Il terremoto e il vero dono del Signore

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1.

Il Vescovo di Rieti Domenico Pompili è stato tranchant nella omelia durante il secondo funerale delle vittime del disastroso terremoto: “Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell’uomo”. “Ho chiesto: e adesso, Dio, che si fa?”  Si era rifatto a Don Camillo, il parroco “disegnato” da Giovannino Guareschi, il Vescovo di Ascoli Piceno, Giovanni d’Ercole, durante il primo funerale delle vittime. Altri, come sempre accade in occasione di catastrofi, naturali e non, si fanno domande dolorosamente consuete: ma Dio dove era, perché non ha impedito, perché ha “consentito” che accadessero tragedie così immani?! Sia che in 700 restino “seppelliti” in un barcone nei fondali del Mediterraneo, sia che qualche milione di bambini all’anno muoia di fame e di malattia, sia che la guerra, le troppe guerre, mieta tante vittime, a volta soprattutto bambini. Già, Dio dov’era?! E dimentichiamo che molto dipende dalla “libera scelta” dell’uomo: quando decide di “investire” in armamenti, sempre più micidiali, anziché in ricerca scientifica o in aiuti umanitari, quando “decide” di non costruire case, ed edifici pubblici, rispettando le norme antisismiche, quando “decide” le guerre e costringe milioni di persone a sradicarsi dalla propria terra ed a diventare “migranti”, profughi, alla mercé di altri uomini, governanti anche europei, che non li vogliono e li costringono in disumani campi di raccolta. Che c’entra Dio in tutto questo?! Si dirà: non preghiamo abbastanza. Mi rifiuto di credere che il Padre Eterno abbia bisogno di essere “pregato” per “intervenire”, ed evitare il Male, che spesso è determinato da “libere scelte” dell’uomo. Allora invochiamo il Miracolo, abbiamo bisogno del Miracolo, dell’intervento, visibile, del Sovrannaturale. Come se non bastasse, per avere la Fede, quell’autentico miracolo che è la procreazione. Come se non bastasse la bellezza perfetta della Natura, e dei suoi “abitanti”, che sempre l’uomo si “incarica” di violentare. Sono temi sui quali pensatori si esercitano da secoli, ma il pensiero, spesso banale, consolidato porta ad evitare queste riflessioni per rifugiarci in una ben più comoda “lettura”, da “codice della strada”, degli stessi Comandamenti e dell’intero Messaggio Evangelico. Eppure, il vero Miracolo è proprio il Vangelo con il suo messaggio d’Amore, spesso sottovalutato dalla stessa Chiesa, “spaventata” prima da quella che il Cardinale Siri definì “la santa follia” di Papa Giovanni XXIII ed ora dai richiami costanti di Papa Francesco. È molto più facile insistere sul “non commettere atti impuri”, e comminare un po’  di giaculatorie per la penitenza, che non domandare se veramente è stato rispettato il Comandamento di amare il prossimo come sé stesso, di aver porto l’altra guancia se sei stato percosso, se veramente ti sei riconciliato con tuo fratello prima di avvicinarti all’Altare, se hai vestito gli ignudi, visitato gli ammalati, sfamato quelli che chiedevano di vivere. Si è consolidato un mix di burocratismi difficili, se non impossibili, da scardinare. Ci ricordiamo di Dio solo quando lo dobbiamo “rimproverare” perché non ha evitato una tragedia o non ci ha fatto la grazia di una guarigione. Dimenticando che il vero dono che abbiamo ricevuto è quello dell’Amore, che, come ci ricorda San Luca, non ha bisogno di essere ricambiato su questa terra. Le tragedie con il loro carico di dolore, di storie di una tenerezza struggente, di eroismi, di generosità, di morti inaccettabili, come quella di un bambino, di un figlio, ci fanno aprire gli occhi. Ma per poco tempo, forse solo quello delle emozioni brucianti. Mi “accanisco” su questi temi, quelli del “peccato sociale”, non tanto per una più corretta concezione della Fede e della stessa Religione, (non riguarda il mio livello di semplice fedele-peccatore), quanto perché sono convinto che il rispetto del Dettato Evangelico, secondo la lettura autentica, come quella che ne dà Papa Francesco, determinerebbe un migliore livello civile ed una diversa qualità della convivenza sociale. Pensiamo, per guardare le cose che ci riguardano da vicino, quante cose diverse sarebbero accadute se in Chiesa si fosse tuonato contro lo scempio della Natura, di cui al devastante abusivismo edilizio, che non sempre è di necessità, ma puramente speculativo ed a fini squisitamente economici. Nel giorno del Giudizio, il Signore ci chiederà ben altro che non quello di cui si parla con troppa superficialità. In questo momento di così intenso dolore, si rinunciasse a qualche luminaria o ad un po’ di fuochi d’artificio: si darebbe un bel segnale di una prima inversione di tendenza. Se poi le Parrocchie, seguendo anche le prime indicazioni del Cardinale Sepe, facessero un inventario delle loro proprietà e ne mettessero qualcuna al servizio della Carità e del sostegno ha chi più a bisogno, si determinerebbe un sicuro, virtuoso, e contagioso, meccanismo di autentica solidarietà.

2.

Agosto, per la città di Napoli, oltre che per le nostre località turistiche, è stato un mese felice: alberghi pieni, ristoranti affollati, pizzerie prese di assalto. Insieme ai Musei ed ai luoghi dell’Arte. Il Sindaco di Napoli ha inteso esprimere la propria soddisfazione. E mi pare giusto, ma si è preso anche molto merito, come se l’immagine, e l’appeal, della Città, da quando c’è lui alla guida, fosse cambiata in meglio. E qui c’è poco da gloriarsi. Le cronache giornaliere ci dicono che i trasporti non funzionano, che la raccolta differenziata non è stata… miracolata, che le buche non sono state tappate per… incanto, che il traffico è sempre più caotico anche a causa di lavori, pochi, interminabili. Per giunta. Mentre le risorse comunitarie per il risanamento e la riqualificazione del Centro Storico vengono spese con insopportabile lentezza. Intanto la criminalità organizzata avanza, impazza e… uccide. Ma qui, secondo il Sindaco, la colpa è solo di… Renzi e del Governo. Come se la questione fosse solo di ordine pubblico. La verità: Napoli ha il suo fascino eterno, di cui tanti nel Mondo, per fortuna, si sono ricordati di nuovo, per le ragioni che tutti conoscono. La prima: il terrorismo, e forse una opportuna azione di prevenzione, ha risparmiato l’Italia e le sue località più ambite. Napoli e le nostre terre comprese.