Governo: estate ribollente. Autunno con nuovi “fuochi”

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Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 3 settembre all’interno della rubrica Spigolature

di Ermanno Corsi

“Eccomi qua, sono ricomparsa, richiamate tutte le unità, sono a Palazzo Chigi”. Le cronache raccontano benevolmente Giorgia Meloni che rientra a Roma dopo la pausa estiva. Ci sembra di averla davanti agli occhi: “Tutta di giallo vestita, l’ufficio affollato di buoni propositi, lo sfondo del tricolore e della bandiera Ue, il volto riposato negli anfratti delle masserie pugliesi”. Da questo momento -scansati fortunosamente i tormentanti bollori di luglio e agosto, clima in apparenza un pò più accettabile e sopportabile sia di giorno che di notte -strada per il Governo tutta in discesa? Non sembra proprio.

SI RICOMINCIA SEMPRE DA TRE. Così diceva Massimo Troisi. I tre sono il vertice del Governo. Ognuno con un bel po’ di preoccupazioni. La Meloni deve vedersela con il nuovo assetto della Commissione europea (ma Bruno Vespa garantisce che “non si è mai interrotto il dialogo con Ursula”). Irrinunciabile per lei il collocamento di Raffaele Fitto alla vicepresidenza e ministro-commissario per il Pnrr e i temi che più gli si addicono. Eppure anche per lei occorre fare buon viso a “cattivo gioco”: quando spìano nella vita privata sua e della sorella Arianna; ogni volta che va in scena una stanca ripetizione dei “vizi privati e pubbliche virtù”; oppure quando viene lanciato l’allarme (preventivo avvertimento a chi?) per una trama ordita da politici antagonisti (che pur di vedere la premier in caduta libera darebbero l’anima al diavolo) con la complicità di settori della “magistratura deviata” tipo Palamara. Acque agitate anche per i due vicepremier. Salvini se la prende con la consueta rozzezza con Papa, Cardinali e Vescovi: ”Se respingere i migranti è peccato grave, come dite, perché non ve li accogliete voi in Vaticano?”. Il leader leghista ne ha anche per Tajani: ”Ha messo sul tavolo progetti che con l’attualità e il programma non centrano”. E il leader di Forza Italia? Deve vedersela col Partito popolare europeo, di cui non è figura secondaria, molto deciso a consentire a Kiev l’uso delle armi anche in territorio putiniano, mentre lui continua a dire di no “perché non siamo in guerra con la Russia”. Per questo le armi inviate debbono servire agli ucraini solo per difendersi e non per attaccare gli invasori. Posizione che può apparire anche una “farisaica neutralità”.

SALVINI A DUE FACCE. Un esercizio di smaccato e vergognoso opportunismo. In sede di vertice, il “Capitano” condivide la posizione del Governo e, sia pure a denti stretti, non si oppone ad aiutare Kiev. Subito dopo, però un comunicato leghista afferma la contrarietà a ogni ipotesi di interventi militari fuori dai confini ucraini. Come dire: Putin ha licenza di bombardare e massacrare dovunque, come vuole giorno e notte: Zelensky se ci riesce può solo cercare di difendersi senza nemmeno sfiorare il suolo della Russia. Di fatto, la politica estera sta diventando il terreno minato per il Governo. Il putinismo sfacciato di Salvini appiattito sull’estremismo sovranista di Orban, è in prospettiva peraltro ravvicinata una bomba sotto i piedi di Giorgia Meloni. Una domanda-riflessione che corre a Montecitorio e a Palazzo Madama: ma vuoi vedere che per salvare questo Governo occorre “sbatter fuori” Salvini?

UCRAINA E SALVATORE QUASIMODO. L’ingresso nel mese di settembre ci lascia alle spalle i tanti eventi dell’agosto 2024. Una data di questo mese non si può dimenticare: il giorno 24 ha consentito di celebrare l’uscita dell’Ucraina, nel 1991, dal blocco sovietico con la conquista dell’indipendenza e la formazione di uno Stato sovrano. 33 anni dopo uguale, nuova esigenza: liberarsi della Russia che, con lo zarista Putin, l’ha invasa il 20 febbraio 2022. Nei cortei di Roma e Napoli, nuova ansia di libertà e viva inquietudine per la permanente presenza di un invasore. Non si può non ricordare la rievocatrice poesia di Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la Letteratura, che nel 1946 descrisse così l’occupazione nazista di Milano. ”E come potevamo noi cantare/con il piede straniero sopra il cuore/fra i morti abbandonati nelle piazze/sull’erba dura di ghiaccio, al lamento/d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero/della madre che andava incontro al figlio/crocifisso sul palo del telegrafo?/Alle fronde dei salici, per voto,/anche le nostre cetre erano appese/oscillavano lievi al triste vento”/. Ieri il folle nazista Hitler, oggi il criminale massacratore Putin. Ma la voglia di libertà resta sempre forte e trascinante.