Il Pd tra le grida alla Leopolda e i populismi incalzanti

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1.

C’ero al Congresso Socialista di Verona del 1984. La platea ribolliva contro il PCI di Enrico Berlinguer, che, personalmente, guidava la delegazione comunista. La riempì di fischi. Bettino Craxi prese la parola e disse testualmente: ’’Non ho unito i miei fischi a quelli di tutti voi, solo perché non so fischiare.’’ Si scatenò il finimondo in sala. Berlinguer e tutta la delegazione, che, al massimo livello, presenziava al Congresso, furono sommersi dai fischi, rinvigoriti da quella invettiva  di Bettino Craxi. Fu un errore. Non che non ci fossero le ragioni per quella accoglienza… molto speciale. I Comunisti avevano attaccato a testa bassa il PSI e lo stesso Bettino: lo avevano definito un ‘’pericolo per la democrazia.’’ Ma, a volte, il bon ton, ed il suo mancato uso, diventa sostanza politica. Quella accoglienza fu una sfida mortale, che si sarebbe conclusa anni dopo solo con la ‘’morte’’ politica del PSI e con l’esilio e la scomparsa di Craxi. E poi con la scomparsa dello stesso PCI… per ‘’inclusione’’ prima nell’Ulivo e poi nel PD. Ma tutto nacque lì: dalla incapacità di un ragionamento politico da parte di un PCI, che non voleva ammettere la galoppante sconfitta, che gli stava infliggendo la Storia, fino alla caduta del Muro di Berlino del 1989, e poi da parte del PSI, e di Craxi, che quella sconfitta imminente interpretavano in chiave statica. Come se un arbitro avesse dichiarato un K.O. definitivo. Di un Partito e dei suoi uomini. Mentre proprio la sconfitta del Comunismo “liberava” energie fondamentali per costruire una Nuova Sinistra, questa volta autenticamente riformista, che, si disse, non poteva che essere a guida del PSI e dei Socialisti, ai quali pure la Storia aveva assegnato la Vittoria. Fu quella probabilmente una forzatura di Craxi, ma non da meno fu Berlinguer, che volle demonizzare quello che era solo un avversario, ancorché vincente. Con la Storia e con la Politica. Nel rispetto del gioco democratico. Le grida scomposte dei militanti renziani del PD, aizzate alla Leopolda, come a Verona da Bettino Craxi, dalle infuocate invettive di Matteo Renzi, sono state un errore non solo sul piano del galateo. Uno scontro mortale che, anche se Renzi vincesse con il SI, porterà sicuramente all’indebolimento sia delle ragioni di Renzi che di quelle di Bersani e compagni. E del PD nel suo complesso, insieme all’ulteriore appannamento del residuo tratto identitario di Partito della Sinistra Italiana ed Europea. A vantaggio dei populismi incalzanti. A prescindere dal fatto che la vittoria di Donald Trump provocherà sconvolgimenti impensabili, in Italia ed in Europa, soltanto 15 giorni fa. Sarò… felice della disinvoltura con la quale D’Alema, De Mita, Bersani e gli altri compagni nel fronte del NO accoglieranno le bordate trionfalistiche di Salvini, fresco di fotografia con Trump, della Meloni e del Cavaliere. Tantopotè la feroce determinazione di mandare a casa Matteo Renzi.

2.

Siamo sicuri che il Vangelo ha bisogno dei Teologi e della Teologia? Papa Francesco ha dimostrato che la lettura, e la pratica, del Vangelo è di una semplicità disarmante. Libri, dispute e, nei secoli, perfino guerre: tutto determinato da interminabili dispute teologiche. Ma quanto è difficile capire che il Vangelo è solo un Canto di Amore, di Pace, di Armonia!? C’è solo da viverlo e da ‘’applicarlo’’ ad ogni atto della nostra Vita. Questo ci dice il Cristo, che, sono certo, se leggesse le centinaia di dotti Testi Teologici, scritti nel… Suo Nome, farebbe fatica ha “collegarli” al Suo Insegnamento, di cui ai Vangeli. Tutto questo ci sta ribadendo Papa Francesco, incontrando difficoltà, essenzialmente nella Chiesa stessa e nel suo Corpo troppo secolarizzato. La Sua recente partecipazione alla celebrazione dei 500 anni dalla affissione delle Tesi di Martin Lutero alla porta della Cattedrale di Wittenberg ha ribadito un concetto già fortemente enunciato da Papa Giovanni XXIII: cerchiamo ciò che ci unisce, non ciò che ci divide. L’auspicio: Ut Unum Sint. Ed il Vangelo è la fonte unificante di tutte le Confessioni di ispirazione Cristiana. Un discorso questo che certamente non si può esaurire nelle poche battute di questa riflessione, ma è indubbio che si fa fatica a ‘’coniugare’’ la dimensione rigidamente, e… comodamente, Dogmatica del Cattolicesimo con la semplicità potente del Messaggio, e del Linguaggio, Evangelico. Piuttosto Papa Francesco, con questa lettura squisitamente Evangelica del Cattolicesimo, appare sempre più estraneo a questa Chiesa, che si è formata su Dogmi, Giaculatorie, Statue, devoti lumini e… Potere. Al netto, ovviamente,di specchiate testimonianze in senso contrario. Una per tutte: quella di Carlo Maria Martini. E dello stesso Papa Bergoglio, ovviamente. Ad ogni buon conto, questo Papa, se non fa in fretta a cambiare la “struttura” di questa Chiesa, correrà il rischio, per Lui e per noi, di vedersi costretto a ‘’rifugiarsi’’, da Papa Emerito, nella sua Argentina. Alla fine del Mondo, per usare le sue stesse parole.