Il bisogno immediato di Liquidità delle PMI italiane: focus e analisi

93
Foto di Tung Lam da Pixabay

Un’efficiente gestione del capitale circolante; un imperativo per la competitività e la crescita delle PMI italiane. Lo sottolinea l’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano, centro di ricerca che da oltre un decennio indaga il cruciale ruolo assunto dalle soluzioni fintech nell’ottimizzazione dei flussi monetari lungo le filiere produttive.

Attraverso un’indagine su un campione rappresentativo, Workinvoice – in collaborazione con l’Osservatorio – ha fatto luce sulle criticità che le realtà imprenditoriali di piccola e media dimensione devono affrontare nel gestire liquidità e accedere a finanziamenti adeguati. I dati raccolti tracciano uno scenario articolato e complesso.

La situazione attuale delle PMI italiane

L’indagine condotta da Workinvoice, in collaborazione con l’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano e inserita all’interno del report finale prodotto dall’Osservatorio, ha preso in esame un campione eterogeneo di 437 imprese di piccola e media dimensione operanti in Italia. Un focus particolare è stato riservato al comparto manifatturiero, che da solo rappresenta il 35% delle aziende analizzate. Queste PMI si distribuiscono in diverse fasce di fatturato: la fetta più consistente, pari al 45%, è costituita da realtà con ricavi annui inferiori ai 2 milioni di euro, mentre il 41% rientra nel range 2-15 milioni e solo il 14% supera i 15 milioni.

Uno degli aspetti più preoccupanti emersi dallo studio riguarda la situazione di liquidità delle PMI esaminate. Un terzo di esse, pari al 34%, lamenta infatti un livello di liquidità basso o molto basso. Ciò evidenzia le difficoltà che queste realtà incontrano nel mantenere un flusso di cassa adeguato e costante nel tempo. A complicare ulteriormente il quadro, vi è il dato relativo alla necessità di accedere rapidamente a fonti di finanziamento: il 56% delle PMI ha bisogno di liquidità entro una settimana, con un 31% che richiede addirittura un apporto di cassa entro 24-48 ore. Un’esigenza di immediatezza che sottolinea la precarietà della gestione finanziaria di molte PMI, spesso costrette ad affrontare urgenze e imprevisti.

I dati evidenziano inoltre una forte disomogeneità tra i diversi settori produttivi in termini di liquidità. Se il comparto dei servizi tende a presentare situazioni di relativa sofferenza, con livelli di liquidità più bassi, il settore del trasporto e della logistica mostra invece una maggiore stabilità finanziaria. In particolare, dall’analisi per settori emerge che, mentre attività come i servizi e le costruzioni registrano una media, rispettivamente, di 2 e 3 su un punteggio da 1 a 5 in termini di liquidità, il trasporto e la logistica raggiungono punte di 3,7. Il settore manifatturiero si attesta invece su un valore medio di 2,9.

Il ruolo del Supply Chain Finance per le PMI

Gli strumenti di Supply Chain Finance (SCF) si rivelano quindi fondamentali per le PMI, in particolare per fronteggiare le criticità nella gestione del capitale circolante. Attraverso l’applicazione di modelli finanziari innovativi che valorizzano le relazioni lungo la filiera produttiva, la SCF ottimizza i flussi monetari verso i fornitori. L’approccio si rivela utile soprattutto per le problematiche legate a ritardi nei pagamenti e difficoltà di accesso al credito bancario.

Nonostante i notevoli vantaggi offerti, metodologie quali il reverse factoring e il dynamic discounting stentano ancora ad affermarsi tra le PMI italiane. Queste ultime, infatti, tendono a conoscere e adottare con maggiore frequenza i metodi di finanziamento tradizionali, come prestiti bancari, factoring e linee di credito autoliquidanti.

Il 72% delle PMI si rivolge infatti a banche e istituti di credito come principale punto di riferimento per reperire soluzioni di finanziamento del capitale circolante: è evidente allora una dipendenza ancora forte dai canali consolidati, nonostante le ben note difficoltà che le PMI devono affrontare nell’accesso al credito bancario. Tali ostacoli comprendono processi di valutazione e approvazione spesso lunghi e complessi, stringenti requisiti in termini di garanzie richieste, oltre a tassi di interesse che possono risultare particolarmente onerosi per le piccole realtà imprenditoriali.

Perché le PMI hanno bisogno di liquidità?

Le PMI necessitano di liquidità per molteplici ragioni: da un lato per coprire il fabbisogno ordinario di cassa, legato al ciclo produttivo e operativo aziendale, dall’altro per finanziare percorsi di crescita e di espansione dei propri business. Tali esigenze di approvvigionamento finanziario, tuttavia, si scontrano spesso con ostacoli significativi nell’accesso alle fonti di credito. Tra le principali barriere figurano i tassi di interesse elevati applicati dagli istituti eroganti e i tempi di approvazione prolungati per l’ottenimento dei finanziamenti richiesti.

Di fronte a queste sfide, le PMI si dichiarano solo parzialmente soddisfatte delle soluzioni di finanziamento attualmente adottate. Emergono però alcune eccezioni, con strumenti come il minibond e il reverse factoring che riscuotono un apprezzamento maggiore, lasciando intravedere potenzialità di sviluppo futuro.

Una quota pari al 30% circa delle realtà analizzate ha inoltre intrapreso un percorso di diversificazione, adottando soluzioni complementari di finanziamento assistite da garanzie. In particolare, il ricorso più frequente è stato al Medio Credito Centrale, che offre coperture e tutele specifiche per le PMI. Un dato questo che evidenzia la ricerca attiva di alternative ai canali tradizionali di finanziamento, al fine di superarne i vincoli e le limitazioni.