Fmi, economia globale tiene con grandi incognite, serve strategia a 3 “perni”

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Washington, 22 ott. (askanews) – Al Fondo Monetario la soddisfazione per come l’economia globale abbia tenuto non è inferiore alla preoccupazione per le crescenti incognite che gravano a causa dei conflitti in corso in Ucraina e nel Medio Oriente. E Pierre-Olivier Gourinchas, direttore della ricerca dell’istituzione di Washington, nella sua conferenza stampa di presentazione dell’ultimo World Economic Outlook dà conto di entrambi gli aspetti proponendo una strategia basata su “tre perni” per salvare la crescita e minimizzare i rischi

“Cominciamo con le buone notizie: sembra -spiega – che la battaglia globale contro l’inflazione sia stata in gran parte vinta, anche se le pressioni sui prezzi persistono in alcuni paesi. Dopo aver raggiunto il picco del 9,4 percento anno su anno nel terzo trimestre del 2022, ora prevediamo che l’inflazione principale scenderà al 3,5 percento entro la fine del prossimo anno, leggermente al di sotto della media dei due decenni precedenti la pandemia. Nella maggior parte dei paesi, l’inflazione si sta ora avvicinando agli obiettivi delle banche centrali, aprendo la strada all’allentamento monetario tra le principali banche centrali”. Per il Fondo insomma “l’economia globale è rimasta insolitamente resiliente durante tutto il processo di disinflazione. Si prevede che la crescita si manterrà stabile al 3,2 percento nel 2024 e nel 2025, ma alcune economie a basso reddito e in via di sviluppo hanno assistito a notevoli revisioni al ribasso della crescita, spesso legate all’intensificarsi dei conflitti.”

La battaglia contro l’inflazione nei Paesi più sviluppati è stata vinta. Ma “malgrado le buone notizie sul versante dell’inflazione, i rischi restano orientati al ribasso. Tali rischi includono una escalation dei conflitti regionali nel Medio Oriente, che potrebbero porre seri rischi per i mercati delle materie prime; cambiamenti di politiche nella direzione di cambiamenti non desiderabili nelle politiche commerciali e industriali potrebbero anch’essi ridurre significativamente il Pil”. Gourinchas, passa in rassegna così le incognite che gravano sull’economia mondiale per i prossimi mesi.

Un ulteriore rischio riguarda, alla luce di tale congiuntura “una forte riduzione delle migrazioni verso le economie avanzate che potrebbe disfare alcuni dei guadagni nell’offerta che hanno aiutato a ridurre l’inflazione nei recenti trimestri. E ciò – aggiunge l’economista – potrebbe innescare un brusco restringimento delle condizioni finanziarie globali il quale a sua volta potrebbe ulteriormente deprimere il prodotto. E insieme questi fattori potrebbero rappresentare l’1,6% del Pil globale nel 2026”.

La ricetta del Fondo Monetario per ridurre tali rischi è articolata. Gourinchas parla di una strategia “a tre perni” per salvare la crescita ed evitare il ritorno dell’inflazione.

“Il primo perno, sulla politica monetaria – spiega – è già in atto. Da giugno, le principali banche centrali nelle economie avanzate hanno iniziato a tagliare i tassi di riferimento, muovendosi verso una posizione neutrale. Ciò sosterrà l’attività in un momento in cui i mercati del lavoro di molte economie avanzate mostrano segni di raffreddamento, con tassi di disoccupazione in aumento. Finora, tuttavia, l’aumento della disoccupazione è stato graduale e non indica un rallentamento imminente”.

Per il Fondo Monetario poi è importante proseguire nel risanamento delle finanze pubbliche riducendo il debito. “Il secondo perno riguarda la politica fiscale. Lo spazio fiscale – spiega ancora Gourinchas – è una pietra angolare della stabilità macroeconomica e

finanziaria. Dopo anni di politica fiscale poco restrittiva in molti paesi, è ora il momento di stabilizzare le dinamiche del debito e ricostruire i tanto necessari buffer fiscali. Mentre il calo dei tassi di riferimento fornisce un certo sollievo fiscale riducendo i costi di finanziamento, ciò non sarà sufficiente, soprattutto perché i tassi di interesse reali a lungo termine rimangono ben al di sopra dei livelli pre-pandemia. In molti paesi, i saldi primari (la differenza tra entrate fiscali e spesa pubblica al netto del servizio del debito) devono migliorare. Per alcuni, tra cui Stati Uniti e Cina, gli attuali piani fiscali non stabilizzano le dinamiche del debito. In molti altri, mentre i primi piani fiscali si sono mostrati promettenti dopo la pandemia e la crisi del costo della vita, ci sono crescenti segnali di slittamento. La strada è stretta: ritardare il consolidamento aumenta il rischio di aggiustamenti disordinati imposti dal mercato, mentre una svolta eccessivamente brusca verso un inasprimento fiscale potrebbe essere controproducente e danneggiare l’attività economica”.

“Il terzo perno, e il più difficile – conclude il capo economista del Fondo – è verso riforme che stimolino la crescita. C’è ancora molto da fare per migliorare le prospettive di crescita e aumentare la produttività, perché è l’unico modo in cui possiamo affrontare le numerose sfide che ci troviamo ad affrontare: ricostruire i buffer di scala; far fronte all’invecchiamento e alla riduzione della popolazione in molte parti del mondo; affrontare la transizione climatica; aumentare la resilienza e migliorare la vita dei più vulnerabili, all’interno e tra i paesi”.