Fisica, dai ricercatori di Inaf e Infn una risposta all’enigma dei Blazar

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Molti dei fenomeni che osserviamo nel nostro universo ancora non hanno una spiegazione, e talvolta per formulare possibili soluzioni a questi enigmi è necessario uscire dalla solidità delle attuali teorie standard esplorando scenari di Nuova Fisica. Così un gruppo di ricercatori dell’Inaf, Istituto Nazionale di Astrofisica e dell’Infn, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, per risolvere un’anomalia osservativa di alcuni blazar, ha proposto una soluzione che coinvolge ipotetiche particelle, predette da varie teorie, possibili candidate a comporre la materia oscura: le cosiddette ALP, Axion-Like Particle, particelle neutre leggerissime che si accoppiano ai fotoni di luce. Tra i firmatari dell’articolo, vi è anche Giovanni Bignami, astrofisico di fama internazionale, scomparso nel 2017, che ha dato il suo ultimo contributo scientifico proprio nello studio pubblicato oggi, 3 marzo, sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
I blazar – Nuclei Galattici Attivi – tipicamente emettono fotoni gamma di elevatissima energia, dell’ordine del teraelettronvolt (TeV), cioè mille miliardi di volte maggiore di quella dei fotoni visibili. La radiazione elettromagnetica emessa dai blazar è caratterizzata dallo spettro che quantifica come varia il numero di fotoni al variare dell’energia, ed è un po’ l’impronta digitale che permette di distinguerli da altre sorgenti. Nel lungo viaggio per giungere alla Terra, i fotoni emessi dai blazar però si imbattono, o meglio si scontrano, con altri fotoni che costituiscono la luce di fondo extragalattica (dall’infrarosso all’ultravioletto), trasformandosi in altre particelle e restituendoci così uno spettro molto diverso da quello emesso. “Abbiamo considerato un campione omogeneo di 39 blazar a distanze molto diverse e abbiamo ottenuto gli spettri emessi ‘deassorbendo’ quelli osservati”, spiega Giorgio Galanti, ricercatore dell’INAF di Milano. “In prima approssimazione – prosegue Galanti – tutti gli spettri emessi risultano avere lo stesso andamento qualitativo: sono rette variamente inclinate e decrescenti. Quindi ogni spettro emesso è caratterizzato dalla sua pendenza. Confrontando però gli spettri emessi con quelli osservati ci siamo resi conto che sembrerebbe esistere una correlazione fra i blazar e la loro distanza, fatto che ci ha stupiti, perché – riuscendo a escludere effetti di selezione – non c’è nessun meccanismo fisico noto in grado di spiegarla, insomma, sembra che qualcosa non funzioni nel contesto standard”, conclude Galanti.