Gli anziani nel post-Covid. L’allungamento della vita? E’ una buona e una cattiva notizia

di Claudio Quintano* e Amleto Vingiani**

In epoca romana le persone vivevano al massimo 30-35 anni, poi nei paesi sviluppati l’aspettativa di vita è aumentata dai circa 47 anni nel 1900 agli 80 anni di oggi, grazie ai progressi medici e nutrizionali. Vi è stato un aumento medio di 2,5 anni di aspettativa di vita per decennio da fine ‘800. La prestigiosa rivista Pnas ha recentemente affermato che “se l’attuale ritmo di progresso continua, la maggior parte dei bambini nati in questo millennio festeggerà il suo centesimo compleanno”. Difficile che qualcosa possa modificare il trend. Un evento catastrofico come la recente pandemia da Covid-19 ha certamente reso ancora più vulnerabili gli anziani e, dati Istat alla mano, in Italia ha annullato i guadagni di vita maturati nell’ultimo decennio, al Nord più che al Sud. Ma il trend statistico è solo intaccato e riprende a salire.
Il tragico salire alla ribalta pandemica dei nostri anziani anche se non inciderà molto sulla nostra demografia è una grande occasione per una riflessione sulla popolazione che invecchia. La ridistribuzione demografica è senza precedenti ed entro il 2050 la proporzione di anziani tenderà a raddoppiare, passando dall’11% al 22% della popolazione totale. Nei Paesi industrializzati, inoltre, il numero assoluto degli ultraottantenni entro il 2050 risulterà quadruplicato rispetto ad oggi. E’ una buona e cattiva notizia. Nel ricco Occidente si è verificata una transizione epidemiologica per cui non più malattie infettive e carenziali ma le patologie correlate all’età: cardio e cerebrovascolari, tra cui la demenza a far da padrona, e le neoplasie. Il progresso tecnologico salva e danna nello stesso tempo le nazioni occidentali. Il crescente numero di soggetti con disabilità da malattia cronica causa il cosiddetto longevity shock, già sottolineato dal Fondo Monetario Internazionale nel 2012: la crescita esponenziale della spesa per gli anziani disabili. La auspicata rete integrata dei servizi per coordinare gli interventi destinati agli anziani ottimizzando il rapporto costi/benefici non gira ancora. Il progetto “Ulisse – Osservatorio per la qualità dell’assistenza dell’anziano fragile” ci mostra quanto si sia ancora lontani dall’auspicato: i servizi sanitari per l’anziano sono ancora inadeguati alle caratteristiche dei soggetti fruenti, di età superiore agli 80 anni, alta prevalenza di multimorbidità, alti livelli di disabilità, una percentuale del 70% di decadimento cognitivo. Il cammino verso la non sostenibilità sarà lento e progressivo. Ma ciò non deve farci rimandare i dibattiti importanti perché è ora il momento per i governi di pianificare un mondo in cui l’aumento della popolazione metterà a dura prova l’ambiente e i programmi sociali. La lezione del clima non è bastata?
La Tecnica che ha allungato la durata delle vite ha potuto ben poco sulla loro qualità, nulla sulla loro valorizzazione sociale. Infatti essa prolunga di molto esistenze spesso tragicamente decadute e talvolta non più umane ma costosissime per la comunità. Inoltre il progresso tecnico corre rapido come la luce ma è poco fruibile da chi, lento ed inadeguato, si sente sempre più incompetente ed inutile. Informatizzare l’esistenza degli anziani, atto preceduto da alti proclami di progressive sorti, ha spesso significato mortificarli e metterli nelle mani di terzi. Si pianifica benessere ed integrazione o si accudisce e nullifica con agi e sicurezza? Il confort donato lo abbiamo chiamato autonomia ed indipendenza, perché non definirli solitudine e abbandono? Il grande rilievo comunitario degli anziani nell’antichità era legato all’essere depositari di saggezza ma oggi si crede siano altri i depositi di saggezza. Non è così: l’accumulazione dei dati non è conoscenza e la stessa conoscenza non è saggezza. Non c’è vita vissuta negli algoritmi. La saggezza presuppone aver vissuto. Ricordarlo aiuterebbe a riaccendere rilievo sociale e forse una scintilla di amore.

* già rettore dell’Università di Napoli “Parthenope”
* dirigente medico Asl NA3 Sud – responsabile culturale del Circolo Nautico Stabia