Il “caldo” dell’autunno non è in cielo ma in terra

391
Foto di Holger Schué da Pixabay

Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 29 agosto ottobre all’interno della rubrica Spigolature

di Ermanno Corsi

Mentre sembrava che le infuocate ondate – dette Cerbero, Caronte, Nerone- avessero conquistato cielo, terra e mare senza  limiti ragionevolmente prevedibili, ecco comparire i nomi femminili – Betty e Poppea – abbastanza rassicuranti. Le loro “tempeste” di portata e intensità più “governabili”, si propongono come spartiacque tra l’estate e l’autunno. I disfrenati elementi della natura sembrerebbero avviati a riacquistare un respiro più sostenibile e incoraggiante (farebbero pensare a Leopardi quando dice: “Passata è la tempesta/Odo augelli far festa e la gallina/tornata in su la via/che ripete il suo verso/Ecco il sereno/Rompe là da ponente alla montagna/Sgombrasi la campagna/e chiaro nella valle il fiume appare”).

RESTA L’AUTUNNO CALDO DELLA TERRESTRE POLITICA. Tra i dossier più scottanti c’è il Mezzogiorno. Abolito il reddito di cittadinanza, stentato l’avvio di quello per l’inclusione, si fanno i conti con i dati. Negli ultimi trent’anni il Sud, con le sue 8 regioni, ha perso 500 mila posti di lavoro passati da 6,6 milioni a 6,1. Nell’ultimo triennio la situazione si è ulteriormente aggravata. Si deve prendere atto che i dibattiti su storia e sviluppo della “vexata quaestio” non sono mai mancati, ma che di soluzioni ce ne sono state poche e scarsamente efficaci. La dimensione della realtà ha sconfitto ogni tentativo di invertire tendenza. Problema da ripensare ripartendo dalle radici.

IPOTESI PIU’ RECENTE. Si propone che l’intero Mezzogiorno diventi una Unica Zona Speciale (Zes) geograficamente identificata, in cui le aziende operative e quelle di possibile insediamento possano beneficiare di particolari condizioni per investimenti e sviluppo. Rischio da evitare è che, strada facendo, non si insinui l’idea di trasformare il Sud in una macro-regione che fornirebbe, al Nord, il pretesto per creare, in contrapposizione, due o tre macro-regioni settentrionali. Di vitale importanza restano le politiche per il lavoro. Le imprese dell’artigianato, piccole e medie, denunciano di non trovare manodopera preparata. Chiedono pertanto di avviare al lavoro, dietro adeguata formazione, una parte dei migranti che già, nei mesi di quest’anno, sono sbarcati in oltre 100 mila.

AUTONOMIA DIFFERENZIATA E PONTE. Due vicende esasperate dall’avvicinarsi delle elezioni europee e, subito dopo, di quelle regionali. I più esagitati sono Calderoli e Salvini. Nelle loro aree politiche di maggiore riferimento, la perdita dei militanti è di uno su tre. In Lombardia via il 44 per cento, in Veneto e Piemonte il 18. Calderoli vuole a tutti i costi l’Autonomia differenziata anche se non mancano ripensamenti negli stessi governatori che fin qui lo hanno seguito. Lo stesso Stefano Bonaccini afferma che non ci sono, in bilancio, risorse adeguate per garantire agli italiani i livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Aumentano gli esperti che chiedono una perequazione orizzontale e non verticale come pretenderebbero le regioni più ricche. Contro gli ammonimenti delle strutture più qualificate, la Lega ha organizzato un sito anti-Svimez, l’Associazione nata nel 1946 e ora presieduta da Adriano Giannola, che studia con rigore il Mezzogiorno per favorirne lo sviluppo. Anche per Salvini vice premier gli occhi sono puntati su Parlamento europeo ed elezioni regionali 2025.Il vice premier stragiura che la prima pietra del Ponte sullo Stretto sarà posta entro la prossima estate (settembre 2024?) e il Ponte percorribile entro 2032.Dubbi consistenti sui costi, già passati da 13,5 miliardi a 15. Lavoro per 100 mila persone? Si vorrebbe che fosse così. Ma sembra solo un dato sparato per fare voti durante le due campagne che si stanno avvicinando.

CIBO TRA RICCHI E POVERI. Sicuramente incauta, o male formulata, l’affermazione del ministro Francesco Lollobrigida (Agricoltura e sovranità alimentare), secondo cui “da noi spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi”. Viste le stupìte reazioni, il cognato della Meloni ha dovuto subito precisare “perché cercando dal produttore l’acquisto a basso costo, i poveri comprano qualità…”. Clamoroso caso in cui la parola avrebbe tradito il pensiero. Attenta premier Giorgia. Un antico proverbio dice che i parenti sono come le scarpe: più strette sono, più male fanno…