Galleria del tempo, l’informazione c’è, l’emozione non è pervenuta…

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Forse ci siamo. Tanto tuonò che piovve. Con la Galleria del Tempo, inaugurata nelle scuderie di Palazzo Reale, parrebbe cominciare davvero l’epoca delle tecniche dell’interpretazione per la gestione degli spazi espositivi. L’aspettativa è altissima. Un iconico Nino Manfredi avrebbe bofonchiato il suo fussecafusselavortabbona, e chi avrebbe mai potuto dargli torto. La comunicazione per questa “introduzione a Napoli” è stata perfetta. Propedeutiche all’esposizione le opere di ristrutturazione delle scuderie per l’adattamento ad una destinazione d’uso museale. Forze spiegate, energie profuse. Finalmente il sospirato risultato: un infopoint a 5 stelle. Ops. Ognuno degli illustri intervistati in proposito ha tenuto a specificare la fortuna per turisti stranieri e cittadini di avere un luogo che permetta loro di avere un infarinatura sulla città, storiaartiusiecostumi, che permetta di capire quale aspetto, opera o particolare si voglia meglio conoscere. Poffarbacco. Timoty JohnBernes-Lee chi era costui. Il   World Wide Web , www, non è solo un esplosione di giubilo ripetuto tre volte. Facciamo un passo indietro lungo 66 anni, e, da quel lontano 1955, giungiamo ai giorni nostri, in cui il web rende possibile ogni possibile forma di documentazione. Il turista contemporaneo, magari poco strutturato in storia dell’urbanistica, sicuramente ottimo e capace fruitore di tutte le applicazioni del web, non ha bisogno di un organizzatissimo infopoint per scegliere cosa approfondire della magia di Napoli, o, per avere precisa cognizione delle sue epoche di trasformazione e della stratificazione urbana. E’ tutto lì, nel piccolo schermo, che, se di un telefono, diventa davvero minuscolo. Pieno però d’informazioni. Quando mette piede in città il turista ha bisogno di servizi che lo conducano dove desidera, perché già sa cosa desidera vedere, visitare, vivere. Autobus efficienti, metro a corse ravvicinate, taxi a basso costo. Dispiace informare che trasmissioni come quella di Alberto Angela hanno più potere sull’immaginario di un potenziale visitatore, dell’allestimento di una mostra di filmini, documenti in bacheca e qualche immagine tridimensionale proiettata. L’informazione precisa e circostanziata, in qualche modo multimediale, si recupera dovunque nel web. Emozione. Autoidentificazione. Sperimentazione attraverso i sensi. Tre punti cardine per la conquista non solo dell’attenzione ma della volontà d’approfondire. Ancora una volta non pervenute. Non serve specificare che il costo sia “solo sei euro”. Ci mancherebbe. Il visitatore è disposto a pagare, anche di più, ma vuole acquistare un esperienza per lui unica. Vuole qualcosa da ricordare, da raccontare agli amici, da portare nel cuore e per questo inestimabile tesoro è disposto a pagare molto di più. Come sempre le vie per l’inferno sono lastricate da buone intenzioni. Lo scopo è perfetto, ma così realizzato sarebbe stato una rivoluzionaria innovazione negli anni ante 2000. Le trovate tecnologiche, peraltro neanche particolarmente spinte, non sono più catalizzatrici d’interesse. Oggi si cercano le emozioni. La sollecitazione al riconoscimento tattile di luoghi e monumenti non è solo un aiuto per gli ipovedenti. Non si tratta solo di abolire qualsiasi differenza tra le capacità fisiche stimolando invece a livello sensoriale la percezione dei luoghi. Signori qui si parla di emozione. Dopo aver tastato una sorta di plastico e con l’aiuto di suoni e vibrazioni aver imparato le caratteristiche di strutture e percorsi, aver gioito nel riconoscerle e percorrerle solo con il tatto, il desiderio di entrarci dentro, di avvicinarle nella loro realtà, diventa forte così come il desiderio di verificare se cio’ che si è percepito a livello tattile sia corrispondente alla realtà fisica. I nostri sensi sono sempre pronti a cogliere suggerimenti emozionali e sono proprio questi che servono a stimolare nei visitatori il gusto di approfondire. E, per dirla col grande cantautore di un tempo, è questa la novità.