Film dell’orrore? No, comportamenti quotidiani

Può darsi che le righe che seguono saranno lette, se lo saranno, con animo tutt’altro che addolorato. Ciò non sarà provocato da una forma di cinismo bieco, bensì dalla sufficienza tipica di chi pensa, e non sono pochi, che quelle notizie debbano essere confinate in una o più bolle sparse nel mondo e comunque limitate. L’ episodio sotto osservazione e commento è il tragico incidente che, nel basso Lazio, ha avuto come epilogo la fine di una vita breve solo anagraficamente: dalle foto che sono state messe in giro dall’ informazione si è notato che la vittima dimostrava almeno il doppio degli anni che si sono potuti desumere dai documenti anagrafici. Fa male, meglio addolora, la notizia di quella tragedia, rectius di quell’ assassinio, così crudele sul posto di lavoro.Il dolore più forte è subentrato già qualche giorno dopo che l’eco del fatto si era riavvolta su se stessa. Lo spavento che provoca un incidente del genere in chi apprende l’accaduto da remoto è pari almeno alla bestiale condotta di chi, recuperato il ferito e l’arto troncato, ha scaricato entrambi davanti all’uscio della baracca in cui questi viveva con la famiglia. L’ aguzzino non si è nemmeno offerto di accompagnarlo al pronto soccorso Fino a qualche anno fa l’indignazione generale sarebbe arrivata a scatenarsi e a andare oltre soprattutto per la seconda parte dell’accaduto. È triste doverne prendere atto, ma le cosiddette popolazioni civili, almeno alcune parti di esse, sono tornate indietro non poco nel modo di comportarsi. Arrivando a prima ancora di quando, nell’antica Roma, chi si occupava di problemi del genere, ritenne necessario distinguere tra locatio hominis e locatio bovis. Fu da quando tale definizione venne accettata in toto che si cominciò a considerare il lavoro in generale come un’ attività da tutelare. Ciò valeva sia per chi lo offriva, i lavoratori, sia per chi ne domandava, per lo più i proprietari terrieri. Gli stessi che, con il tempo, presero la qualifica di Agrari. È preferibile non ritornare sull’accaduto per i particolari che un tempo sarebbero stati definiti disumani. Può essere invece più appropriato cercare di comprendere cosa stia portando le popolazioni del Mediterraneo, peraltro ben avvezze a accogliere ospiti provenienti via mare e appartenenti a diverse etnie, a predicare bene e razzolare male. È il denaro che gira intorno ai margini dei vari connotati del problema la molla che, modificando i connotati degli stessi a uso e consumo dei moderni negrieri, li porta a comportarsi come prima accennato. Anche a costo di essere tacciati di blasfemia, vale la pena ritornare su un argomento molte volte trascurato: la questione culturale, che, nel verificarsi dei vari episodi di malaffare che si articolano nella quotidianità dei disperati che tentano di emigrare. Essa pesa su di loro almeno quanto il sottrarsi alle regole di una vita pressochè impossibile nei loro luoghi d’ origine. Purtroppo tutto diventa più difficile quando entra in gioco la malavita. Nel caso di specie, accanto a quelle locali, è entrata quella internazionale. Si dice che quando il gioco si fa duro, i duri comincino a giocare. Al margine dei campi se ne attende con ansia la conferma, sempreché si riesca a far cambiare qualcosa non solo con i buoni propositi.