Francia, Morelle: Marine Le Pen vuole il potere che ha raggiunto Meloni

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Milano, 15 gen. (askanews) – C’è chi traccia un parallelo tra Marine Le Pen e Giorgia Meloni in Francia, per immaginare il futuro della prima, figlia del fondatore del Fronte nazionale, condannato nel 2016 in via definitiva oltralpe per aver definito le camere a gas naziste ‘un dettaglio’ della II guerra mondiale. ‘Io penso di no’, ci risponde in italiano Aquilino Morelle, già consigliere di Francois Hollande, ‘plume’ di Lionel Jospin a Matignon, e soprattutto ancora una volta anticipatore dell’attualità politica francese con il libro ‘La parabole des aveugles: Marine Le Pen aux portes de l’Elysée’ (Grasset, 286 pagine). ‘La sola cosa che accomuna le due – continua in francese – è la volontà di arrivare al potere. Meloni ci è arrivata, Marine Le Pen ci vuole arrivare. Dico ciò perché Marine Le Pen è figlia di suo padre Jean-Marie Le Pen, che non ha mai aspirato a diventare presidente della Repubblica. Non lo ha mai voluto realmente. Ciò che voleva era perturbare il gioco dei partiti tradizionali, svolgere il ruolo di provocatore. Parlare a voce alta, forte, dire le cose che gli altri non volevano sentire, in una maniera che sul piano letterario era anche raffinata trattandosi di un oratore che conosceva bene le regole della retorica classica, e che allo stesso tempo diceva cose talora oltraggiose, di una certa volgarità e talvolta oltrepassando i suoi stessi propositi. Eppure non ha mai voluto essere presidente della Repubblica, mentre Marine Le Pen vuole diventarlo. Questo è il solo punto reale che l’avvicina a Giorgia Meloni’, donna del primato, essendo sinora l’unica nella storia italiana, presidente del Consiglio.

Uscito nel 2023, ‘La parabole des aveugles’ (la parabola dei ciechi) ha per la prima volta parlato chiaro, prima di tutti, sulle possibili future evoluzioni della politica francese: quali erano i pericoli per la presidenza di Emmanuel Macron, ovvero una vittoria della Le Pen nella prossima corsa all’Eliseo nel 2027, sulla quale molti sembravano non vedere. Abituato a parlar chiaro, Morelle, che da consigliere di Hollande ha lavorato fianco a fianco con Macron quando quest’ultimo era ministro dell’Economia, in un’intervista ad askanews spiega: Macron ‘ha finito per capire che se non voleva passare alla storia della Francia come l’uomo che trasmetterà il codice nucleare a Marine Le Pen, doveva agire rapidamente, con forza e ha deciso di attaccare le radici del ‘male Le Pen’, del ‘male Rassemblement National’, le ragioni per le quali questo partito non smette di progredire da 40 anni: io credo che questo sia l’obiettivo prefissato, ma la domanda che sorge spontanea è, se riuscirà a raggiungerlo nel tempo che gli resta’.

Il tempo passa, infatti, anche per Macron che questa settimana parlerà alla Nazione, dopo il ‘rimpasto’ di governo che ha portato un suo fedelissimo, Gabriel Attal, 34 anni, alla guida di un nuovo esecutivo composto da 11 ministri titolari e tre ministri delegati, ai quali il capo dello stato ha chiesto di essere ‘rivoluzionari’. ‘Mancano 6 mesi alle elezioni europee, 3 anni e mezzo alle elezioni presidenziali del 2027 e la posizione di Macron è oggi, spero, credo, quella che ho indicato’, dice Morelle.

Il tutto dopo ‘un primo quinquennio all’Eliseo congelato, vetrificato’, a causa di fattori che in parte avevano ‘relazione con le sue politiche, penso ovviamente ai gilet gialli e alla riforma delle pensioni, ma anche a fattori che non c’entravano niente con il suo operato, sto pensando al Covid. Ma alla fine (Macron) ha avuto un primo mandato di cinque anni che è stato praticamente neutralizzato e da lì derivano condizioni molto difficili’. A questo si aggiunge la progressione di Le Pen nei consensi, spiegata nei minimi dettagli da Morelle nel libro, e gli ultimi 2 anni ‘caotici per l’assenza della maggioranza all’Assemblea Nazionale contro la quale (Macron) ha sbattuto la testa quando aveva appena vinto con difficoltà le elezioni presidenziali’.

