Il “Ponte dei sospiri” da Venezia a Messina

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Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 6 settembre all’interno della rubrica Spigolature

di Ermanno Corsi

Quello della Laguna, esiste dal 1603 realizzato dall’architetto Antonio Contin (costruito in stile barocco con pietra di Istria). Quello sullo Stretto calabro-siculo, è ancora tutto da “inventare” (anche se sono già molti decenni che si studia la natura dei luoghi, si fanno progetti, si affidano incarichi e si pagano costose commissioni). Ci si ricorda di lui solo quando diventa oggetto di spasmodica ricerca di consenso elettorale tanto più oggi che, in Sicilia, si vota insieme per i due Parlamenti: nazionale e regionale. Ogni partito lo mette in programma e lo sbandiera sperando così di fare un pieno di schede.

MARTIRIO E SOFFERENZA. Dal lungomare di Riva degli Schiavoni si vede un’opera architettonica di grande pregio e fascino perché “Ponte dei sospiri”, come da tempo viene chiamato, fa pensare a emozioni amorose, affetti e pulsioni sentimentali. Non così, però, la storia. Ai tempi della Serenissima, i prigionieri (spesso vittime di un giustizialismo violento e condanne senza prove), dovevano percorrere un corridoio di undici metri per passare dalle prigioni, i famigerati “Piombi”, agli uffici degli inquisitori di Stato. Un attraversamento straziante. Si sospirava col cuore in gola davanti alla prospettiva di vedere per l’ultima volta, dalle arcate, il mondo esterno: l’acqua del canale che si vedeva scorrere sotto i piedi e, in lontananza, il mare con tanti vaporetti pieni di turisti e gondole festose.

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ASPETTATIVE ELETTORALI. Partiti lanciati a capofitto in Sicilia (5 milioni di abitanti) che porta alle urne un gran numero di cittadini. Salvini e Meloni tra i più impegnati a percorrere l’isola in lungo e in largo. A Messina una sosta più obbligatoria che altrove. Le foto che camminano in rete ritraggono i due leader fermi in un tratto di costa da cui il “Ponte che non c’è” si può immaginare almeno come potrebbe essere. Venti anni fa si ritenne sufficiente una sola campata mentre adesso si parla di tre. Scartata definitivamente, così sembra, l’idea del tunnel sottomarino tipo quello realizzato sotto il canale della Manica (specie dopo i recenti danni provocati dal treno che all’improvviso si è bloccato). Troppo rischioso, si dice, sfidare le correnti tra la Calabria e la Sicilia in un’area a forte rischio sismico. Meglio l’imponente struttura sopraelevata. Ma i costi, problema certamente non secondario? Sarà l’euforia della campagna elettorale, tuttavia appare “facilmente” risolvibile. Tutti sembrano concordi nel riconoscere che il Ponte costa di più non farlo, visto che ogni anno i siciliani buttano a mare 5 milioni di euro e della grande opera si continua a non vedere nemmeno l’ombra.

FOTO INGANNEVOLI. Alcune ritraggono Salvini e Meloni stretti accanto, abbracciati sul lungomare con gli sguardi all’Etna momentaneamente a riposo. Lei in elegante rosa luminoso, lui in abito grigio con sorriso a faccia piena. E’ il riposo dei guerrieri? No. Sembra la tattica di due che debbono “osservarsi” meglio. E’ la dichiarazione del capo leghista a suscitare scalpore: ”Le sanzioni dell’Europa invece di punire la Russia, stanno punendo gli italiani. Chi è stato sanzionato ci sta perfino guadagnando…”. Come dire: basta guerra, l’Ucraina ci faccia il piacere di consegnarsi alla Russia putiniana con mani e piedi legati”. Ma “Io sono Giorgia” non ha bisogno di ascoltare altro. Immediata la sua messa a punto: ”Immodificabile la nostra posizione con l’Europa, la Nato e l’Onu in difesa dell’aggredito, contro lo spietato aggressore”. Sul “Ponte che non c’è”, sventolano così simbolicamente due bandiere contrapposte: la rossa del Cremlino e il Tricolore italiano.

BUGIE E BUGIE. Quelle di Eduardo, grande commediografo, sono “d’autore”, quindi hanno le gambe “lunghe”. Quelle di Salvini, politico in crisi di consensi stando ai sondaggi, hanno le gambe “corte”: appena pronunciate, vengono subito smentite. Dice (anche a Cernobbio davanti agli imprenditori) che con le sanzioni europee Putin ci sta guadagnando. La Banca Centrale russa (con Dmitry Tulin che ne sta al vertice) fa invece sapere che il sistema bancario ha subìto perdite per 25 miliardi di euro, nella prima metà dell’anno, proprio per le sanzioni. Una coltellata, quello che riferisce l’agenzia ufficiale Tass, al putiniano cuore di Salvini?