Il sabato del villaggio globale

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In foto Carlos Tavares

La settimana appena terminata é stata, come la corrispondente degli altri anni, la parentesi di tempo per il passaggio di consegne dall’ estate all’autunno. La stessa è stata quella che ha segnato il raggiungimento della metà di settembre, una tappa inquietante. È stata anche il lasso di tempo del riavvio quasi totale, cioè a velocitá di crociera, delle varie attività del Paese e di quelle della UE. Le stesse erano state rallentate, quando non fermate, alla fine di luglio, alla vigilia delle ferie. É alle porte la data di inizio dell’ autunno astronomico, il 21, e l’Opera dei Pupi, sembra essere ancora alle prove. La stessa va intesa come quella che mette in scena l’umano fare che, come per l’anno scorso e per l’altro anno, anche per quello in corso sta stentando a riprendere il ritmo di routine. Per destreggiarsi in tale contesto, l’informazione ha scelto di occuparsi in prevalenza di argomenti definibili omnibus, tanto per non scontentare nessuno. Chi si sta riapprocciando ora agli affanni quotidiani non avrà mancato di prendere atto che alcune situazioni, messe male già prima della pausa estiva, si sono addirittura aggravate, una per il settore pubblico, l’llva, un’altra per il privato, Stellantis. Ciò non è accaduto solo in Italia e il timore che si sta diffondendo è che l’umanità, come è successo per il Covid e altre disgrazie, stia finendo per rassegnarsi a vivere contornata visceralmente da situazioni socioeconomiche disastrate, oltre che dalle guerre in corso. Scendendo nei particolari, appare chiaro che diverse situazioni, nazionali e estere, se non intese come croniche, stanno iniziando a essere considerate quasi da condividere. Ciò perché non colpiscono, nel senso autentico dell’espressione direttamente il Vecchio Continente. Non considerando che il rischio di un’espansione, anche allargata fuori dell’ Europa, non é mai stato così alto e palpabile dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale. Solo che, ora più che mai, nella lista dei motivi che supportano le varie decisioni del ricorso alle armi, gli interessi economici hanno preso il predominio, raggiungendo il primo posto con diverse lunghezze di distanza sui restanti attriti. È un assunto che, nei secoli, gli studiosi di storia, insieme a quelli di discipline a essa collegate, classificano dirompenti. Aggiungendo di ritenere che tra i primi motivi, se non il primo, che scatenano una guerra, ci sono gli interessi economici. Si può aggiungere che le lotte, talvolta all’ultimo sangue, per il cibo, che gli animali ripetono da che mondo è mondo, quasi sempre sono scatenate dall’esigenza di conquistare una preda: essa può valere la sopravvivenza di quello che riesce a conquistarla. Il genere umano, che pure ai primordi ha seguito questa strategia, ora la ha dirottata verso la ricchezza nel senso stretto del termine, sotto le varie forme in cui si configura. Le conclusioni che fa tirare tale ragionamento in punta di penna sono diverse, di cui due avrebbero più chances per essere considerate le più accettabili. La prima è che, da che mondo è mondo, non c’è stata ostilità che, in qualche modo, non sia giunta a termine. Un’ altra è che, come per quel vecchietto che non voleva morire perché non aveva ancora visto tutto, si presta a essere copiata. Continuando con la constatazione che non è possibile nemmeno per la popolazione contemporanea fare un disegno, seppure a grandi linee, di ciò che può ancora accadere. Quanto invece è possibile ripetere ancora una volta, non fosse per altro che per confermarne la validità, è che “la calma è la virtù dei forti”. Occorre quindi fare di tutto per mantenerla in…forze. Sempre che non si esaurisca prima ancora di arrivare al termine di quanto si confida.