“Non è violenza se gli atteggiamenti o l’abbigliamento di lei comunicavano che era disponibile”, lo pensa una persona su quattro; “non è violenza forzare la partner a un rapporto sessuale se lei non ne ha voglia”, lo pensa un italiano su tre. Si tratta di dati emersi da una ricerca demoscopica realizzata da AstraRicerche su un campione rappresentativo della popolazione italiana. Purtroppo la fotografia che ne risulta è sconfortante. Circa tre persone su dieci ritiene che non si subisca violenza “dare uno schiaffo alla partner se lei ha flirtato con un altro”, tra le donne ne sono convinte il 20%, tra gli uomini il 40%. Un’immagine sconfortante, assolutamente patriarcale, arretrata e non informata, appannaggio di soli uomini, ma che riguarda anche le donne.
L’attualità di queste settimane è infondo un chiaro segno di commenti sessisti, palpatine “giustificate” e di un linguaggio violento e inadatto. La mente corre al “caso Memo Remigi”, che durante una diretta pomeridiana Rai ha toccato il fondoschiena della collega Jessica Morlacchi, causando il suo licenziamento ma anche una serie di commenti sull’accaduto da diversi personaggi del mondo dello spettacolo e della tv, e del mondo social. Una molestia in piena regola, che però ha portato alla vittima oltre che al danno anche la beffa, in quanto è stata attaccata sui social per non aver difeso l’artista. Haters e anche molti personaggi hanno la “loro visione” sul caso, tendendo a banalizzare il gesto e talvolta a giustificarlo sottoforma di goliardia, di un rapporto amichevole, o anche di un gesto solito nel mondo dello spettacolo.
Il 25 novembre è una data importante oltre che un momento di riflessione collettiva su quanto ancora c’è da fare per cancellare dal mondo ogni forma di offesa, aumentata negli anni di pandemia, nei confronti delle donne, cominciando ad incentivare un grande cambiamento culturale. La più grande fortuna che un essere umano possa avere, che nasca uomo o donna, è avere la libertà di vivere in un mondo libero, che lasci esprimere ogni persone senza giudicare e che non fa paura, a nessuno. Quando questo accadrà ripenseremo a tutti i 25 novembre celebrati dal 1999, anno in cui l’ONU ha istituito la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne per ricordare quanto la violenza di genere sia realtà e necessiti di essere combattuta. Per gli italiani è tra le priorità urgenti dell’agenda politica del Paese. I dati Istat mostrano che il 31.5% delle donne ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza avvengono per mano di partner o ex partner. Gli stupri nel 62% dei casi sono commessi proprio dai partner. Il sistema normativo sul tema della violenza si è andato sempre più rafforzando: dalla legge n. 66/1996 che considera la violenza contro le donne come un delitto contro la libertà personale; passando alla legge n. 154/2001 che prevede misure volte a contrastare i casi di violenza all’interno delle mura domestiche con l’allontanamento del familiare violento. Sempre nel 2001 sono state approvate le leggi che consentono alle donne di poter usufruire del patrocinio a spese dello Stato per le donne, senza mezzi economici violentante e/o maltrattate, uno strumento fondamentale per difenderle e far valere i loro diritti, in collaborazione con i centri antiviolenza e i tribunali. Segue poi la legge che ha introdotto il reato di stalking, sino al varo della legge 69/2013 che ha introdotto il codice rosso, inasprito le pene per alcuni dei reati esistenti, introducendo anche nuove fattispecie di reato, dettando anche tempi alquanto stretti per le forze dell’ordine che accolgono le querele e altrettanti tempi ristretti per l’emissione di misure. Accanto ad un sistema normativo che si rafforza, sono stati stanziati fondi per i Centri Antiviolenza e anche per le case d’accoglienza per donne vittime di violenza, inoltre al fine di renderle autonome nel loro percorso di fuoriuscita dalla violenza sono stati previsti fondi per dare loro un reddito, come il Reddito di Libertà. Ma se un sistema normativo, giudiziario, politico, si muove verso la tutela e la protezione, e cercando anche misure e stratagemmi di prevenzione, affermazioni di principio che poi però si scontrano con pronuncia di discriminazione radicati nella società e con la sottovalutazione di alcuni comportamenti e affermazioni. E’ necessario un cambiamento culturale che ci faccia sentire tutti e tutte parte del problema esistente, senza alcuna giustificazione, ancor di più lì dove c’è un eco mediatico, che potrebbe essere un doppio boomerang, generando ancor di più comportamenti, agiti e un linguaggio inappropriato che non è di supporto alle donne, anzi. E’ evidente che c’è un’Italia ancora ancorata su certi retaggi, consapevole però che la violenza di genere esiste ed è una questione prioritaria da affrontare. Quindi, che ben venga il 25 novembre, ma che sia momento per riflettere che una delle modalità fondamentali per combattere il fenomeno della violenza è soprattutto culturale.