“Gli Etruschi e il Mann”, l’aquila divina dei Rasenna vola sull’Archeologico di Napoli

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di Fiorella Franchini
Lo storico greco Polibio affermava che “chi vuol conoscere la storia della potenza degli Etruschi non deve riferirsi al territorio che essi possiedono al presente, ma alle pianure” da loro controllate. Infatti, quella che chiamiamo Etruria non comprende solo quella regione d’Italia compresa tra l’Arno e il Tevere, ma scende molto più a sud, includendo centri campani come Capua, nel salernitano, Nocera, Pontecagnano, Fratte, Nola, Acerra e, forse Suessola, Ercolano, Pompei, Sorrento, fino a Sala Consilina nel Vallo di Diano. Strabone ricorda come i Tyrsenoi o Rasenna vi avessero fondato ben dodici città, replicando il modello della dodecapoli già conosciuto nei territori centrali e settentrionali. Una storia che la mostra “Gli Etruschi e il Mann”, visitabile fino al 31 maggio 2021, si propone di raccontare attraverso oltre seicento reperti di cui almeno duecento, esposti per la prima volta dopo un’attenta campagna di studio, documentazione e restauro, che nasce anche dalla collaborazione stabilita con il Parco Archeologico di Pompei, dove è stata ospitata la tappa iniziale del percorso con la mostra “Pompei e gli Etruschi”. L’allestimento, firmato dall’architetto Andrea Mandara, si apre con una grande carta geografica. Un’aquila, per gli Etruschi segno divino della potenza trionfale e simbolo della gloria regale, vola sull’antico territorio campano costituito da pianure, da montagne e da fiumi che s’incastonano in ampie valli. Nelle sale, reperti straordinari che provengono dai ricchi depositi dell’Archeologico, dai musei di Santa Maria Capua Vetere, dell’Agro Atellano, dell’antica Capua, dal Museo Etrusco di Villa Giulia, e rappresentano un affresco composito del mondo etrusco e italico. Il percorso si articola in due nuclei tematici principali. Il primo è dedicato all’approfondimento della documentazione sulla presenza degli Etruschi nella regione, dagli albori del I millennio a.C. alla fase dell’affermazione del popolo dei Campani, con le sconfitte subite presso Cuma tra VI e V secolo a.C., che incrineranno progressivamente la potenza etrusca nella Penisola e nel Mediterraneo. Alcuni centri della Campania come Capua, Sala Consilina e Pontecagnano, hanno restituito importanti testimonianze che riflettono la permeabilità culturale delle genti che popolarono la regione, sin dalla prima età del Ferro, stabilendo contatti con i territori dell’Etruria settentrionale. Nel raffinato allestimento sfilano ceramiche, armi, rasoi, oggetti di ornamento in ambra del Baltico il cui commercio era, sin da epoca remotissima, monopolizzato dagli Etruschi. Tra VIII e VII sec. a.C., si diffonde, nella vita quotidiana così come nella sua proiezione funeraria, un intenso fenomeno culturale oggi definito “orientalizzante”. Gli insediamenti dei Greci, da Pithecusa (Ischia) a Cuma, favoriscono l’adozione di nuovi modelli artistici e comportamentali, ispirati alle mode delle aristocrazie orientali e ai miti eroici propri dell’epica omerica. In mostra la splendida testimonianza della Tomba 104 Artiaco di Cuma della fine VIII sec. a. C., scoperta nel 1902 da Gaetano Maglione e Giuseppe Pellegrini, in cui, grazie ai doni aristocratici, il rituale greco è arricchito da raffinati manufatti di fattura etrusca. La seconda sezione valorizza i materiali etrusco-italici, provenienti da aree esterne alla Campania, acquisiti sul mercato collezionistico dal Museo di Napoli in varie fasi della sua storia. Accanto ai capolavori in mostra, volumi, plastici e documenti d’epoca illustrano al visitatore l’evoluzione del pensiero scientifico in campo archeologico, dal Settecento sino alla fine del Novecento, ricordano i protagonisti dell’archeologia campana e, in particolare, quelli che hanno contribuito alla riscoperta del suo passato legato al popolo dei Rasenna. Un patrimonio segreto che nasconde mille sorprese e soprattutto, ha sottolineato il direttore del MANN Paolo Giulierini, testimonia l’esistenza di “una Campania centrale nel Mediterraneo e da sempre coacervo di popoli: Greci, Etruschi e Italici, a conferma che la ricchezza della cultura del Meridione sta nella diversità e nella contaminazione”. Un viaggio affascinante che permette di riscoprire un’identità comune da nord a sud, una fitta rete di contatti e di scambi commerciali e culturali. Emblematico, in tal senso, il “tetto campano”, un ampio sistema di copertura dei templi diffuso, tra VI e V sec. a.C., a Cuma e Capua e caratterizzato da ricchi rivestimenti di terrecotte policrome. Alcuni di questi materiali appartenenti alle collezioni del MANN, sono stati esposti al Museo Civico Archeologico di Bologna in occasione del progetto espositivo “Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna”. Significativa anche la selezione di vasi legati a Eracle e al mito della “gigantomachia”. La lotta tra gli Dei dell’Olimpo e i Giganti, intorno al VI secolo a.C., venne localizzata nella pianura flegrea e, secondo alcuni studiosi, questo motivo iconografico è stato rimaneggiato per alludere alla contesa tra Greci ed Etruschi (assimilati ideologicamente ai Giganti), conclusasi con la sconfitta di questi ultimi e l’affermazione dell’ellenica Cuma. Nel patrimonio genetico degli italiani, nelle tradizioni, nella lingua e nel pensiero, dalle verdi pianure del nord alle fertili piane meridionali, non è difficile ritrovare i segni di questa cultura raffinata e moderna. Ogni reperto ci racconta di una civiltà avanzata, soprattutto dal punto di vista sociale, rispettosa del ruolo femminile, profondamente spirituale eppure amante del bel vivere, del buon cibo e dell’arte, aperta alle altre culture. Impossibile non restare affascinati dagli ori, finemente cesellati del corredo della tomba Bernardini da Palestrina, o dai capolavori mai esposti, balsamari di argilla a forma di cerbiatto, il pendaglio pettorale in bronzo, un magnifico anello d’oro e corniola a forma di scarabeo o il carrellino di bronzo, forse un profumiere rituale. C’è tutto il mistero e la suggestione di un passato remoto e intimo da riscoprire e far proprio, anche attraverso due interessanti pubblicazioni edite da Electa, il catalogo della mostra e i “Quaderni del MANN” dal titolo “Gli Etruschi in Campania. Storia di una (ri)scoperta dal XVI al XIX secolo”, entrambi curati da Valentino Nizzo, Direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Gli Etruschi ci aspettano al Museo Archeologico di Napoli ed è un appuntamento con la storia, con la nostra eredità culturale a cui non possiamo mancare.