Università Federico II, progetto Mnesys: scoperto un nuovo gene collegato all’epilessia

163
in foto Maurizio Taglialatela

Fare luce sulle alterazioni genetiche coinvolte nell’epilessia e sui trattamenti più efficaci nei bambini, ma anche sul ruolo giocato dal microbiota intestinale. Questo l’obiettivo del macro-progetto coordinato dall’Università Federico II di Napoli all’interno di Mnesys, il ‘Cern italiano’ per lo studio del cervello. L’epilessia, che nei Paesi industrializzati interessa mediamente 1 persona su 100, colpisce prevalentemente i bambini: nel 60% dei casi insorge, infatti, prima della pubertà, entro i 13-14 anni, con possibili conseguenze negative sullo sviluppo psicomotorio e ricadute sul piano sociale. Gran parte delle epilessie non presenta una causa specifica o una chiara trasmissione ereditaria, ma in circa il 40% dei casi è possibile identificare un’origine genetica, ovvero la presenza di varianti in geni direttamente correlati alla funzione cerebrale. E’ il caso della variazioni nel gene dei canali del potassio Kcna3, proteine della membrana cellulare, che possono causare encefalopatie epilettiche e dello sviluppo in età pediatrica, secondo uno studio internazionale coordinato dai gruppi di Maurizio Taglialatela, ordinario di Farmacologia alla Federico II, e di Johannes Lemke, dell’Università di Lipsia, e pubblicato sugli ‘Annals of Neurology’. Nello studio, spiega Taglialatela, “sono stati selezionati individui portatori di una variante del Kcna3 e l’86% di questi ha manifestato encefalopatie epilettiche e dello sviluppo con marcato ritardo del linguaggio con o senza ritardo motorio, disabilità intellettiva, epilessia e disturbo dello spettro autistico. Lo studio ha inoltre mostrato che il farmaco antidepressivo fluoxetina potrebbe rappresentare un potenziale trattamento mirato per gli individui portatori di alcune varianti di Kcna3”.