Il carisma, la lucidità e la dedizione al Paese di Sergio Mattarella. Riflessioni sul messaggio di fine anno

in foto Sergio Mattarella

Ieri sarebbe stato troppo presto per aver digerito il messaggio di fine anno agli italiani del Presidente della Repubblica Mattarella. Oggi, con animo più sereno, si può esprimere qualche riflessione su alcuni passaggi, almeno su quelli che sono sembrati salienti, del suo monologo. Una premessa che lo stesso Oratore non ha tralasciato di inserire nel contesto: quella sera, a essere ripreso da quelle telecamere in quella stanza, non sarebbe dovuto esserci lui. È noto come è andata e il Primo Cittadino nel messaggio ha fatto la descrizione di come, pur riluttante, abbia alla fine deciso di accettare il secondo e irrituale mandato. Ha capito di essere obbligato a tanto dalle circostanze e perciò se ne è fatta una ragione, quella di Stato. Il diritto romano definiva situazioni analoghe con uno stringato “coactus tamen volui”, costretto pur tuttavia lo volli. La riconferma del suo carisma e della sua dedizione a servire il Paese, lo rende paragonabile allo scrittore William Forrester, immaginario protagonista del film omonimo. Solo per completezza di informazione, quel personaggio era interpretato dall’indimenticabile Sean Connery.
Certamente l’anno trascorso ha lasciato i suoi segni sul volto del Primo Cittadino ma non ha compromesso minimamente la sua lucidità, né tantomeno la sua verve. Al dunque. Il messaggio ha spaziato su molte delle questioni che stanno tenendo in ansia gli italiani. Nei confronti di due in particolare si è calato nel ruolo che gli è proprio, quello di custode della costituzione. Precisamente sul problema del lavoro, importante fattore della produzione e sulla necessità che lo stesso possa scaturire dalle aziende che hanno sede nei patri confini, mettendo le stesse in grado di operare. Ha precisato che entrambi gli argomenti sono considerati e tutelati dalla Costituzione, che lui, in quanto custode dei suoi valori, è impegnato a far si che vengano messi in pratica correttamente. In realtà il Capo dello Stato ha fatto riandare la mente di chi lo ha visto e ascoltato, a una figura di un tempo, quella del saggio di una comunità, fosse essa una famiglia o un aggregato più ampio. Il collegamento di un personaggio del genere con “Il sindaco del Rione Sanità”, la commedia di Eduardo De Filippo risulta semplice e, visto solo per le qualità migliori, anche pertinente. In effetti sono i giovani la prima ricchezza del Paese da tutelare, facendo in modo che, pur senza costringerli, si sentano a proprio agio in Italia. Evitando così che emigrino, andando dove le loro qualità sono apprezzate e riconosciute nella maniera giusta. Il problema si amplierebbe paradossalmente perché nel Bel Paese viene prodotta già da un pò di tempo una varietà notevole di tecnologie, soprattutto di alto livello. Così l’Italia non a lungo si troverà a non avere come addetti ai lavori personale autoctono in grado di adoperare le stesse. Certo, i processi produttivi, nel Paese come altrove, sono gestiti ormai con frequenza crescente da formazioni multietniche. Ragionando a mente fredda è proprio in tal modo che viene a essere agevolata l’integrazione sociale anche multiculturale, non solo In Italia ma dovunque. In effetti quella che sta avvenendo nella parte del mondo più evoluta è una forma di colonizzazione aI contrario. Il problema è legato a doppio filo con l’evoluzione delle relazioni industriali e con la tutela dei vari comparti produttivi da infiltrazioni malavitose. Volendo concludere in positivo, sarà bene che gli italiani facciano voti perché l’attuale Primo Cittadino possa continuare a inviare gli altri sei messaggi analoghi come previsto indirettamente dalla Costituzione. Andrà ancora meglio se le condizioni generali del Paese e del resto del mondo saranno migliorate anno dopo anno.
Più di tanto non si può, con l’augurio che quanto innanzi non resti solo nel libro dei sogni.