Il Governo Meloni alle prese con il “doppio” Matteo Salvini

52

Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 2  luglio all’interno della rubrica Spigolature

di Ermanno Corsi

Strada con molti inciampi quella su cui sta camminando la “nuova Europa” nata col voto dell’8 e 9 giugno. Primo dato: da luglio Victor Orban, populista e sovranista, presiede il semestre dei lavori imitando il trumpiano slogan  “rendiamo l’America di nuovo grande”. Invece con il Consiglio del 27 e 28 giugno (Capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi membri), la maggioranza nel Parlamento di Strasburgo sta nelle mani dei popolari, socialisti e liberali (400 su 720 deputati, almeno sulla carta).In un clima di forte tensione la maggioranza tripartita approva le cariche di vertice: il socialista portoghese Antonio Costa presidente del Consiglio europeo; la liberale estone Kaja Kellas alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune; la popolare tedesca Ursula von der Leyen per il secondo mandato (ma il 18 luglio, a scrutinio segreto, si verificherà la compattezza dei 400 voti di cui teoricamente dovrebbe disporre).

GIORGIA PUNTA I PIEDI. Particolare -e molto ferma nel far valere peso e ragioni dell’Italia sugli assetti di vertice- la posizione della premier Meloni decisa a non farsi considerare una “cheerleader”, ragazza pompon che fa il tifo per qualcuno o qualcosa. Si astiene sulla von der Leyen, ma vota contro Costa e Kallas. Insiste perché sia considerato con attenzione il peso dell’Italia e dei 73 parlamentari di Ecr (conservatori e riformisti) di cui è presidente. In suo sostegno il presidente della Repubblica Mattarella (le scelte dei vertici non possono escludere l’Italia che è tra i sei fondatori dell’Unione europea). Per quanto riguarda Palazzo Chigi, Antonio Tajani considera opportuno allargare ai conservatori e riformisti. Anche l’olandese Mark Rutte (dal primo ottobre nuovo segretario generale della Nato dopo i 10 anni di Jens Stoltenberg) sostiene che Italia e Meloni meritano di svolgere un ruolo di primo piano. Si distingue Matteo Salvini: per lui ciò che sta accadendo al Consiglio europeo “puzza di colpo di Stato”. Un’affermazione pro  Giorgia o contro di lei? Sembra non esserci dubbi. Il leghista vicepremier è ormai subalterno del sovranista Orban e dalla nazionalista Le Pen (niente rapporti coi socialisti, basta armi a Kiev, si accetti la proposta di pace fatta da Putin…). A gamba tesa contro la politica che si va confermando con la Von del Leyen (“Putin deve fallire, l’Ucraina deve prevalere”), del cancelliere tedesco Olaf Sholz (“Putin deve capire che non ci sarà mai una pace imposta”). Si avvicina il 18 luglio “giorno della verità” per Ursula. Giorgia ha gli occhi sulle deleghe di maggior peso come Bilancio, Coesione, Pnrr, Concorrenza e Mercati. Il ministro Raffaele Fitto (Coesione e Sud) appare uno dei nomi più gettonati. Molto dipende, tuttavia, dal voto francese: al primo turno Le Pen 33,5;Sinistra 28,5;Macron 22.Domenica  prossima gli equilibri definitivi.

NEPOTISMO A CINECITTA’. Un film che non perde mai d’attualità, una sorta di “trasmissione ereditaria” di cariche pubbliche. Nicola Maccanico lascia l’incarico di amministratore delegato e direttore generale del romano complesso cinematografico e televisivo. A lui subentra Giuseppe De Mita junior. Niente di intrigante se non fosse per i cognomi. Maccanico è figlio di Antonio che fu ministro e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Segretario generale del Quirinale con Pertini e Cossiga. De Mita è figlio di Ciriaco più volte ministro e poi Presidente del Consiglio, personaggio tra i più autorevoli nel campo politico non solo italiano. Maccanico e De Mita: cognomi che spianano le strade ai discendenti? Ma quanto contano anche le comuni appartenenze territoriali, in questo caso tenacemente irpine? Cinecittà è sotto il controllo del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, finanziato annualmente per molti milioni dal Ministero Economia e Finanza. Questo il nuovo assetto di Cinecittà per il quale, tuttavia, non si è tenuto conto di un imprevisto: alle critiche insorte, Giuseppe De Mita junior reagisce con il rifiuto. Una manna per le “sorelle Meloni” che, si sostiene, non hanno perso tempo per far nominare, al suo posto, Manuela Cacciamani, produttrice e presidente dell’Unione editori.

COMPAGNI SOLIDALI. Il Ministero della Salute ha una nuova guida al Dipartimento Prevenzione, settore di fondamentale importanza. La rosa dei “papabili” si era ridotta a due e non si sapeva chi prescegliere. A sciogliere il nodo ci ha pensato la ginecologa Maria Rosaria Campitiello salernitana di Pagani. Si è “infilata” tra i due contendenti e ha ottenuto rapidamente la nomina. Aspetto che in molti ritengono non secondario: lei è la “compagna” del viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, anche lui salernitano di Nocera Inferiore, personaggio di primo piano dei Fratelli d’Italia. Tutto questo c’entra qualcosa con la prestigiosa e così accelerata nomina? No. E’ tutta colpa, se mai, del fatto che “compagno” (al maschile o al femminile), deriva dal latino medioevale cum panis che significa “magiare insieme lo stesso pane”. Se questo avviene tra la ginecologa e il viceministro, perché non dovrebbe esserci, tra loro, anche un forte vincolo di carrieristica solidarietà?

CATTEDRA DI VITA. ”I poveri hanno sempre ragione”: di questo evangelico assunto si è fatto garante l’arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia, durante un incontro nel chiostro dei Domenicani a San Vito dei Normanni (Brindisi pugliese). Qualche tempo fa, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida affermò che “i poveri mangiano meglio dei ricchi”. Ma se per i poveri va sempre così bene, perché affannarsi a cambiare la loro condizione sociale?