Risparmio = investimento, un’equazione ancora valida

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Con la settimana che si avvia a conclusione, quasi tutte le attività economiche, almeno quelle che non risentono affatto o risentono poco dell’alternanza delle stagioni, hanno ripreso il loro ritmo naturale. Volando con la fantasia, si può affermare che alcune di esse hanno riaperto i cancelli, altre li hanno dischiusi, poche li hanno spalancati. Volendo con tale graduazione rimarcare che il sistema Paese sta ancora arrancando e, seppure qualche segno di disgelo sembra comparire in alcuni settori, è doveroso, per completezza, presentare oltre alla cornice, anche il quadro. Si deve ammettere che ai nodi che impedivano il regolare andamento della produzione esistenti già nella prima metà dello scorso anno, se ne sono aggiunti altri che stanno iniziando a dare segnali negativi, seppur contrastanti, già in questo breve scorcio del 2023. Il più evidente di essi, anche perché non è circoscritto al Paese, è l’aumento generalizzato del costo del denaro che sta seguendo tale trend quasi dappertutto nel mondo. Come quasi sempre accade, anche questa volta c’è stata una reazione a catena, non sempre adeguata, alle mosse della FED, l’Istituto di emissione americano. Esso è il proprietario di tutti i dollari circolanti e pertanto arbitro assoluto del loro corso. É accaduto che la stessa FED, la scorsa estate, abbia deciso di invertire drasticamente la rotta della correnza di quella valuta, non senza averne dato per tempo avvisi generici al mondo.Ha così alzato, con accettabile gradualità ma con tempistica ben più cogente, il tasso di quella valuta fino a posizionarsi sull’attuale 4%. E, per dichiarazione dello stesso Jerome Powell, presidente di quell’ istituto, le manovre al rialzo continueranno ancora. Va da sé che il n° 1 della FED non ha agito senza motivi validi: l’obiettivo principale è il contrasto all’inflazione che negli USA sta per arrivare alla doppia cifra. Il fenomeno dell’inflazione con tassi di tutto rilievo non è circoscritto agli USA ma al momento è presente pressoché in tutti i sistemi economici, progrediti e non, per essì in particolare quelli occidentali. Subito dopo i primi movimenti, si sono aggiunti a essi quelli della BCE, l’ Istituto Centrale Europeo, della Banca di Inghilterra e di altre banche centrali. Le motivazioni di questi ultimi, presentate ai cittadini come strumenti per contrastare l’ inflazione, in verità non sono corrispondenti, per ciascuna delle aree di competenza, completamente alla realtá. Probabilmente gli investitori istituzionali hanno mandato segnali di impazienza a rientrare in campo, purchè la remunerazione dei loro capitali fosse tale da invogliarli a uscire dal letargo forzato in cui sono caduti nell’ultimo triennio. Anche perché l’inflazione presente nelle varie parti del mondo non ha la stessa origine e le stesse motivazioni dappertutto. La Signora Lagarde, presidente della BCE, si trova a operare nel Vecchio Continente dove coesistono due situazioni negative talvolta concomitanti. Sono esse la contrazione della produzione in valore assoluto e, nei paesi più a sud, la ridotta produttività del fattore lavoro. Significando così che sulle rive del Mediterraneo la situazione è di maggior disagio e che sia l’ Italia a tenere alta la bandiera di quel gruppo. Dall’ inizio di questa settimana stanno dando segnali di discesa in campo una serie di prodotti finanziari con rendimenti vicini a quelli ottenibilo alla fine del secolo scorso. Il risparmio, fermo sotto forma di liquidità disponibile per essere investita in ogni tipo di operazione, spot per la maggiore, ha colto l’occasione al volo e quindi il collocamento di titoli, sia pubblici che privati, si sta avviando verso il buon fine. Il segnale é importante perché gli italiani, nell’ ultimo anno, nonostante le difficoltà dei tempi, hanno confermato la loro alta propensione al risparmio. Tanto anche se da tale comportamento hanno ottenuto solo un rafforzamento patrimoniale. In attesa quindi di una ripresa generalizzata e con prospettive di stabilità dell’economia attendibili. Volendo con ciò specificare che, almeno per ora, a trovare compratori senza particolari difficoltà sono i titoli del debito pubblico e quelli di enti collegati in qualche modo all’ apparato statale. Potrebbe essere questo il momento più adatto per organizzare strumenti di finanziamento specifici per completare la provvista finanziaria che necessità per la realizzazione di quanto previsto dal PNRR.
Restando sempre valido quanto sostenuto dai vinai da quando quel contenitore fu usato la prima volta. Perché il suo contenuto non ne fuoriesca, bisogna dare un colpo al cerchio e uno al recipiente stesso, la botte. Ciò significa che l’obiettivo principale che il governo deve centrare è il riposizionamento dell’ apparato produttivo, spina dorsale dell’ economia reale, per creare ricchezza. L’aumento del costo del denaro non giova di sicuro alla causa. anche se nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso, in Italia quella variabile è arrivata a livelli iperbolici. Per memoria, durò il tempo necessario per bruciare molta ricchezza. Le circostanze erano diverse e quindi è bene che quell’ episodio resti confinato nel baule dei brutti ricordi. Al momento, soprattutto per l’ Italia, il costo effettivo del denaro nel giro di due mesi è più che raddoppiato per le imprese, mentre è andato ancor più fuori di misure accettabili e adeguate al periodo attuale quello al consumo. Ancora una volta le autorità competenti sono a un punto in cui devono scegliere da che parte far pendere uno dei piatti della bilancia: se verso la zona del “mordi e fuggi”, la speculazione, o, con più lungimiranza, verso l’inizio di un rinnovato sentiero di sviluppo. Alla base della seconda ipotesi ci sarebbe così il proposito di dare inizio a una nuova era industriale. Sarebbe particolarmente indicata una scelta del genere perchè potrebbe integrarsi con i già predisposti progetti di adeguamento della produzione ai requisiti della green economy e della salvaguardia dell’ambiente. Gli ostacoli principali alla attuazione delle formulazioni di cui innanzi sono al momento entrambi difficili a essere rimossi: la ripresa massiccia della pandemia e la guerra in Ucraina e dintorni, questi sono i cavalli di Frisia che sbarrano la strada. Alla fine, permanendo l’ attuale stato dei fatti, entrambi le situazioni continueranno a lasciare sul campo vittime in quantitá non trascurabile. Se per il virus non è possibile fare altro che intensificare la ricerca di una soluzione terapeutica definitiva, per le guerre, tutte e nessuna esclusa, é necessario che la ragione prenda il sopravvento sui fumi della follia. Gli stessi che stanno avvolgendo ormai da troppo tempo molte menti. Non sarà semplice e il tempo che scorre non gioca a favore della causa. Resta a ogni buon conto indiscusso il dovere di fare tutto quanto è possibile che possa giovare alla causa.