Morelle, figura di spicco della gauche storica, su Macron poi aggiunge: ‘E’ debole e questo è il suo problema oggi: gli restano solo 3 anni e mezzo, che tuttavia sono un periodo di tempo non trascurabile e ci sono modi per agire. Ma il compito sarà molto arduo; sarà quindi necessario che si impegni totalmente, completamente, che smetta di tergiversare per dimostrare ai francesi che ha compreso la realtà della sessione politica; che agisca come colui che ha vinto le elezioni presidenziali, ha perso le legislative e ora ha imparato la vera lezione e che lui intraprenda politiche molto ferme nei confronti di tre dimensioni che sono per me le tre componenti della crisi d’identità del paese: la deindustrializzazione, il controllo dell’immigrazione e la ripresa in nome di un’Europa che tende a federalizzarsi troppo e offre ai francesi la sensazione che la Francia si diluisca in questo spazio europeo che però è il nostro’.

Non a caso Attal ha compiuto la sua prima visita, immediatamente dopo la nomina a premier nel Passo di Calais, luogo di forti contraddizioni. ‘Il Passo di Calais con il nord è la culla storica del socialismo’ inizia a spiegare Morelle. ‘Contemporaneamente sono regioni dove l’RN è estremamente forte: Marine Le Pen è eletta deputata a Hénin-Beaumont nel Pas-de-Calais. La situazione là è molto interessante e illustra bene quello che sto dicendo: nel bacino carbonifero del Nord e del Passo di Calais, dove è nato il socialismo in Francia e nel mondo, le persone che hanno conosciuto la chiusura delle miniere, la deindustrializzazione, e sperimentano povertà e disoccupazione, continuano a votare per il Partito Socialista e per il Partito Comunista alle elezioni comunali e la maggior parte dei sindaci eletti sono socialisti e comunisti. Ma le stesse persone alle elezioni presidenziali votano in modo massiccio, nell’ordine del 60%, per Marine Le Pen. Gli stessi che alle comunali avevano inserito nell’urna la scheda del PS o PC’.

Morelle precisa che si tratta di persone ‘normali’, ‘e per normali intendo non razzisti, o xenofobi’. ‘Non sono in un caso fascisti e nell’altro ‘persone di sinistra molto simpatiche’: sono le stesse. Questo è il problema che abbiamo: la sinistra ha voltato le spalle alla classe popolare, alla classe operaia e degli impiegati. E i lavoratori votano al 70% per Marine Le Pen, gli impiegati al 60%. Queste sono le categorie che normalmente la sinistra fino a poco tempo fa, fino a 20 anni fa, difendeva, e doveva difendere’.

Fanno impressione i numeri della deindustrializzazione, considerata da Morelle la prima delle tre dimensioni della crisi di identità che oggi vive la Francia: ‘Con la distruzione di posti di lavoro industriali in Francia, ne sono stati persi 2,5 milioni in 20 anni. Il Paese è passato dal 20% al 10% della sua popolazione attiva impiegata nel settore secondario dove la Germania è ancora al 23%: si tratta di un’emorragia di occupazione industriale e una perdita di senso di identità. Perché la Francia è un Paese industriale- un po’ come l’Italia d’altronde – di creatori, di inventori: molto lunga sarebbe la lista da fare per enumerare le innovazioni e le creazioni industriali di cui la Francia è stata la culla’, dice l’ex consigliere di Hollande, che già ha affrontato la questione in un altro libro ‘L’opium des élites: Comment on a défait la France sans faire l’Europe’ (Grasset, 450 pagine).

Ma c’è anche un’altra dimensione della crisi identitaria francese, secondo Morelle. ‘Voi in Italia avete iniziato a convivere in modo brutale con quella che viene chiamata la crisi dei migranti dal 2015. Purtroppo in Francia da almeno 40 anni abbiamo l’immigrazione come un fatto compiuto: non possiamo controllare il flusso di persone che entrano nel nostro Paese e che non sono più, come prima era il caso, dei polacchi, degli italiani, dei portoghesi e degli spagnoli come i miei genitori (Morelle ha origini spagnole, ndr): tutte persone che venivano dall’Europa ma che avevano la stessa cultura e la stessa religione, la stessa morale e gli stessi costumi’.

