Il paese non cresce, anzi arretra altri dodici anni per risalire la China

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Il Paese non cresce, anzi arretra. In compenso il debito pubblico galoppa. A luglio, certifica Bankitalia, si è attestato a 2 mila 252 miliardi e rotti, in aumento di 3,4 miliardi rispetto al mese precedente. Dunque, nulla di nuovo rispetto a quanto i lettori di questa nota già sanno (aumento record di 78,9 miliardi raggiunto nei soli primi sei mesi dell’anno, scrivemmo la settimana scorsa). Ma di questo meglio non parlare.

Il dibattito – ai bar, sui social o in televisione – è infatti tutto incentrato sul referendum istituzionale, nel quale – a gamba tesa – da ultimo ci ha messo il becco anche l’America. Apriti cielo, alle parole dell’ambasciatore John Phillips che si è schiarato apertamente – e come poteva fare altrimenti – per il fronte del sì. Certo, si sarebbe potuto astenere dal prendere posizione, se non avesse dovuto rispondere, evidentemente, ad ordini superiori. Da qui a gridare allo scandalo, all’indebita ingerenza, però, ne corre. Del resto, chi oggi si lamenta ha esattamente fatto la stessa cosa ieri, quando in ballo era la sovranità di un altro popolo e non si è guardato affatto, mi pare, dal prendere posizione a favore di Tsipras o contro la Troika Ue e viceversa. Ma come insegnava il buon Esopo la bisaccia dei nostri difetti ce la portiamo dietro. Non è colpa nostra, semplicemente non la vediamo.

La vicenda, peraltro, fornisce l’occasione anche per riprendere – velocemente, però – la notizia pubblicata dal sito www.formiche.net secondo cui l’Unione Europea è un’invenzione della Cia. La qual cosa è certamente vera – anche se non è corretto porla proprio in questi termini – ma non per questo c’è da scandalizzarsi. Pensare all’Europa come ad un unico grande e potente Stato-blocco da frapporre nello scontro politico-culturale-economico tra Occidente e Oriente, tra atlantismo e comunismo, tra liberalismo e despotismo c’è poco da recriminare. Anzi, a dirla tutta, l’idea è ancor più valida oggi, con l’Ue chiamata a far da argine, coi vecchi, anche ai nuovi pericoli. Lo scandalo è semmai che la classe politica, sia nazionale che europea, questi pericoli non riesce proprio a vederli e, dunque, ad agire di conseguenza.

Dunque, la Cia finanziò – si è detto – i padri costituenti dell’Europa Unita. Una ricca letteratura ci ricorda pure che anche i padri costituenti del Belpaese hanno beneficiato – fino ad epoche recenti, peraltro – di finanziamenti provenienti dall’allora Urss. Finanziamenti che sono finiti anche all’ala migliorista del Partito comunista italiano (Pci), la corrente che faceva capo, cioè, al nostro presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ma ce ne siamo dimenticati.

Il Paese arretra, si diceva. Confindustria ha limato ancora al ribasso le stime sulla crescita e lancia l’allarme: nel 2016 il Pil è visto al +0,7% (era +0,8%) e nel 2017 al +0,5% (era +0,6). E la crescita 2017, avverte, “non è scontata”. Dopo “un quindicennio perduto”, “tempo sprecato”, il Paese “soffre oggi di una debolezza superiore all’atteso”. In sintesi: ai ritmi attuali “di incremento del prodotto – scrivono gli economisti del Csc – l’appuntamento con i livelli lasciati nel 2007 è rinviato al 2028”. Di altri dodici anni.

Hai voglia, allora, di dire – come fa il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – che “le stime del governo che saranno contenute nella di nota aggiornamento al Def, che il governo approverà la prossima settimana, dovrebbero essere migliori di quelle di Confindustria sia per il 2016 che per il 2017, perché le stime Csc si basano “su ipotesi di policy diverse da quelle che il governo intende proporre”. Sarà, ma intanto lo scetticismo non manca.

Anche perché, al di là della demagogia un tanto al chilo, questo è un Paese che oggettivamente continua a dare tutto ai vecchi (e alla casta) e niente ai giovani. Mettiamo il caso della scandalosa iniquità delle pensioni, di cui, ormai, con lucidità e passione è rimasto a parlare e a dire la verità soltanto il presidente dell’Inps, Tito Boeri. “Ci sono delle persone – ha detto nella trasmissione “Presa diretta”, su RaiTre – che oggi hanno dei trattamenti pensionistici, o dei vitalizi come nel caso dei politici, che sono del tutto ingiustificati alla luce dei contributi che hanno versato in passato”. E ha aggiunto: “Non è il caso magari di chiedere a loro un contributo che potrebbe in qualche modo alleggerire i conti previdenziali, e ci permetterebbe di fare qualche operazione di redistribuzione?”. Macché. Adducendo i soliti motivi tecnici il sottosegretario Tommaso Nannicini ha immediatamente escluso qualsiasi correttivo. E si capisce.

Per la cronaca: soltanto i babypensionati in Italia sono 530mila e costano allo Stato quasi 10 miliardi l’anno. Campa cavalo …che il debito cresce.