Il romanzo di una grande donna, moglie ma prima di tutto artista

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di Piero Antonio Toma  

Una vita infinita quella di Zelda Sayre, figlia di un giudice, e, prima di essere moglie di Francis Scotti Fitzgerald,  è stata per conto suo donna di straordinarie qualità nella scrittura, nella danza, nella pittura. Qui viene raccontata, lungo un percorso lunghissimo incentrato sulla New York dei ruggenti Anni 20 del secolo scorso, all’indomani del primo dopoguerra. Una famosa stagione illustrata da letteratura, cinema e musica, come la culla di una nuova epopea rivoluzionaria con la quale sono andate al macero convenzioni legate per lo più al machismo e al perbenismo imperanti. Ne sono gli interpreti più identitari Scott Fitzgerald per la letteratura e Gershwin per la musica. Vi si connette dunque   Zelda, come capostipite di quell’insurrezione sociale impersonata   dalle flapper, le nuove femministe disinibite che gradualmente cercano di demolire, riuscendoci per molti versi, costumi ottocenteschi facendoli apparire ammuffiti. Così si oppongono ad ogni controllo, e vanno per le strade, e trascinandosi i maschi si baciano in pubblico, ballano, si ubriacano e fanno all’amore con chi gli capita.  

Il fascino di questo libro sta nella sua fattura, infatti è un avvincente romanzo-diario in cui l’autore si cala nell’animo di Zelda cavandone magistralmente mille e mille riverberi poetici e psicologici e narrandone la vita con i suoi repentini capovolgimenti, col suo essere  imperdibile e imprevedibile,  legata alla libertà di amare a suo modo e  di farsi amare da Scott.  . A cominciare dalla loro vita in albergo e di notte tra locali da ballo, teatri, cinema, ristoranti fino all’alba e sempre all’insegna di una libertà che talvolta andrà oltre il suo stesso amore per Scott. Il quale poi, pur non potendone fare a meno tanto da continuare a rappresentarla in tanti personaggi femminili dei suoi romanzi, ne emerge continuamente stressato. Per la verità, in quanto a dissolutezza, anche lui non è da meno.

Per anni, girovagando, la coppia si porta dietro la propria maniera bohémienne anche in Europa. Da Parigi a Venezia e poi a Roma dove vengono due volte, la prima volta la città è definita “in fin di vita”, la seconda, “un miraggio, sola atmosfera”.   Il Teatro San Carlo di Napoli offre a Zelda l ruolo di prima ballerina, ma lei non ce la fa a venire. Nel 1925 sostano a lungo anche a Capri, “Un’isola dal fiato sospeso”, che li attende “per ricominciare di nuovo”, ma lei apprende anche che la loro giovinezza è finita. E qui, mentre  esce il Grande Gatsby, capolavoro insuperato di Scott, lei  si dà ai pennelli e ai nasturzi: “Quando dipingiamo aggiungiamo al mondo dei pezzi che gli mancano”. “Non avevo mai visto nessuno, come Scott, indossare la propria anima”, confessa. Dalla sua egli immagina ogni cosa prima che accada. Sull’isola che “risarcisce l’anima di chiunque sia fuori norma”, il libro si conclude proprio mentre lui le sussurra “Voglio riaprire gli occhi per ritrovarti lì mentre sposti il mondo per far iniziare l’amore”. (Vivranno ancora insieme sempre più dissestati tanto da finire male, lui per l’alcol, e lei per sperperare il resto della vita da una clinica psichiatrica all’altra).

La grande Zelda, Pier Luigi Razzano, Marsilio romanzi, pag. 416, € 19