Morelle non dimentica la storia della Francia, della sua colonizzazione dell’Africa settentrionale e poi l’immigrazione dall’Africa nera subsahariana. ‘Il che significa che abbiamo numeri estremamente importanti, molto più di quanto sia in Italia nonostante la crisi migratoria del 2015’, dice. E mentre ‘l’integrazione o assimilazione purtroppo si è persa di vista, è sempre più difficile o delicata da guidare o addirittura impossibile da credere, c’è stata ovviamente la questione dell’islamismo radicale’. Un aspetto ‘pagato molto caro poiché, come sapete, abbiamo appena celebrato tristemente l’anniversario degli attentati a Charlie Hebdo (7 gennaio 2015), poi venne la strage al Bataclan (13 novembre 2015) e quella di Nizza (14 luglio 2016): tutti e tre assolutamente orribili, seguiti da una serie di atti più recenti, come l’assassinio di due insegnanti, in condizioni orribili – il primo decapitato, il secondo sgozzato – semplicemente per aver insegnato a scuola proprio i valori della libertà, di uguaglianza, di fraternità e di laicità’.

Questi gli elementi della crisi identitaria di cui si ‘nutre’ RN, crescendo a vista d’occhio. ‘Il Fronte Nazionale (ribattezzato Rassemblement National nel giugno 2018) ha progredito passo dopo passo e in modo continuo perché la verità è che il RN si nutre di una vecchia crisi di identità, che ha ormai 40 anni, provocata dalla decisione di François Mitterrand nel marzo 1983 non di dare una svolta liberale all’austerità, ma una svolta federalista a livello europeo, liberale sul piano economico e comunitaria sul piano politico, che ha destabilizzato progressivamente il Paese’.

La domanda finale è quindi se il giovane neopremier Gabriel Attal può essere davvero la carta giocata da Macron per risolvere tutto questo o lo sta bruciando come delfino e prossimo candidato alla presidenza?

‘Macron – spiega Morelle – preferisce che (il suo successore, ndr) sia Gabriel Attal piuttosto che, per esempio, Bruno Le Maire o Gérard Darmanin: questo è certo, secondo me. Quindi non credo che ci sia alcuna intenzione maligna in questa scelta, tuttavia ciò che è corretto è che, statisticamente, storicamente, il fatto di occupare Matignon e guidare il governo, di essere insomma Primo Ministro, non è un buon modo per candidarsi alle presidenziali ed essere eletto: nella storia della Quinta Repubblica, solo Georges Pompidou potè essere primo ministro del generale de Gaulle ed essere eletto nel 1969. Ma si trattava di un caso molto particolare perché in effetti Pompidou aveva già lasciato Matignon. E si candidò alle presidenziali del ’69, dopo un anno intero in cui non era più primo ministro: aveva potuto ricostruire la sua popolarità, ricreare un legame con i francesi e d’altronde la sua partenza da Matignon dopo gli eventi del ’68 non era legata ad un fallimento o ad una rottura della fiducia con i francesi, ma ad una rottura di fiducia con il generale de Gaulle, all’epoca Presidente della Repubblica. I francesi ritenevano che Pompidou avesse gestito bene la crisi del ’68 e che avesse salvato il regime gollista’.

Ma oggi ‘Rassemblement National e Marine Le Pen sono, direi, in pole position per le prossime elezioni, siano esse europee o ovviamente le elezioni presidenziali del 2027: lo possiamo vedere chiaramente’. E la prima verifica avverrà ‘tra 6 mesi in occasione delle elezioni europee di giugno 2024. Le ragioni di questa centralità sono da ricercare nel tempo: sono stati 40 anni di costante passo dopo passo’, conclude Morelle. ‘Non penso che il presidente voglia bruciare le ali a Gabriel Attal, vuole metterlo in scena anche per il futuro. Ma essere primo ministro oggi a fronte di una situazione così difficile non è forse il modo migliore per Attal per arrivare al 2027 come un candidato solido alla presidenza. La storia è fatta di eccezioni, e forse sarà questa l’eccezione, non lo so. Troppo presto per saperlo. Ma in ogni caso la verità è che per lui, a 34 anni, guidare il Paese è allo stesso tempo un’ottima opportunità, ed è anche un grandissimo pericolo’.

(Di Cristina Giuliano)