Politici e politicanti di nuovo ai blocchi di partenza., A posto via. Che campagna elettorale sia. Anche in piena estate. E, tra un bagno ed una granita, con la benedizione degli autori napoletani Valente e Bovio, gli italiani abbracciano il paradigma: sole cocente, voglia di fare niente. Che ci pensino pure gli aspiranti candidati ad agitarsi e combattere le proprie battaglie: qui spiagge infuocate a voi studio. L’argomento “identità” accompagna le pigre letture dei giornali e rimbalza da ombrellone a materassino fino alle poltrone ergonomiche di alcuni uffici ancora in funzione. Ognuno ha il proprio menu, la propria ricetta. Il tema dell’identità è gettonatissimo. Ogni linea di pensiero deve in qualche modo relazionarsi con questo tema e sposarlo con la propria bandiera. Eppure. Identità, identitario si, no, forse. Parole, parole, parole si canticchiava una volta. Il Solone, dalla sua postazione ombreggiata, sventola il volume dell’economista e scrittore indiano, che associa all’identità il concetto di violenza che, colui il quale rinvendichi la propria, esercita sull’altro. Si riconduce il concetto a costrizioni, chiusure fisiche e menali, lo si collega a tragedie e o si aggancia alle loro cause. L’Identità è colpevole di bloccare il futuro. Pollice verso dal Solone seduto al ristorante dello stabilimento balneare sotto il freddo flusso del condizionatore d’aria. Le stellate pietanze nel suo piatto, devono esprimere rigorosamente il legame col territorio, e tassativamente la provenienza da chilometro zero, prego. Cibi legati alla tradizione, grani antichi, la ricetta della trisnonna dello stellatissimo chef. Tutto interpretato in chiave contemporanea, evoluto ma con l’indelebile impronta che contraddistingue quella cucina da tutte le altre del mondo. Perdinci ed anche perbacco, commenterebbe il grande comico con bombetta, qui si parla d’identità. Nello spettacolo, nell’arte, nell’urbanistica ed ohibò anche in cucina. E tanti saluti al Solone in vacanza: l’unica violenza che l’identitario panino napoletano con cicoli può esercitare è quella sul malcapitato fegato del goloso consumatore. Centro Direzionale di Napoli all’imbrunire. Ca nun ce sta niscuno. Allo sparuto frequentatore non resta che la luna rossa quale interlocutrice. Eppure. Un tempo ormai lontano fra sfasciacarrozze, rivenditori di ricambi d’auto e il mercato ortofrutticolo il luogo era piuttosto animato. Poi la grande operazione immobiliare voluta e permessa dalle politiche pubbliche et le voilà: la gente non c’è più. Durante il giorno dipendenti degli uffici e frequentatori a vario titolo ma, chiusi gli uffici, all’imbrunire si compie il sortilegio. Quando sconnetti un luogo dalla propria identità. La prevista impennata delle quotazioni immobiliari nel Centro Direzionale è rimasta nei sogni di chi volle la grande operazione.
Diverso esito il ripristino del water front a Valencia, città saltata agli onori delle cronache non solo per le regate dell’America’s Cup. Si volle assecondare l’evoluzione dell’identità locale realizzando recupero e valorizzazione del carattere culturale e marittimo del luogo. Standing ovation. L’identità è ciò che fa si che una cosa sia se stessa e non un’altra. Valentina e Rebecca sono entrambe bionde ma se Rebecca è introversa non puoi metterla d’improvviso su un tavolo e farla ballare perché così vince la timidezza. L’identità si sviluppa, si stratifica, e si evolve. Si compone attraverso le esperienze e non è fissa, un eredità culturale che si riceve e dev’essere conservata nella sua staticità. E’ un patrimonio culturale sempre in formazione, segue la propria traiettoria e non quella che un nugolo di sapienti decide.