Figli incompatibili con il lavoro: quasi la metà dei napoletani non ne ha e non vuole averne. Ricerca di Ipsos

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Più di un napoletano su due (il 54%) ritiene insufficienti le attuali politiche a supporto della famiglia. Il 48% dei napoletani non ha figli e, tra questi, per 4 su 10 non è un progetto di vita. È quanto emerge da “Gli italiani e la denatalità”, la ricerca realizzata da Changes Unipol ed elaborata da Ipsos, finalizzata ad analizzare la situazione familiare in Italia e i motivi, le conseguenze e le misure a supporto della denatalità.

La motivazione lavorativa è la principale causa della denatalità
L’osservatorio rileva come tra coloro che rimandano o non progettano di avere figli, la motivazione principale sia lavorativa (46%), dato sensibilmente più alto rispetto alla media nazionale (35%). Nel dettaglio, la mancanza di un lavoro stabile (27%) e l’inconciliabilità tra carriera e desiderio genitoriale (19%) sono i principali deterrenti.

I timori per il contesto socioeconomico (economia, clima, situazione politica del Paese) sono il secondo ostacolo (36%), contro una media nazionale del 24%. Preoccupa soprattutto la situazione politica, geopolitica e sociale (16%).

Le ragioni economiche sono la terza motivazione alla base della decisione di non volere figli (34%), soprattutto a causa della mancanza di una casa di proprietà (14%)

La mancanza di una casa di proprietà sembra essere anche tra i principali fattori che spingono le persone a rimandare la decisione di avere figli (22%), all’interno del più ampio fattore di instabilità economica personale avvertita dal 57% della popolazione. Non meno importanti alcune motivazioni socio-culturali, addotte dalla metà degli intervistati. In particolare, l’aumento dell’età media in cui ci si sposa (24%) e l’ingresso ritardato nel mondo del lavoro (18%) sono fattori che possono causare uno slittamento sulla decisione costruire una famiglia.

Le azioni a supporto della natalità
Tra le iniziative anti-denatalità, l’assegno universale per i figli a carico (58%) e il rafforzamento delle politiche di sostegno per spese educative e scolastiche (55%) sono le più apprezzate dai napoletani. A seguire la riforma dei congedi parentali (52%), il supporto ad un maggiore protagonismo degli under 35 e introduzione di incentivi al lavoro femminile (ciascuna con il 55%).

Interessante notare, inoltre, come le aziende abbiano un ruolo nel favorire la natalità: spicca a Napoli rispetto al resto d’Italia la necessità di aiuti economici da parte dell’azienda (53%). In particolare, vengono apprezzati contributi economici per la cura e l’educazione dei figli (25%), i rimborsi per spese scolastiche e di baby-sitting (24%), ma anche voucher per acquisto di beni d’infanzia (16%).

Altre azioni a supporto della natalità riguardano la flessibilità lavorativa, importante per 6 cittadini su 10, e in particolare la possibilità di garantire una modalità di lavoro da remoto (33% vs 26% di media nazionale), l’incentivo più richiesto rispetto alle altre metropoli italiane. Vengono apprezzate la flessibilità di orario di entrata e uscita (20%), e la settimana lavorativa corta (16%).

I figli non sono nel progetto di vita di chi attualmente non ne ha
I risultati della ricerca evidenziano come tra chi non ha figli prevalga il desiderio di non averne (39%), un dato superiore a tutte le altre metropoli italiane. Dall’altra parte, tra chi li ha (52%), la metà dichiara di averne almeno due. In generale, chi li ha o li desidera pensa a famiglie anche più numerose della media, con 3 figli o più (28%).

La denatalità influirà negativamente soprattutto sul sistema pensionistico
Secondo i napoletani la denatalità influirà negativamente soprattutto sul sistema pensionistico (il 33% ritiene che sarà molto colpito; il 68% molto/abbastanza colpito) davanti a spopolamento delle aree non urbane (26%) e alla crescita del PIL (25%).

L’indagine è stata realizzata presso un campione rappresentativo della popolazione nazionale di età 16-74 anni (oltre 44 milioni di individui) e dei residenti nelle principali Aree Metropolitane (oltre 13 milioni di individui), secondo genere, età, area geografica, ampiezza centro, titolo di studio, tenore di vita, professione e nucleo familiare. Sono state realizzate 1.720 interviste, condotte mediante metodo CAWI (Computer Assisted Web Interviewing: metodologia di raccolta dati che si basa sulla compilazione di un questionario via web).