Green Blue Days, de Gennaro: Vera sfida è salute globale, in un’ottica One Health

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di Giuseppe Delle Cave

Sarà uno dei protagonisti della seconda giornata dei Green Blue Days di Napoli, con le sue conoscenze di docente di chimica da un lato e di promotore dei processi di costruzione d’impresa dall’altro. Presidente del Centro d’Eccellenza per l’Innovazione e la Creatività Università degli Studi di Bari Aldo Moro e coordinatore del BALAB,  referente dell’Industrial Liaison Office e componente della Commissione VIA-VAS del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gianluigi de Gennaro affronterà molti temi nel Circle time in Agorà delle 11:30 su medicina digitale e sostenibilità.

Professor De Gennaro, ai Green Blue Days 2023 porterà l’esperienza del BaLab, il contamination lab che coordina in Puglia e che è chiamato a lavorare sull’idee imprenditoriali innovative. Soprattutto su quelle dei giovani. A che punto è la costruzione d’impresa al Sud? Le nuove generazioni come guardano all’intrapresa tra cambiamento climatico, intelligenza artificiale e crisi del mercato del lavoro?C’è grande fermento. Anche se i nostri territori sono tradizionalmente refrattari, per una atavica carenza di cultura d’impresa, le ultime generazioni utilizzano questa forma d’impegno per perseguire le loro aspirazioni, per migliorare le condizioni del pianeta e delle comunità realizzando i loro sogni. Tutto molto affascinante. Non solo per loro anche per noi che proviamo a presentare loro dei modelli virtuosi e verifichiamo puntualmente che lo loro già li incarnano.

Dal punto di vista invece disciplinare, lei terrà un talk su medicina digitale e sostenibilità… E’ ora di andare oltre la visione antropocentrica anche in Italia?Sì assolutamente, ancor di più se antropocentrica significa ad uso e consumo dell’uomo. Il paradigma di riferimento ormai è quello della salute globale, della One Health: la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema sono legate indissolubilmente. Ogni azione deve essere valutata con questa regola verificando che non determini un impatto negativo in futuro a carico delle prossime generazioni. In Italia si fa più fatica…ma ormai il processo è irreversibile. Perché è l’unica opzione possibile per il Pianeta.

Il medico sarà sempre responsabile delle decisioni, non c’è il rischio di una delega in bianco all’AI?
No. L’AI non mi spaventa meno di altri strumenti al servizio della sanità. Anche l’uso della robotica o di altri strumenti tecnologici ha subito la stessa diffidenza, determinata da un’umana inerzia al cambiamento. Tutti gli strumenti possono diventare pericolosi se li maneggia chi non li conosce e/o non è capace di dominarli. Dovremmo lavorare per costruire medici competenti e responsabili e non operatori sanitari, che chiedono protocolli terapeutici per deresponsabilizzarsi e rinunciare a studiare i casi, o che rinunciano e diffidano della tecnologia per mantenere spazi di potere che non richiede ulteriore impegno.

Il tema dell’acqua, tornato d’attualità con il climate change, è al centro di questa edizione dei Green Blue Days, ma non è l’unica emergenza con cui dovremo fare i conti, vero?
Sì, ci sono i cambiamenti climatici, la qualità dell’aria che respiriamo, i virus sempre più aggressivi…e tanto altro. Ma la chiave di lettura ancora una volta è ecosistemica. Il sistema terra consuma risorse e produce rifiuti e inquinamento in modo non sostenibile. Questo muta gli equilibri e sposta il pianeta in uno stato di pericolo, in uno stato molto differente da quello degli ultimi centomila anni.E questo mette in crisi la vita sul pianeta perché determina nuove condizioni. Condizioni in cui la vita forse non si è mai trovata prima. Se continuiamo, condizioni in cui la vita come la conosciamo non è possibile.

Pnrr, c’è il rischio che l’attuazione del Piano si tramuti in una corsa alla rendicontazione tout court per drenare risorse? E’ possibile che le uniche idee cantierabili siano quelle già vecchie?
Sì, c’è questo rischio. Non solo vecchie, ma anche inutili perché rispondono ad una necessità di spesa, ma non ad un bisogno reale delle comunità. Se pensiamo che chiediamo in prestito soldi per certi investimenti… Dovremmo ragionare questi progetti chiedendoci se determineranno davvero un impatto durevole. Percettibile da chi dovrà rimborsare il prestito (le prossime generazioni).

Come invertire questa tendenza? Su cosa puntare nel medio-lungo periodo per favorire la crescita organica dei territori?
La soluzione è quella di sempre. Cultura e formazione delle comunità. Coinvolgimento e responsabilità condivisa. Se coltiviamo questi valori, le prossime generazioni sapranno praticarli.

Il Pnrr doveva servire anche per ridurre il divario Nord-Sud, è un traguardo ancora raggiungibile?
Il gap si sta progressivamente riducendo perché alcune infrastrutture non sono più così determinanti per lo sviluppo, ma non grazie ad un PNRR che si basa sulla necessità della spesa.

Se dovesse riscrivere l’Agenda 2030, cosa toglierebbe e cosa lascerebbe tra gli obiettivi presenti ora?
Non cambierei niente. Magari riuscissimo a raggiungere la metà di quegli obiettivi. Non abbiamo molto tempo a disposizione. Stiamo cambiando il pianeta irreversibilmente. Utilizziamo meno tempo a scrivere, o a riscrivere, e più tempo a realizzare pratiche sostenibili. Sappiamo bene cosa occorre fare. Abbandoniamo gli egoismi e prendiamoci più cura della Casa Comune.