Forex, pressioni ribassiste sull’euro

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A cura di Antonio Arricale

La vittoria del no al referendum greco fa registrare inevitabili pressioni ribassiste sull’euro che questa mattina riesce comunque a limitare la discesa contro il dollaro Usa. La notte scorsa, alla ripresa dei mercati, la coppia Eur/Usd ha registrato un’apertura con gap al ribasso di 142 pips, scendendo fino a 1,0953 che con la riapertura delle borse europee è stato via via riassorbito. Al momento il cross tra euro e dollaro viaggia in area 1,106 rispetto a quota 1,1114 a cui aveva archiviato la giornata di venerdì. “La risposta del cambio è molto simile a quella di lunedì scorso – commentano gli analisti di Intesa Sanpaolo nella nota ForexFlash – anche se rispetto alla settimana scorsa il quadro ora appare più complesso e le incertezze maggiori, almeno tra oggi e domani, per cui non è da escludersi che la moneta unica scenda ulteriormente: sotto 1,0955 il supporto chiave successivo si colloca a 1,0800“. Se dovesse configurarsi materialmente la prospettiva di un’uscita della Grecia dall’euro, secondo gli esperti di Intesa Sanpaolo il cambio potrebbe rapidamente scendere fino ai minimi di marzo tra 1,05 e 1,04 EUR/USD con le giornate di oggi e domani che si preannunciano quelle chiave, per la decisione della BCE in merito alla liquidità alle banche greche, l’esito del vertice Merkel-Hollande questa sera e dell’Eurogruppo di domani. Oggi è atteso un primo summit dei presidenti della Commissione europea Jean-Claude Juncker, del Consiglio europeo, Donald Tusk, dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem e della Bce Mario Draghi che si riuniranno per discutere della situazione in Grecia. “L’ormai elevata probabilità che la Grecia lasci l’Unione Europea è inequivocabilmente negativa per l’euro a breve termine con i mercati FX che rivalutano la stabilità della unione monetaria e la prospettiva di un’azione Bce più accomodante“, rimarca una nota di Barclays in commento all’esito del referendum greco nella quale consiglia di stare short su Eur/Usd ed Eur/Ypj. Ad ogni modo, per ricapitolare: il referendum nazionale ellenico ha registrato una vittoria dei no al 61,3% che non lascia dubbi sul mandato popolare conferito ad Alexis Tsipras. A sorpresa il ministro dell’Economia Yanis Varoufakis ha annunciato le proprie dimissioni dicendo di volere favorire in questo modo le trattative di Atene con Bruxelles. Il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha annunciato per stamattina una conference call con le istituzioni, con Donald Tusk presidente del Consiglio Europeo (il consesso dei capi di Stato Ue) e con il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi. Juncker riferirà anche al Parlamento Europeo domani. Per domani è in calendario un Euro Summit, ossia un incontro dei capi di Stato Ue, per discutere della Grecia. La borsa di Atene, come annunciato in precedenza, resta chiusa anche oggi (riaprirà domani) ma il rendimento dei titoli di Stato ellenici a 2 anni schizza al 55%. Moritz Kraemer, alto funzionario di Standard&Poor’s, ha dichiarato a Class Cnbc che la Grecia potrebbe andare in default entro luglio.

