La tendenza tutta italiana ad impostare titoli ed articoli in maniera univocamente accusatoria, nell’ambito della cronaca giudiziaria era nota. Ma le proporzioni, sono davvero allarmanti. Per fortuna c’è chi si è occupato della vicenda, facendo valutazioni, analizzando e riportando in maniera dettagliata queste osservazioni. Stiamo parlando dell’Osservatorio sull’informazione giudiziaria italiana dell’Unione delle Camere penali, che ha elaborato un testo che smaschera, sulla base di criteri oggettivi, gli errori che le testate giornalistiche compiono nel narrare gli svolgimenti dei processi penali. Ne ha parlato a Ferrara, pochi giorni fa, l’avvocato Renato Borzone, responsabile dell’osservatorio, assieme alla collega del foro ferrarese Irene Costantino. I due legali, hanno ripercorso i sei lunghi mesi di lavoro che hanno portato poi all’elaborazione del “Libro Bianco sull’informazione giudiziaria”. Durante questo lasso di tempo, ad ogni avvocato era affidata l’analisi di tutti gli articoli di cronaca giudiziaria presenti sulla carta stampata. Ciò che emerge, è a dir poco sconcertante, e in un certo senso conferma la tesi di Renato Borzone: “si sta creando una sorta di collegamento organico tra magistratura inquirente e alcuni giornalisti”. Purtroppo, la tesi del legale è quantomai veritiera e lo dimostrano le titolazioni e i contenuti dei pezzi sulla carta stampata, oltre al fatto che le fonti alle quali i giornalisti attingono, provengono nella quasi totalità, dalle procure,non tenendo conto delle tesi della difesa. “Preso Killer”, “Catturato l’assassino” e chi più ne ha più ne metta. Il vizio formale e sostanziale di questi titoli, va a ledere per altro un principio sacrosanto: la presunzione di innocenza. In particolare, questo tipo di giornalismo, calpesta un dettato costituzionale, sancito dal comma 2 dell’art. 27 della Carta, che recita «l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva». Dunque l’opinione pubblica, è costretta, e talvolta è desiderosa, purtroppo, di leggere dei giornali che non solo non rispettano la Costituzione, ma violano i diritti e soprattutto la dignità della persona chiamata in giudizio, la quale magari poi verrà assolta. Insomma prima della fine dell’iter processuale, si assiste a processi sommari sulla carta stampata. “Un aspetto molto grave- conclude Borzone- è che in Italia si attribuisce un falso ruolo al processo penale. Sarebbe opportuno capire che, il processo, non è un ordigno fatto per emettere sentenze di condanna. Emerge invece, che quando i magistrati emettono una sentenza di condanna, la stampa sia in un certo senso delusa”. Come già anticipato, molti giornali ritengono la condanna, l’esito naturale del processo. Una triste e amara realtà, epilogo di un giornalismo asservito al potere. Per fortuna non tutto”.