Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 14 gennaio all’interno della rubrica Spigolature
Tutto nel giro di poche ore: la Premier vola a sorpresa in Florida, a Mara-a Lago, da Trump (presidente americano fra sei giorni) e, sarà stata pure una “fortunata coincidenza”, l’Iran cede sùbito alla pressione congiunta di Governo, Diplomazia, Servizi segreti: Cecilia Sala torna libera in Italia dopo una allucinante e spietata prigionia. “E’ il successo di una leader che sa guidare il Sistema”. Difficile non essere d’accordo con l’editoriale di Roberto Napoletano che, da quando si è insediato nella direzione del “Mattino”, cerca di dimostrare che un nuovo paradigma, nel dar conto delle vicende nazionali ed estere, è più che legittimo quando si tratta di delineare le prospettive del nostro Mezzogiorno.
CONSENSI E IMBARAZZO A SINISTRA. Caso Sala e indubbio successo aggiuntivo tutto “italiano”: la vicenda della giornalista ha fatto riscoprire, nel Partito democratico, il “politicamente corretto”: la leader Elly Schlein esprime emozione con un plauso al Governo mentre Alessia Morani afferma di essere “strafelice” e di non fa fatica a riconoscere il risultato della Meloni. Anche nel Pd, tuttavia, voci di “malagrazia”: la Boldrini, femminista a senso unico, prende atto del ritorno in patria di Cecilia ma non cita né Governo né Premier. Un pizzico di veleno anche da parte di Prodi: un successo molto solitario della sola Meloni. E Pier Luigi Bersani? Sua l’ironia sbeffeggiante: all’estero Giorgia è “piaciona”, in Italia “furibonda e comiziante”.
DA GIORGETTI A ELON MUSK. E’ una delle poche volte che, a parte Giorgia Meloni, viene pubblicamente apprezzato, dagli osservatori internazionali, un membro del suo Governo. Se la Bce promuove l’Italia “per lo spread in calo” e per la “ripresa di fiducia sui mercati”, Giancarlo Giorgetti viene proclamato “ministro delle Finanze dell’anno”. Così lo riconosce la rivista The Banker, del Financial Times, per l’impegno nel “contenere il crescente deficiti italiano” e nel “promuovere gli investimenti pubblici attraverso un piano a lungo termine mirato a ridurre il rapporto debito-Pil”. Su un piano diverso, negli stessi giorni “americani” della Meloni, il rilievo che ottiene Elon Musk (ancora una volta definito “personaggio grandioso”) proprietario di 6.900 satelliti. Si parla di un accordo (al costo di un miliardo e mezzo per l’Italia) che consentirebbe di velocizzare le comunicazioni criptate in ambito diplomatico e militare. Immediata la polemica. Per Pd e Schlein “si vende l’Italia”, la Destra “corre al bacio della pantofola di Elon”. Per il ministro Crosetto invece “non c’è alcun accordo” con Space X tra Governo e Difesa. Intanto Musk va avanti puntando a coprire le città con reti di pannelli fotovoltaici. La sua “italianità” sarebbe dimostrata anche dall’interesse per i castelli della Toscana. Vorrebbe acquistarne alcuni fra Siena e Grosseto. A suo favore il sondaggio che vede l’84 per cento degli italiani favorevoli a questi investimenti dell’uomo “più ricco del mondo”.
ALL’ESTERO BENE NON COSI’ A PALAZZO CHIGI. Appena la politica torna a Roma, ”quivi cominciano le dolenti note e farsi risentire”. Nel Governo più forti le divisioni fra i partiti della maggioranza. Meloni sempre coerentemente attestata su europeismo, atlantismo, rapporti di amicizia e solidale collaborazione con l’America: per l’Ucraina pieno sostengo fino a costringere a una pace giusta l’aggressore Putin. Accanto alla Premier c’è Tajani che vede tutti gli aiuti al Paese aggredito in termini di autodifesa e non di attacco frontale alla Russia. A sua volta c’è Salvini che non fa mistero del suo putinismo pur assecondando, almeno formalmente, le posizioni ufficiali del Governo. Ma quanto può essere sostenibile questo doppio binario? Non è una posizione da politica politicante? Le voci di una possibile crisi non sembrano, da un po’ di tempo, una pura invenzione. Al punto però da costringere Giorgia a dichiarare -fin qui non era mai accaduto- che non ci saranno “né crisi né rimpasto”.
TRASFIGURATO GIACOMO LEOPARDI. La fiction Rai di Sergio Rubini ha avuto un notevole indice di ascolto, ma anche molte critiche. L’intenzione era quella di un ritratto leopardiano “brillante, variegato, trasgressivo e pieno di fascino”. Ma l’operazione non appare riuscita. Si è incominciato col sottolineare la qualità dell’ascolto: parole troppo spesso bisbigliate con la musica che le sovrastava. Il peggio è che la fiction per diversi aspetti è apparsa confezionata solo per il mercato di consumo. Personaggio, identità e pensiero del “poeta dell’infinito” soltanto malamente intravisti. Una trama e una storia d’amore incompiuta da Grand Hotel, il “settimanale rosa” nato nel 1946 soprattutto per la gioia del pubblico femminile. Senza sconti la critica di Aldo Grasso sul Corriere della Sera: una fiction caricatura, un bignamino, una parodia involontaria che non ha il coraggio nemmeno di essere tale. Senza remore di alcun tipo Marcello Veneziani: Leopardi non ha senso se gli togli la gobba, i dolori e le fatiche fisiche. Di più alto livello invece, per forma e contenuto, ”Il giovane favoloso”, film del 2014 di Mario Martone molto apprezzato. Un titolo tratto da un racconto di Anna Maria Ortese che compì un pellegrinaggio alla tomba di Leopardi nel parco virgiliano di Piedigrotta.