È successo come per i fuochi di artificio: a chiusura di una settimana a dir poco scoppiettante…, domenica Mosca ha fatto “brillare” il colpo finale (magari!): l’ annuncio della nazionalizzazione degli stabilimenti Renault. Si tratta, come è facilmente intuibile, di un’operazione di portata rilevante. Ancora una volta è giusto credere che al momento debba essere ancora approfondito l’effetto negativo sull’economia mondiale originato e alimentato dalla anacronistica e insensata invasione russa dell’Ucraina. Certo l’importanza di questi fatti non è superiore alla carneficina che sin dall’inizio della “operazione militare speciale” (sic!) l’Armata Rossa sta compiendo in quel paese e che ha come obiettivo anche la sua popolazione civile. Altrettanto la stessa non è minore, e è bene confermarlo. Di quanto ciò sia vero, sono testimonianze salienti alcuni fatti di questi giorni. Non tralasciando che tutto quanto ruota intorno al comparto energetico, oramai da alcuni mesi a questa parte è di dominio pubblico. Per molti europei solo da poco c’è stata la conferma che l’intera EU e anche l’Inghilterra dipendano in gran parte dal Cremlino per ogni tipo di approvvigionamento energetico. Tra le varie componenti del tesoro contenuto in quella particolare caverna di Ali Babà, quello del romanzo, c’è anche l’energia elettrica. La Finlandia, subito dopo che la premier Marin ha confermato la decisione del governo che presiede di voler aderire alla Nato, ha già ricevuto un primo assaggio delle specialità che può servire Putin: l’interruzione immediata della fornitura di corrente proveniente dalle steppe. La buona gestione della politica di quel settore ha fatto sì che i finlandesi abbiano potuto pensare con serenità: “e con ciò?”, dipendendo la rete del loro paese solo per il 10% da quanto arrivava dalla Russia. L’ Europa, nella sua intera conformazione geofisica, è coinvolta in un conflitto, quindi i suoi governanti sono più consci di quali effetti possa portare con sé una condizione del genere. Altrettanto vale per le aziende del resto del mondo che hanno deciso, tempo addietro, di delocalizzare oltre cortina, in tutto o in parte, le loro attività. Quelle che sono riuscite a raccogliere armi e bagagli, togliendo subito le tende, hanno salvato il salvabile, in perfetta osservanza della normativa internazionale. Un mese fa era toccato alla Fiat di Togliattigrad fermare le linee di produzione, mettere in mobilità i collaboratori e chiudere i cancelli. Non tralasciando di augurare alla proprietà, quindi anche a sé stessa e a chi la aveva fin lì collaborata, di rimettersi al tavolino se e quando sarebbero arrivati tempi migliori. Non così per la Renault che, come accennato all’inizio, si è vista sottrarre la quota patrimoniale di sua proprietà con una estemporanea quanto inappuntabile azione di economia di emergenza, molto praticata in tempo di guerra: la nazionalizzazione dell’ azienda, peraltro al prezzo simbolico di un euro.
Non finirà così quella cavalcata alla Michele Strogoff, tant’è che la Mc Donald, gigante mondiale del fast food seppur basata negli Usa, si è dichiarata disponibile a vendere oltre agli asset sparsi su tutto il territorio di quel paese, anche le licenze di produzione, prima che la situazione peggiori. Il pianto delle economie occidentali malauguratamente non si limita solo a episodi del genere di quelli descritti. Molto più gravi sono quelli che avvengono non stop in tutto l’Occidente a causa dell’inqualificabile comportamento dello zar fai da te con requisiti da caporale della Stasi. Non molto diversamente da quanto facevano gli imperatori romani assistendo agli spettacoli dei gladiatori nel Colosseo, indica ai suoi chi punire e chi graziare, mai premiare. Con queste premesse qualcuno potrebbe chiedersi, sconsolato, quando è previsto l’arrivo dei Cavalieri dell’Apocalisse. Sono presenti, è cosa buona evidenziarlo, accanto alle negatività finora accennate anche vicende di tutt’altro genere, cioè positive e di portata strategica. Per citare solo quella che al momento appare la più significativa, almeno all’ interno della Casa Comune, l’attenzione è stata concentrata dai mezzi dell’informazione sul piano di investimenti delle Ferrovie dello Stato italiane. È stato presentato lunedì all’interno della stazione Termini e vale 190 miliardi di euro. Il termine entro cui dovrà essere realizzato per intero è il 2031. Per il 60% gli investimenti previsti saranno realizzati nel Sud del Paese, il complemento al Centro e al Nord. Oltre la valenza quantitativa, ciò che genera soddisfazione a prima vista è che l’ intero programma faccia riferimento a concetti che è ancora poco definirli basilari per l’avvio di una nuova fase di industrializzazione del Paese. Si tratta soprattutto del rispetto dell’ambiente, del risparmio energetico e dell’ interrelazione con altre realtà produttive. Senza perdere di vista che il risultato dell’intera operazione dovrà interfacciarsi con quanto faranno nel settore dei trasporti le realtà imprenditoriali degli altri condomini della Casa Comune. Sembra un raggio di sole nell’acqua gelida, prendendo in prestito il titolo di un romanzo di Françoise Sagan, quello che sprigiona simbolicamente questa iniziativa. Dovrà alla fine farsene una ragione la controfigura sbiadita e caricaturale di Baffone, che la voglia di fare e progredire è innata nell’animo umano. Campare, non vivere, di posizioni di rendita parassitaria senza nessuna voglia di creare, non sono atteggiamenti propri di una società che voglia definirsi civile e vivere decorosamente. Viene così alla mente che già più volte in passato società che all’apparenza sembravano opulente d’un tratto si ripiegassero su se stesse apparentemente senza ragioni valide. Ciò mentre altre realtà geopolitiche minori superavano fasi critiche uscendone rafforzate. Come spesso accade, la riuscita di buona parte delle azioni umane dipende da chi si cimenta con esse e dalle sue capacità oggettive. Cosa è che un volo verso una preda lo faccia con precisione e eleganza un’aquila, tutt’altra è che ci provi uno sgangherato e maldestro avvoltoio. Il risultato delle due operazioni di caccia non sarà mai nemmeno confrontabile. Contribuisce a far rimanere perplessi che la storia non ha mai evidenziato come funzionante e durevole una costruzione sociale con connotazioni economiche e politiche impostate sullo schema di Mosca. Ancora più triste è constatare che è sempre attuale il concetto che errare è umano, perseverare è diabolico. Non arrendersi nemmeno davanti all’evidenza invece, non è da persone normali.