Borse asiatiche

Il timore di Grexit pesa sui mercati asiatici nonostante gli interventi di Pechino per sostenere i listini dopo il sell-off della precedente ottava. Il Shanghai Composite ha aperto con balzo del 7,8% ma nel corso della seduta ha perso gran parte dello slancio avvicinandosi alla parità. Performance simile per la Borsa di Hong Kong, listino di riferimento per molte aziende della Cina continentale, che dopo l’iniziale guadagno ha toccato una flessione superiore al 4% trainando tutti i listini asiatici al ribasso. Nel weekend dalla Cina sono arrivati interventi mirati a stabilizzare i mercati dopo il peggiore sell-off registrato in anni (lo Shanghai Composite Index ha perso oltre un quarto del suo valore dai massimi toccati il 12 giugno scorso), dopo che il quarto taglio dei tassi da novembre, annunciato a fine giugno dalla People’s Bank of China, non aveva sortito gli effetti desiderati. Le prime mosse a sostegno dei mercati (che avevano più che raddoppiato il loro valore nell’ultimo anno prima delle recenti perdite) sono arrivate dai principali broker cinesi che si sono impegnati ad acquistare azioni per almeno 120 miliardi di yuan (oltre 17 miliardi di euro) per stabilizzare i listini. La China Mutual Fund Association ha comunicato sabato che 25 gestori di fondi hanno dichiarato che avrebbero fatto altrettanto e altri 69 istituti si sono aggiunti domenica. Sempre domenica, l’investment a controllo statale Central Huijin ha dichiarato che ave va iniziato ad acquistare Etf e avrebbe continuato a farlo. Gli interventi di Pechino, però, in assenza degli Usa (Wall Street venerdì, vigilia dell’Indipendence Day, è rimasta chiusa), sono stati in parte annullati dai risultati del referendum tenutosi domenica in Grecia e scarso impatto hanno avuto le dimissioni a sorpresa del ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, che lunedì in prima mattinata si è tirato indietro per agevolare le trattative del premier Alexis Tsipras con la Ue. Intanto anche il Giappone ha fatto sentire la sua voce. “Le relazioni economico-finanziarie dirette tra Giappone e Grecia sono limitate – ha dichiarato il governatore della Bank of Japan (BoJ) Haruhiko Kuroda – ma governo e Banca centrale si sono incontrati” per assicurarsi che il Giappone risponda in modo fluido a ogni possibile necessità del mercato. Il ministro delle Finanze Taro Aso ha invece sottolineato, mentre i l Giappone resta in costante contatto con i governi occidentali, di essere fiducioso che l’Europa abbia sufficienti strumenti per reagire a sommovimenti del mercato. La prima reazione sui mercati dei cambi agli sviluppi in arrivo dalla Grecia è stata un apprezzamento dello yen su euro e dollaro. Kuroda e Aro non hanno specificato gli interventi che potrebbero realizzare in caso di un impatto eccessivo sui mercati, ma secondo fonti citate da Reuters la prima linea di difesa da parte della BoJ sarebbero significative iniezioni di liquidità per calmare i mercati. Interventi di rito che non hanno sortito particolare effetto sui mercati azionari. A partire da Sydney, in flessione di oltre l’1% anche a causa dei decisi declini di colossi del minerario come Bhp Billiton e Fortescue Metals. Secondo gli esperti, però, il declino dell’S&P ASX 200 è stato maggiormente condizionato dalla Cina che dalla Grecia. Considerando lo stretto legame economico che unisce Sydney a Pechino. Il Nikkei 225 ha segnato una flessione superiore al 2% trainata al ribasso dai titoli bancari ma soprattutto dei maggiori esportatori. Peggiore performance (-11%) quella del colosso chimico Tosoh sull’annuncio di emissione azionaria. Male anche Toshiba, che ha sfiorato una perdita del 3% nella seduta. Per la conglomerata nipponica, lo scandalo contabile che ha portato in maggio al rinvio della presentazione del bilancio 2015 (esercizio chiusosi il 31 marzo), secondo quanto scrive il quotidiano Nikkei, potrebbero tagliare gli utili operativi relativi ai cinque esercizi dal 2009 al 2013 di 150 miliardi di yen (1,1 miliardi di euro). Toshiba spera di presentare i bilanci rivisti entro la fine di agosto. In decisa flessione (intorno al 2,5%) anche i principali indici di Seoul.

Borsa Usa

Wall Street è rimasta chiusa venerdì scorso in vista dell’Indipendence Day del 4 luglio.

Europa

Le principali Borse europee hanno aperto la seduta in netto ribasso all’indomani del referendum in Grecia. Il Dax30 di Francoforte cede l’1,5%, il Cac40 di Parigi l’1,4%, il Ftse100 di Londra lo 0,7% e l’Ibex35 di Madrid l’1,6%. Dopo la bocciatura delle misure di austerità diversi broker ritengono più probabile l’ipotesi Grexit. Sul fronte macroeconomico in Germania gli ordinativi industriali sono diminuiti a maggio dello 0,2% rispetto al mese precedente, battendo tuttavia le stime degli analisti che avevano calcolato un decremento pari allo 0,4%. Il dato è risultato nettamente inferiore all’incremento del 2,2% del mese precedente. In Spagna la produzione industriale è cresciuta del 3,4% in maggio rispetto allo stesso periodo del 20 14 dopo l’incremento dell’1,7% registrato ad aprile. Gli analisti avevano stimato un incremento della produzione industriale del 2,6% su base annuale. Vendite in particolare sulle banche e sul comparto auto.

Italia

Il Ftse Mib segna -2,48%, il Ftse Italia All-Share -2,41%, il Ftse Italia Mid Cap -2,13%, il Ftse Italia Star -1,49%. Inizio di ottava ad alta volatilità dopo la bocciatura da parte dei greci al piano dei creditori di Atene. A Milano i venditori penalizzano soprattutto i finanziari, in scia alle forti tensioni sul mercato obbligazionario dopo il referendum greco: il rendimento del BTP decennale sale di 2 bp rispetto alla chiusura di venerdì, attestandosi al 2,33%. Al contempo lo spread balza in avanti di ben 10 bp a quota 159 a causa della corsa degli investitori verso il Bund, il cui rendimento è in calo di 8 bp allo 0,74%. In forte ribasso a Piazza Affari Banco Popolare (-3,9%), UBI Banca (-3,9%), Mediolanum (-4,1%), Azimut Holding (-3,8%), Intesa Sanpaolo (-3%), Unicredit (-3,4%).


I dati macro attesi oggi

Lunedì 6 luglio 2015

07:00 GIA Indice anticipatore (prelim.) mag;

08:45 FRA Bilancia commerciale;

08:00 GER Ordini all’industria m/m mag;

09:00 SPA Produzione industriale a/a mag;

09:00 SPA Produzione industri ale destag. a/a mag;

16:00 USA Indice ISM non manifatturiero composito giu.