caratterizza.
L’”Ufficio Controllo Attivi Esteri” ha, per esempio, indagato la francese Alstom, che fabbrica treni veloci, inquisita dagli enti commerciali Usa nel 2014, uscendo dalla procedura di infrazione tramite la vendita del suo settore elettricità alla General Electric.
La BNP Paribas ha dovuto, sempre nel 2014, pagare 9 miliardi di dollari Usa per aver trasferito pagamenti a Paesi sottoposti a sanzioni da Washington.
Il Pentagono sta per rifornire di armamento pesante e anticarro il governo di Kiev; ed ha già stanziato 410 milioni di Usd pe riammodernare l’industria delle armi ucraina, oltre ad aver già speso 40 milioni nell’addestramento dei commando antirussi.
Ecco, è in questo contesto che il card. Parolin sta andando in Russia.
Ed è questa, oggi, la Russia che sta elaborando una nuova identità culturale e religiosa, fatta di antiche tradizioni zariste e ortodosse e di una netta percezione della superiorità spirituale del mondo slavo rispetto al “materialismo” occidentale.
Fosse, il Nulla di Occidente oggi, solo un materialismo: avrebbe almeno la dignità di una discutibile, ma antichissima, filosofia.
“Il futuro è incerto, ma il passato è imprevedibile”, come afferma un proverbio russo, ma oggi l’erezione di nuove chiese, 30.000 in più negli ultimi 30 anni, 5000 a partire dal solo 2010, segna la rinascita della identità slavo-russa in termini di resurrezione della religiosità ortodossa.
Il sogno di Tolstoj è quindi, oggi, diventato realtà.
E poi, soprattutto in Ucraina e nelle città di medie dimensioni del Sud, l’Ortodossia slava è sempre più in concorrenza con quella greca, in un complicato riflesso, nella tradizione delle Chiese d’Oriente, del rapporto tra chiusura contro l’Europa e riaffermazione, nell’Ortodossia, della unità religiosa e cristiana dell’Eurasia.
E, anche per questo, la Russia si sente sola: l’ormai ripetuta inanità europea, prona ormai sia agli Usa che perfino alla Cina, la presenza di Trump alla Presidenza Usa, il possibile scambio quasi sottobanco tra Mosca e Washington, con una qualche cessione russa su Assad in Siria, in cambio di una minore pressione statunitense in Ucraina.
Ecco, è anche questo il contesto geopolitico e militare in cui si collocherà la visita del Segretario di Stato card. Parolin.
E’ peraltro questa l’essenza, originale e profonda, di una parola che sembra vetusta: dialogo.
Il Card. Parolin, come ha dichiarato, va in Russia per “mettersi nei panni dell’altro”, comprenderlo e quindi percepire i suoi bisogni, le sue aspettative, i suoi legittimi diritti o, ancora, le incrostazioni ideologiche che lo tengono legato al passato.
Certo, nella linea di Papa Francesco e del Card. Parolin la presenza della Chiesa Cattolica in Russia e in Oriente vuol dire molte cose: in primo luogo, il Papa vuole ricongiungere il mondo slavo all’Europa e ricostruire la lunghissima linea di tradizioni culturali, religiose, storiche che unisce gli eredi della Prima Rus di Kiev alla penisola eurasiatica.
Detto in termini ancora più espliciti, la Chiesa di Roma sa bene che, nel progressivo allontanamento degli Usa dall’Europa, uno dei fenomeni primari del post-guerra fredda, vi è l’inanità della UE, che è ormai incapace di ogni tipo di politica estera ed è schiava di una pericolosa export economy; e soprattutto la progressiva debolezza della Federazione Russa, che potrebbe, dalle sanzioni attuali in poi, sperimentare una crisi strutturale che diverrebbe anche politica.
Eccoli, i “ponti” di Papa Francesco e del card. Parolin.
Fare in modo quindi che la Chiesa Cattolica divenga uno dei principali nessi tra mondo slavo e antica civiltà europea, della quale peraltro la Russia fa già parte, e fare soprattutto in modo che, proprio tramite questo nuovo canale con Roma, Mosca non sia più isolata e riesca, in futuro, a trattare una pace e un ridisegno strategico sia con Washington che con la stessa UE.
Nil impossibile volenti. E mi sembra proprio questo il progetto, a medio termine, che inizia con il viaggio di Agosto 2017 del Card. Segretario di Stato Parolin.
Né bisogna credere che l’attenzione della Chiesa di Roma verso la Russia sia recente o superficiale.
E’ proprio il card. Parolin che ci ricorda come lo Zar Nicola I abbia visitato il Papa Gregorio XVI, a Roma, già nel 1845, firmando due anni dopo un Accomodamento con Pio IX.
Ritorna qui, ma in senso affatto diverso da quello che intendeva, con la stessa espressione, Charles De Gaulle, l’idea di Giovanni Paolo II di una “Europa dall’Atlantico agli Urali”, che non è una prospettiva geopolitica o militare, ma il criterio culturale e religioso con il quale dobbiamo ricostruire il rapporto tra Europa peninsulare e Russia.
Sarà questa la linea intorno alla quale il Card. Segretario di Stato porrà la progressiva risoluzione delle tensioni che riguardano i rapporti tra Russia e vari altri Paesi occidentali.
La “precarizzazione di ogni legame”, tipica del mondo successivo alla guerra fredda, caratterizza una fase, come quella attuale, in cui ogni scontro si riaccende, ogni tensione rischia di ampliarsi e innescare pericolose reazioni a catena.
Forse è questo, sempre su suggerimento del Card. Parolin, il senso dell’espressione di Papa Francesco, “la terza guerra mondiale a pezzi”: una serie di tipologie differenti di conflitto, tra guerre per procura, guerre civili, guerre rimandate o congelate con la amena invenzione del peacenforcing.
Sempre per il Card. Segretario di Stato e Papa Francesco, le guerre sono oggi causate dalla incertezza geopolitica, dalle tensioni economico-finanziarie, spesso di natura illegale, dal rinfocolarsi di conflitti etnico-culturali e, addirittura, di natura religiosa, ai quali il Santo Padre non dà alcun rilievo culturale e teologico.
Anche il nazionalismo, e anche questo è un indizio per la futura visita del card. Parolin in Russia, soprattutto dopo la Brexit, è un pericolo a breve scadenza per tutta l’Europa.
Il Papa e il Suo Segretario di Stato temono che il nazionalismo che serpeggia nella UE possa svuotare l’Europa dei suoi valori e perfino delle sue ragioni, senza contare il fatto che un insieme di Stati in crisi conta ancora meno di una Unione Europea debole sì, ma almeno di dimensioni globali.
In Oriente, lo ripete il card. Parolin, la Chiesa Cattolica vuole “portare Dio agli uomini e gli uomini a Dio” attraverso la comprensione paritetica tra le culture e le tradizioni religiose ma, in particolare, riaffermare la libertà di culto e la libertà dei Cristiani a organizzarsi in pace e amicizia con tutte le religioni già presenti in tutta l’Asia e, quindi, in Russia e Cina.
Sarà con questo viaggio che il Segretario di Stato vaticano ricomincerà, dopo la Bielorussia e l’Ucraina, a riprendere il filo di una Chiesa davvero universale, non necessariamente legata alla “cultura occidentale” o a un determinato rapporto Stato-Chiesa, come del resto è tipico della specifica spiritualità ignaziana dell’attuale Pontefice.