I Tableaux vivant delle opere di Caravaggio

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I Tableaux vivant delle opere di Caravaggio sono ritornati al Museo Diocesano. Uno spettacolo ben costruito, con attori bravissimi, che non smette mai di suscitare interesse. Musica a dir poco mirabile e va là, alla fine della rappresentazione c’è anche la visita guidata al complesso museale. Sembra quasi la pubblicità di un detersivo in offerta speciale. Un biglietto molto contenuto dovrebbe abbattere qualche ritrosia di tipo economico. Il momento importante è la rappresentazione. Su un piccolo palco un gruppo di attori volteggia tra tele che si drappeggiano sui corpi in posa, volti con espressioni furbette, disperate, rabbiose. Stupore, curiosità, ammirazione. Qualcuno inneggia al nuovo modo di proporre l’arte. Il Tableau vivant è invece più che maggiorenne, e avendo compiuto 200 anni da un bel po’, viaggia baldanzoso verso nuovi centenari genetliaci. Nel 1781 la signora de Genlis, governante dei figli del duca d’Orleans, era nota per mettere in scena tableau vivant, ad uso e consumo della nobile discendenza, utilizzando quadri di Jacque Louis-David ed Eugene Louis Isabey. Essi avevano una funzione didattica e informativa, erano sia in costume giocoso sia drammatico e servivano a sottolineare importanti momenti della storia e della letteratura. Intorno al 1970 una tra le attrazioni dedicata al sesso che ha reso famoso il quartiere di Soho, era il Windham Theatre conosciuto per le tableaux vivant nude, donne che erano obbligate a restare immobili per evitare la censura. Che lo scopo fosse didattico o ludico o di qualsiasi altro tipo i Tableaux suscitavano sempre interesse, negli adulti come nei bambini. Assistere oggi alla costruzione in scena dei quadri di Caravaggio mentre le musiche di Mozart, Vivaldi, Bach e Sibelius accompagnano gesti e i movimenti di scena è interessante e si trova sempre qualche particolare sfuggito a una prima visione. L’emozione però tarda ad arrivare: sorprendono le pose, la capacità atletica e scenica degli attori, incuriosisce il loro sincronismo perfetto, la rapidità delle vestizioni. Il visitatore resta ammirato, si lascia trasportare dalla musica, ma il battito cardiaco resta sempre uguale. Come mai? Perché in tutto quel mescolarsi di musica luci e gesti manca l’interpretazione della capacità di Caravaggio di abbandonare gli ideali celesti, e scendere a terra e raccontare la vita per com’è. Manca il cattivo odore delle strade, mancano i singhiozzi degli ubriachi, dei peccatori che non sanno se Dio li perdonerà. Il grande assente è proprio Caravaggio. Assistiamo a ventidue istallazioni, alla rappresentazione ma non all’interpretazione. Gli spettatori sono costretti nella penombra a sbirciare frettolosamente la brochure nel tentativo di confrontare l’opera pittorica con la rappresentazione scenica. Essa dura pochissimo e ci vuole l’occhio di un esperto conoscitore per trasporre idealmente l’immagine della brochure vicino al tableau rappresentato. Una ginnastica che tarpa le ali all’emozione. Le straordinarie musiche di Mozart, Vivaldi e Sibelius non evocano certo i luoghi insani e la gente di strada, i torbidi ambienti nei quali si muoveva Caravaggio, artista che amava Napoli e ne dipingeva la realtà dei bassi. Lo spettatore da un lato, la rappresentazione dall’altra non si uniscono mai in un unico sentire. Un abile disegnatore in sala che disegnasse le opere rappresentate dagli attori e proiettate sullo sfondo darebbe al pubblico la possibilità di partecipare con tre diversi sguardi: l’opera, la copia fedele nel corpo e nel viso e il tratto appena accennato eppure comunicativo degli schizzi. Non tre narrazioni parallele ma un insieme i cui elementi interagiscono. Si dovrebbe sviluppare una dialettica drammaturgica fra tre arti in apparenza distanti. Lo spettatore esperto riuscirebbe a coglierne i legami e quello meno esperto potrebbe invece portarsi a casa un bozzetto ricordo. La musica, antica, popolare ed emozionante potrebbe aiutare lo spettatore a precipitare nelle emozioni e a risalirle. Pochissimi ritocchi potrebbero trasformare una gradevole rappresentazione in un evento emozionante che potrebbe diventare anche fisso perché attrattore di pubblico. Una volta entrati nel meccanismo interpretativo sarà facile offrire la migliore chiave di lettura di ogni manifestazione volta ad arricchire il patrimonio culturale di ognuno. Bisogna provarci però.