Fca, operai trasferiti a Nola: nuovo processo d’appello

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Nuovo processo d’Appello per la vicenda dei 316 operai Fca, di cui 77 iscritti allo Slai-Cobas, trasferiti da Pomigliano a Nola. Lo ha deciso la sezione Lavoro della Corte di Cassazione, presidente Vittorio Nobile, con una sentenza, la prima del 2020, depositata lo scorso 2 gennaio, dopo la pubblica udienza del 23 maggio scorso. Il procedimento giudiziario per condotta antisindacale ha visto il tribunale di Nola in primo grado dare torto agli operai, difesi dagli a Giuseppe Marziale e da Patrizia Todaro, e poi la corte d’Appello di Napoli il 21 novembre 2014 aveva confermato come legittimo il comportamento dell’azienda. La Suprema Corte si e’ pronunciata sul ricorso presentato da Marziale, che sottolineava soprattutto come in base alle direttiva europea 2000/78 recepita dal dl.leg 150/2011, l’onere di provare di aver agito non in maniera discriminatoria era di Fca. “Sulla base di tali premesse – scrive il giudice relatore, Rosa Arienzo – deve ritenersi erronea la sentenza impugnata laddove e’ addossato l’onere probatorio, definito attraverso il richiamo integrale ai canoni dell’ articolo 2729, al sindacato senza tener conto del descritto criterio di agevolazione che si esprime in una diversa ripartizione degli oneri di allegazione e soprattutto della relativa prova”. Nella pubblica udienza, anche il sostituto pg Rita Sanlorenzo si era espressa per l’accoglimento delle tesi dell’avvocato degli operai. La Cassazione dunque ha disposto un nuovo giudizio di secondo grado a Napoli con un collegio in composizione diversa dal precedente.
“In un momento storico di grande debolezza dei lavoratori stiamo ridimensionando lo strapotere padronale nei luoghi di lavoro e riscrivendo lo Statuto dei Lavoratori”, scrive in una nota Vittorio Granillo, legale rappresentante pro tempore di Slai Cobas, che annuncia per il prossimo sabato 11 gennaio un attivo operaio a Pomigliano in preparazione delle prossime e conseguenti azioni sindacali e giudiziarie a tutela dei lavoratori. Gli fa eco Mara Malavenda, dell’esecutivo nazionale del sindacato, che sottolinea come “l’iniziativa sindacale ha mandato in uno e a gambe all’aria gli insidiosi contenuti normativi di legge Fornero, Jobs act di Renzi e decreto dignita’ di Di Maio, provvedimenti che consentono di fatto la copertura dei licenziamenti discriminatori sotto il camuffamento dei licenziamenti per motivi economici e/o crisi di azienda, ma di fatto tendenti a colpire le convinzioni personali e/o ideologiche, l’appartenenza sindacale, di genere, di razza, le condizioni di salute, handicap, eta’, tendenze sessuali ecc. Come sindacato stiamo realizzando l’obiettivo dato di rompere le moderne catene del ricatto padronale per l’assoggettamento dei lavoratori. E questa e’ una rilevante questione di civilta’, prima ancora che sindacale e politica”