Grillo contro Conte su linea e regole, ma forse non ha truppe

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Roma, 19 giu. (askanews) – “Ma vedrai che Grillo si farà risentire magari fra un anno, dopo queste battute fatte in teatro su Conte…”: mai profezia fu meno azzeccata di questa. A pronunciarla un “grillino” di antica fede, intercettato ieri in piazza santi Apostoli a Roma (luogo storico per l’Ulivo di Romano Prodi) nella manifestazione che più di ogni altra ha simbolicamente suggellato il legame fra il Movimento 5 stelle e un centrosinistra che con il risultato delle europee è tornato, per la forza dei numeri, a guida Pd.

Invece Beppe Grillo, pur confinato da anni, peraltro per sua stessa volontà, nel ruolo poco più che cerimoniale di “garante” del M5S, mette i piedi nel piatto e fa sapere di avere tutta l’intenzione di svolgere un ruolo nella gestione della crisi apertasi dopo il deludente risultato delle elezioni europee: 9,99 per cento e meno di due milioni e mezzo di voti per una forza politica che era arrivata a sfiorare gli 11 milioni di consensi. Era il 2018, sembra un secolo fa.

Il fondatore del Movimento sceglie l’antico sistema: un post sul suo blog, per dire la sua sulla discussione aperta dal presidente M5S Giuseppe Conte riunendo sia il Consiglio nazionale che (per due volte in tre giorni) l’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari. La forma scelta da Grillo è una surreale auto-intervista che da un lato supera la canzonatura personale di Conte, accusato qualche giorno fa di aver preso meno voti lui da vivo che Berlusconi da morto, dall’altro però avanza una brusca e radicale richiesta di correzione della linea politica e fa segnare un secco altolà alle ipotesi di cambiamenti delle regole interne sulle candidature. “Dobbiamo tornare a proporre idee radicali e visionarie, smarcandoci da una collocazione che è vecchia e superata da decenni. Parlare di sinistra e destra è come parlare di ghibellini e guelfi”, è la scomunica che il fondatore del Movimento indirizza al “campo largo” perseguito, sia pure un po’ a singhiozzo negli ultimi mesi, da Conte e dalla leader del Pd Elly Schlein. L’affondo più pesante è quello a difesa della regola che impedisce a qualunque esponente dei 5 stelle di andare oltre i due mandati elettivi. La richiesta di modificarla è stata fra le proposte più gettonate nelle assemblee dei parlamentari stellati, ma Grillo la liquida in modo sprezzante: “L’istinto di sopravvivenza proviene dalla nostra natura animale, ed è insopprimibile. Ma lo scopo di ogni regola, in fondo, è di arginare i nostri istinti animali nell’interesse comune. Il limite alla durata dei mandati è non solo un principio fondativo del Movimento, ma è anche un presidio di democrazia fin dai tempi dell’antica Atene”.

“Beppe ha ribadito il codice genetico del M5S. E il codice genetico non può mutare, perché morirebbe il ‘corpo politico’ che lo contiene”, è il commento molto positivo di Danilo Toninelli, ex ministro, oggi componente dei probiviri M5S, evidentemente convinto che la presenza di Grillo e il richiamo all’identità originaria possano aiutare l’organizzazione a ritrovare la bussola. Conte invece rimane silente, Campo Marzio non reagisce neppure con il classico “a quanto si apprende” e non enfatizza l’episodio. Resta quindi valida, per ora, la contro-battuta dell’ex premier che a Grillo aveva replicato in questi giorni ricordandogli le sue responsabilità per l’entusiastico endorsement a favore di Mario Draghi.

Gli umori maggioritari nei gruppi parlamentari e negli esponenti più in vista del Movimento non sono entusiasti della sortita del comico genovese. Una presa di posizione che un parlamentare di lungo corso definisce “molto interventista, pare che voglia dire ‘questa è casa mia e qui comando io’, solo che non è più come una volta che bastava un post…”. E a Montecitorio c’è chi fa notare che Grillo fa sponda alla recente intervista al Corsera dell’ex sindaca di Roma Virginia Raggi, che non era stata molto ben accolta sui social dalla comunità stellata. Malumori vistosi, che del resto si registrano anche sui canali social di Grillo dopo la pubblicazione dell’auto-intervista. Anche scavando fra qualche sostenitore del Movimento della prima ora, in ogni caso, lo scetticismo la fa da padrone: “Beppe non potrà cambiare nulla, passata la buriana – prevede un ex fedelissimo – si andrà avanti senza scossoni, ormai il Movimento è in mano a gente che non sa nemmeno cos’è, per convenienza o per ignoranza resteranno incollati a Conte”. Lettura che fa eco, in qualche modo a quella di Luigi Di Maio, l’ex di maggior peso, tornato in tv a occuparsi di 5 stelle dopo un lungo silenzio: “Non credo allo storytelling che cambino le leadership. Quello è un partito a immagine e somiglianza del leader e Grillo ha tantissime ragioni per continuare a sostenerlo, le ragioni sono così tante che non riesco a elencarle”, commenta ospite di La7.

In chiaro, da leggere la dura la reazione di Alessandra Todde, presidente della Regione Sardegna, recente protagonista di uno dei rari successi elettorali a 5 stelle: “Il Movimento 5 stelle non è padronale”, avverte, ma “una comunità di persone, una classe dirigente che deciderà liberamente cosa fare del proprio futuro. Adesso qualcuno, in maniera estemporanea, propone ricette, ma sono gli stessi personaggi che non ho visto in campagna elettorale e forse non sono neanche andate a votare. Francamente per me il confronto politico è una cosa diversa”, ha aggiunto, con un riferimento che potrebbe valere non solo per grillo ma anche per l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi, tornata anche lei a far sentire la sua voce critica. Più diplomatico ma altrettanto netto il presidente dei senatori del M5S, Stefano Patuanelli: “L’ancoraggio nel campo progressista – commenta al telefono – è nel nostro statuto, non è pensabile disarcionarlo da quello, altrimenti si cambiano lo statuto e la carta dei principi e dei valori che questo dicono. Punto. Quindi la discussione va fatta nei luoghi giusti, nel rispetto di Beppe, che non è certamente uno qualsiasi di noi, ma anche di tutta la comunità del Movimento 5 stelle”.

“Mi piacerebbe riprendere a fare gli stessi incontri che facevamo con Casaleggio. Quindi non solo con Conte, ma anche chi vuole darci una mano a tracciare la rotta dei prossimi anni”, avverte Grillo, che promette quindi di farsi sentire – e vedere – come ai vecchi tempi. Un tempo c’era chi si interrogava su quante divisioni avesse il Papa, oggi nel M5S ci si interroga su quante truppe possa schierare il fondatore in vista di quella assemblea costituente annunciata da Conte come percorso per uscire dalle secche della crisi di consensi. E c’è chi giura che sono poche, troppo poche per cambiare il corso degli eventi.