Il ruolo degli scienziati turchi nella realizzazione del vaccino anti Covid

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In foto Serdar Kilic
Alcuni siti diplomatici della Turchia di informazione on line informano con orgoglio del Presidente Erdogan ma anche dell’Ambasciatore negli USA Serdar Kilic che lo scorso gennaio, un certo Uður Þahin lesse un articolo scientifico su un’epidemia in Cina causata da un nuovo coronavirus, nella città di Wuhan, che aveva il potenziale di diventare globale. Ne discusse con la moglie, Özlem Türeci, e insieme decisero di dedicare buona parte delle risorse della loro azienda di biotecnologie in Germania, BioNTech, per provare a sviluppare un vaccino di nuova generazione contro quel virus. Nei mesi seguenti avrebbero avviato una stretta collaborazione con l’azienda farmaceutica statunitense Pfizer, che proprio ieri ha annunciato i primi risultati su un vaccino ritenuto promettente per rallentare la diffusione dell’attuale pandemia. Se ora ricercatori ed esperti sono un poco più ottimisti sulla possibilità di contrastare la COVID-19 grazie a un vaccino, che si sta rivelando nella sua fase sperimentale più efficace del previsto, è soprattutto merito del lavoro svolto da Þahin e Türeci non solo in questi mesi, ma da quando hanno iniziato a pensare di fare i medici e di occuparsi di biotecnologie.            Uður Þahin ha 55 anni ed è nato ad Alessandretta (Ýskenderun), una città nella Turchia meridionale e importante porto marittimo del Mediterraneo. Alla fine degli anni Sessanta, la sua famiglia migrò in Germania, alla ricerca di maggiori opportunità economiche. Il padre di Þahin trovò lavoro a Colonia in una fabbrica dell’azienda automobilistica Ford e assecondò in seguito i desideri del figlio, che fin da bambino voleva diventare medico.Dopo la laurea in medicina, Þahin lavorò per diverso tempo negli ospedali di Colonia e successivamente si trasferì a Homburg, città nel sud-ovest della Germania, in cui fu fondata la Karlsberg, una delle più grandi aziende tedesche produttrici di birra. Fu dopo questo trasferimento che conobbe Özlem Türeci, mentre proseguiva la propria carriera universitaria. La newsletter del Post sul coronavirus ti aggiorna sulle ultime notizie: è gratis e arriva due volte alla settimana. Per riceverla scrivi qui il tuo indirizzo mail e premi il bottone sotto.Türeci, che ha 53 anni, è nata nella Bassa Sassonia da una famiglia di origini turche. Suo padre faceva il medico, cosa che la indusse a seguire la stessa strada, specializzandosi in immunologia.
Þahin e Türeci condividono la medesima passione per la ricerca: come raccontò in un’intervista la stessa Türeci, nel giorno del loro matrimonio nel 2002 trovarono comunque un po’ di tempo da trascorrere in laboratorio per portare avanti le loro sperimentazioni. L’anno prima, i due avevano fondato Ganymed Pharmaceuticals, una società di biotecnologie fondata per sviluppare una nuova generazione di farmaci contro i tumori, basati sull’idea di sfruttare il sistema immunitario per indurlo a contrastare le cellule cancerose. La loro azienda ottenne fondi da diversi investitori e nel 2016 fu venduta alla multinazionale del farmaco giapponese Astellas per circa 1.4 miliardi di dollari. Qualche anno prima, Þahin e Türeci avevano intanto avviato la costituzione di una nuova società, BioNTech, dedicata a espandere ulteriormente le ricerche nel settore delle immunoterapie contro i tumori. I  ricercatori di BioNTech iniziarono a lavorare sull’RNA messaggero (mRNA), la molecola che si occupa di codificare e portare le istruzioni contenute nel DNA per produrre le proteine. L’azienda si è specializzata negli anni nella produzione di forme sintetiche di mRNA – quindi create in laboratorio – che contengono istruzioni per produrre alcune specifiche proteine, che il sistema immunitario impara poi a riconoscere e a contrastare. Queste proteine possono essere tipiche di alcune cellule tumorali, oppure di agenti esterni come virus e batteri.Quando a gennaio Þahin e Türeci notarono le prime informazioni sul nuovo coronavirus, pensarono di sfruttare le conoscenze acquisite con le sperimentazioni svolte da BioNTech per produrre un vaccino di nuova generazione, basato sull’mRNA. Assegnarono circa 500 dipendenti della loro azienda a questa iniziativa, nell’ambito di un progetto chiamato con una certa ambizione “Velocità della luce”, per segnalare la necessità di trovare in fretta una soluzione funzionante.
Il progetto richiedeva maggiori risorse e soprattutto aziende che avessero poi la capacità di produrre in poco tempo decine di milioni di dosi, nel caso in cui il nuovo vaccino si fosse rivelato efficace. Già a marzo, BioNTech strinse un accordo con Pfizer per collaborare allo sviluppo del vaccino sperimentale, coinvolgendo anche l’azienda farmaceutica cinese Fosun Pharmaceuticals.
Nei mesi seguenti, il vaccino di BioNTech e Pfizer si è rivelato tra i più promettenti tra le decine in fase di sviluppo, e i risultati preliminari comunicati ieri sull’andamento dell’ultima fase (su 3) di sperimentazione ancora in corso sembrano confermarlo. Semplificando molto, il vaccino contiene sequenze di mRNA con istruzioni per produrre alcune proteine specifiche del coronavirus, ma innocue in assenza del virus vero e proprio. L’organismo le produce e il sistema immunitario impara a riconoscerle e a contrastarle, serbandone poi memoria in modo da attaccarle nel caso di una successiva infezione da coronavirus.
A oggi nessun prodotto basato sull’mRNA è stato mai messo in commercio, e anche per questo negli ultimi mesi erano stati sollevati dubbi su questo approccio rispetto a quelli più tradizionali per lo sviluppo di vaccini. Pfizer e BioNTech non sono comunque le uniche aziende a sperimentare una soluzione di questo tipo: tra i vaccini sperimentali promettenti ce n’è anche un altro simile, sviluppato dalla società statunitense di biotecnologie Moderna.
All’agenzia di stampa Reuters, Þahin ha spiegato di essere ottimista dopo la diffusione dei primi dati (seppure parziali, da verificare e comunicati solo in parte al pubblico), aggiungendo che quando aveva avviato l’iniziativa con Türeci non aveva comunque idea di quanto sarebbe stato difficile e complesso realizzare una soluzione funzionante. A una ventina di anni di distanza dalla fondazione di BioNTech, Þahin e Türeci sono tra le cento persone più ricche della Germania, secondo una classifica realizzata dal settimanale Welt am Sonntag. Il valore di mercato della loro azienda è passato da 4.6 miliardi dello scorso anno a 21 miliardi di dollari alla fine della scorsa settimana. Dopo l’annuncio dei risultati preliminari sulla fase 3 del vaccino, il valore delle azioni di BioNTech in borsa è aumentato del 14 per cento, mentre Pfizer ha fatto registrare un aumento del 7.7 per cento.