Tra i libri e gli articoli all’indice nel paese del Bazar delle Follie, due spiccano per la loro pericolosità. Si tratta di opere che, se lette e poi tradotte in iniziative, darebbero una nuova linfa imprenditoriale alle città tale da farle vivere un rinascimento che scuoterebbe dalle fondamenta lo “status quo” – la fortezza dei benpensanti. Questi gli autori e i titoli: Reinert e Daastøl, The Other Canon – The History of Renaissance Economics; Galal e de Haas, The Role of Innovation in Developing Competitive Cities.
Imprenditorialità è il nome del futuro delle città. E al nome va aggiunto l’aggettivo rinascimentale. La prima metà del secolo corrente è una corsa accelerata della popolazione verso le città. Nell’età della mobilità a livello mondiale, i corridori sono i talenti attirati in città dai centri e laboratori accademici e industriali di ricerca, come pure dalle occasioni di valorizzare imprenditorialmente i risultati delle loro investigazioni offerte dalle tante e svariate connessioni tra i diversi protagonisti che affollano la città. Ma non solo i talenti accorrono in città. Il movimento è di gran lunga più vasto, investendo gli strati più disparati di una popolazione mondiale alla ricerca di opportunità che prendono forma nelle città in quanto luoghi di progettazione e realizzazione di modelli innovativi nel sociale e nell’economia. A soddisfare le esigenze dei vecchi e nuovi cittadini è la cultura dell’imprenditorialità che nasce da comportamenti rispondenti alle sfide degli avanzamenti scientifici, tecnologici ed umani, e dai loro intrecci. Questa cultura è l’equivalente di una nuova vita, di un rinascimento, che dà un’impronta concettuale unica a ciascuna città.
Dall’istruzione alla scienza e all’imprenditorialità, i fattori immateriali dell’innovazione sono il motore centrale di quel cambiamento umano che è il Rinascimento. Nelle città di un nuovo rinascimento imprenditoriale, la frontiera della conoscenza umana è dinamica, si sposta sempre in avanti. Il governo delle idee frutto della creatività umana – la “ideocrazia” – genera progetti che creano una domanda per le attività basate sulla conoscenza: da quella intuitiva alla conoscenza lungo le due direzioni dell’induzione e della deduzione. Il bene comune – e quindi la prosperità della comunità – è l’obiettivo da raggiungere secondo una visione olistica e organica della città.
Come lo era Francis Bacon, nelle città rinascimentali si afferma la figura del ‘leader scientifico del nuovo industriale’ che fa leva sulla scienza per produrre manifatture differenti e di più alta qualità a confronto delle passate età dell’industrializzazione. Irrompono sulla scena da protagonisti anche gli ‘imprenditori politici’ e gli ‘imprenditori pubblici’ – termini coniati da Galal e De Haas. I primi incanalano la loro visione rinascimentale in direzione delle strategie innovative perseguite dai secondi – siano essi individui o organizzazione del settore pubblico con la missione di far aumentare la capacità di assorbimento dell’innovazione.
Forti di questi caratteri, mutuati dal canone dell’economia rinascimentale così come delineato da Reinert e Daastøl, il corpo intero dell’imprenditorialità sorge a nuova vita, con più imprenditori e più creatori d’imprese innovative che, recando abbondanza, infondono ottimismo nelle città che li nutrono.