Il caso Fincantieri e l'”inganno” di Macron

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Ne avevo parlato su queste stesse colonne, ai primi di giugno, quando il Presidente Macron ci aveva fatto sapere, in occasione della consegna della Nave Meraviglia alla MSC, ed al suo armatore Gianluigi Aponte, da parte dei cantieri Saint Nazaire, che avrebbe voluto rivedere l’accordo che prevedeva la maggioranza azionaria di quei cantieri da parte della nostra Finmeccanica. I “nostri” l’avevano acquistato dai Sud Coreani, mentre era in amministrazione controllata. Evidentemente Macron non poteva accettare che un punto di riferimento, anche simbolico, dell’ economia francese fosse, in mano alla, ora, debole Italia. E così è partito all’attacco nazionalizzando, addirittura, la quota azionaria acquistata da Fincantieri. “Comunista” lo bollerebbe il fu Cavaliere, magari, invocando, a sua volta, reciprocità di trattamento per le quote azionarie acquistate dai Francesi in Italia, a cominciare da Telecom e Mediaset da parte di Vivendi. Già Romano Prodi, su Il Mattino di domenica 23 luglio, aveva sottolineato: “Negli anni scorsi i nostri cugini d’Oltralpe hanno comprato metà dell’Italia senza che si sollevasse alcuna obiezione da parte del nostro Governo.” Carlo Calenda, guardingo, aveva notato, a sua volta: “Credo che questo sia un buon test per capire se chi parla di europeismo e di valori liberali poi li applica anche”. Personalmente, a parte l’esito finale, (i Francesi ora dicono che la nazionalizzazione è temporanea ed il loro Ministro dell’Economia si appresta ad incontrare a Roma i Ministri Padoan e Calenda) credo che Macron abbia “ingannato” gli elettori suoi, e tutta l’Europa, segnando i suoi primi atti di governo di ben altro significato rispetto a  quelli annunciati nel suo programma. Aveva aperto il cuore alla speranza di mezza Europa  democratica, che si era entusiasmata per la sua vittoria. A prescindere da Marie La Pen, che “obbligava” a preferirlo comunque. Intanto, questo che accade è una cosa brutta non solo per i rapporti tra Italia e Francia ma soprattutto per la speranza di ricostruire una Europa che si ispiri ai valori dei Padri Fondatori.


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Il due di agosto nel segno di una tradizione ereditata dagli antichi ”Carusiani” con l’ Associazione Terra faremo celebrare la Santa Messa davanti alla Cappella che custodisce le spoglie mortali del grande Enrico Caruso. Al Cimitero del Pianto a Napoli, in occasione del novantaseiesimo anniversario della sua morte, avvenuta proprio a Napoli, all’Hotel Vesuvio il 2 di agosto del 1921. Celebrerà Don Ciro, Parroco della Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, a Piazza Ottocalli, dove si conserva anche l’atto del suo battesimo. Sarà l’occasione per recuperare il progetto di acquisire al patrimonio pubblico la casa natia del grande tenore, a via San Giovanniello numero 8, nel quartiere di San Carlo all’Arena. Per merito del suo attuale proprietario, che ancora ospita la superstite di due gemelle, che ora ha 98 anni, la casa natia è stata conservata esattamente così come era al tempo in cui la abitava Enrico Caruso, prima che emigrasse in America, che ancora oggi lo celebra come il più grande tenore di tutti i tempi. Ed io dico anche come prototipo modernissimo di chi, forte solo delle sue doti e del suo temperamento, riesce a conquistare il Mondo. E, nel caso specifico, sposa la innovazione, prestando, per primo, la sua voce alla incisione di primissimi dischi. Ne venderà un milione all’inizio del novecento, con I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, se ben ricordo. Saranno proprio le incisioni, ed i conseguenti dischi, a rendere universale, fra l’altro, la Canzone Napoletana, strappandola ad un destino “localistico”, appannaggio della pur affascinante “posteggia”. In questi anni, partendo da un progetto realizzato, sempre a cura della Associazione Terra, nell’ambito del “Forum Internazionale delle Culture”, mi sono battuto, perché la Casa Natia fosse acquisita al patrimonio pubblico e lì fosse allestito un Museo, utilizzando anche i “cimeli” di un appassionato collezionista foggiano, Guido D’Onofrio, si è detto disponibile a metterli a disposizione. Ora quei cimeli sono gelosamente custoditi da Paolo Esposito nel Ristorante-Museo “Caruso” a Sorrento. Finora ho trovato sorde ed insensibili le Istituzioni, i cui massimi esponenti, evidentemente, non riescono a cogliere il valore, nel Mondo, del Nome e dell’Arte di Enrico Caruso, soprattutto in vista del centenario della sua morte, nel 2021. Al momento quell’importanza l’ha colta un piccolo Comune vicino Firenze, Lastra a Signa, che ha acquisito la residenza italiana del grande tenore, realizzandovi, con grande successo di presenze, un Museo. Da noi un percorso con la visita del Museo costituendo, con ascolto della sua voce nella Chiesa sottostante la casa, quella antica dei Santi Giovanni e Paolo, nel cui coro Enrico Caruso cantava da bambino, la visita alla “sua” Cappella, sarebbe di sicuro appeal per importanti correnti turistiche, soprattutto americane. Sono certo che il Teatro  Metropolitan di New York starà progettando grandi cose per il centenario della sua morte. Finché campo continuerò in questo impegno: lo devo alla mia passione, ai racconti “americani” di mio nonno Francesco e del suo amico Vincenzo Mattera – ‘e Renziere, che si sentiva onorato, questo era il suo racconto “mitico” a me bambino incantato nell’ascolto, di portare la valigia ad Enrico Caruso sul Porto di New York. Il 2 di agosto – alle ore 11.00 – la sua voce si diffonderà per il Cimitero di Santa Maria del Pianto per la gioia di quei defunti che lì riposano, fra i quali il grande Principe De Curtis, la cui Cappella è nei pressi di quella di Enrico Caruso. E noi ne sentiremo ancora il fascino.

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Non è solo Sport, Agonismo, Entusiasmo, Orgoglio Nazionale, Gioia per la Vittoria. Non è solo tutto questo, ed altro ancora: è Bellezza Purissima, della  Immagine, dei Gesti, delle Parole. Grazie, davvero, umanissima Federica Pellegrini: Donna, Persona vera.


Franco Iacono