Ho impressione che, per quanto riguarda la guerra in Ucraina si stia creando una cesura tra le autorità di governo e le popolazioni.
Di questa cesura nessuno si interessa, perché si dà per scontato che quanto i Capi di Stato e di Governo decidono, risponda ai desideri dei loro governati, disposti all’estremo sacrificio pur di salvaguardare i principi sacri e inviolabili in cui credono.
Al momento, il settore più colpito dalle decisioni prese è quello economico-industriale ma i loro rappresentanti sembrano allineati seppur con diverse sensibilità. Negli Stati Uniti, per esempio, quel settore ha lavorato incontro alle decisioni del presidente Biden salvo, quando si è presentata occasione, trovare modo di consentire alla Russia di pagare il debito nazionale.
In Europa lo spartito suona musiche diverse, ferma restando la condanna unanime dell’invasione e della necessità di impugnare le armi economiche messe a disposizione da Capitalismo Globale e Mercato Unico. Anche Sulla fornitura di armi all’Ucraina, l’Europa è riuscita a mantenere l’unità nonostante diversi mugugni. Sull’interruzione dell’approvvigionamento energetico dalla Russia si allunga l’ombra della divisione.
La critica che, acquistando gas russo si finanzia Putin, ha convinto soprattutto qualche ministro del governo italiano, il quale, lanciando il cuore oltre l’ostacolo, è convinto che il nostro sistema economico possa permettersi, senza esitazione, azzardi che paesi più strutturati e produttivi affrontano con prudenza.
Il Presidente polacco ha invece rilanciato offrendo agli USA di installare missili nucleari ai confini con la Russia, alimentando il fuoco on la benzina. La sua dichiarazione, sommata alle continue richieste di intervento militare NATO da parte del Presidente ucraino, rischia di alimentare divisioni; più dell’elezione, in Ungheria e in Serbia, di due Presidenti i quali è presumibile porranno il veto all’embargo del gas russo, costruendo il paravento dietro cui svariati paesi europei si accomoderanno.
Molte immagini che vengono dall’Ucraina necessitano di smentite convincenti da parte russa e peseranno a favore di nuove sanzioni, ciò nondimeno si colgono distinguo tra i Paesi europei anche se Germania, Francia e Italia sembrano ancora allineate.
La verità è che ci sono Paesi nel Mondo, non solo in Europa, che hanno più da perdere di altri, alcuni che non hanno nulla da perdere, infine pochissimi che hanno da guadagnare dalle sanzioni economiche contro la Russia; così come da quelle tuttora in vigore contro la Cina.
Ed è anche vero che i sacrifici, graveranno in modo asimmetrico con effetti dirompenti la solidarietà sociale anche all’interno dei singoli Paesi.
Ad un estremo ci sono gli Stati del continente americano e diversi del Medio ed Estremo Oriente dall’altro gli Stati Europei, alcuni dei quali rischiano danni economicamente molto pesanti. In Italia ad esempio, la situazione potrebbe farsi pesante per cui l’uscita di Draghi sull’alternativa pace-condizionatori rischia di alimentare i gossip sul suo desiderio di essere il prossimo Segretario Generale della NATO.
L’invasione militare russa è inaccettabile e solo la distanza temporale dirà quanto politicamente illegittima. Certamente è cruenta e Putin “deve convincersi” a cessare le ostilità, visto che non lo si può “costringere” senza avviare una guerra dagli sviluppi pericolosissimi.
Questa riflessione può non far presa sul Presidente dell’Ucraina ma dovrebbe su UE e Stati Uniti.
Infine, la prima guerra del XXI secolo non si sta combattendo solo con i missili ma anche con le parole, le quali rischiano di fare più danni delle armi.
Le accuse strillate oggi, ispessiranno i rapporti internazionali per anni perché, radicandosi nel senso comune collettivo dei Popoli coinvolti, innerveranno, di sfiducia e desiderio di rivalsa, due generazioni sociali. Il rischio è un dopoguerra peggiore di quello vissuto nella seconda metà del 20º secolo.
Per evitare questo rischio saranno decisivi i Media.
Il loro lavoro è difficile perché devono conciliare il dovere di riportare ogni notizia ed evento dai più manipolatori e manipolabili ai più brutali e verificabili, con la spessa coltre di nebbia che grava su questa guerra.
La Russia si difende dalle accuse di crimini e genocidi in modo troppo formale per non suscitare sospetti ma proprio per questo i Capi di Stato, di Governo e i Presidenti degli Organismi Internazionali dovrebbero essere misurati perché, prima o poi (speriamo prima) la guerra finirà e, cessato il rumore delle armi, continueranno a rimbombare gli echi delle loro dichiarazioni. Se difatti l’obiettivo immediato è la fine degli scontri armati quello del futuro prossimo è impedire una nuova guerra fredda.
Nessuno si può permettere nemmeno un anno di un simile stato delle relazioni internazionali, si rischia l’implosione di Globalizzazione e Mercato Unico, il ritorno ai mercati continentali e nazionali e la resurrezione dei nazionalismi.
Le diverse sensibilità culturali ed esigenze quotidiane di Popoli diversi, quanto quelli che compongono l’Unione Europea, non riusciranno a mantenere l’idem sentire se le differenze economiche tra Paesi che la compongono si acuiranno in basso.
L’Unione Europea ha perso l’occasione di imporsi come arbitro della contesa russo-ucraina, ai tempi della annessione militare della Crimea, quando si appagò di diventare la principale partner commerciale delle Russia. Allora sbagliò per difetto, ora sta sbagliando per eccesso.
Di fronte all’invasione dell’Ucraina l’UE si è fatta prendere dall’emotività e, come una moglie tradita, ha dimenticato che nessun’altra Istituzione, Paese o Organismo era più legittimata a risolvere la diatriba tra due Paesi europei non membri dell’Unione.
Le Presidenze di Commissione e Parlamento dell’UE sono state improvvide, un approccio cauto non avrebbe difatti impedito di adottare sanzioni sempre più dure ma il modo con cui si sono precipitate a brandirle ha cancellato la possibilità di un intervento che potesse apparire super partes agli occhi dei governanti russi.
Non può difatti essere escluso che i duri del Cremlino avrebbero potuti essere zittiti, una volta rassicurati rispetto ai troppi flirt del Presidente Ucraino con la Nato. Tolto quell’alibi avremmo quantomeno capito se era effettivamente Putin, il primo falco dell’establishment russo.