di Gaetano Fausto Esposito*
Insegnare etimologicamente vuol dire imprimere (nella mente) altrui.
Non solo quindi la trasmissione di nozioni e conoscenze, ma qualcosa di più complesso e ricco. Nel caso poi della docenza svolta all’Università l’insegnamento diviene una missione ancora più rilevante perché si tratta di farlo nei confronti di allievi che non hanno un rapporto duraturo e continuativo con chi insegna come invece accade per gli studi primari e secondari.
Questa responsabilità è molto forte per i docenti che non sono incardinati stabilmente nell’Accademia, ma vengono per così dire dalla società civile e prestano, in genere perché attratti proprio da una missione educativa in senso ampio, tempo, energie ed entusiasmo al mondo universitario.
E l’entusiasmo è forse la qualità che descrive meglio il senso dell’impegno dei cosiddetti “docenti a contratto”. Tanti gli esempi illustri, per uno come me che lavora all’Istituto Tagliacarne il riferimento non può che essere proprio lui il Prof. Guglielmo Tagliacarne, pioniere ed innovatore in tanti campi dell’economia quantitativa e della statistica, fondatore della disciplina delle ricerche di mercato in Italia, eppure mai entrato “di ruolo” nelle Università italiane.
Teoria e prassi così si potrebbe esprimere un impegno che ha caratterizzato la mia attività di docenza, cominciata subito dopo la laurea nell’allora Facoltà di Economia e Commercio di Napoli con l’amico Professore Antonio Murolo nel 1984 e poi proseguito in diversi Atenei da Teramo a Napoli (presso l’allora Istituto Universitario Navale oggi Università Parthenope) e poi Roma, grazie alla stima e (mi piace pensare) alla considerazione di tanti amici e maestri tra cui ricordo in primo luogo Enrico Del Colle(pro-rettore a Teramo), Renato Guarini (poi rettore a La Sapienza di Roma), Claudio Quintano (Rettore all’Università Parthenope di Napoli), Luigi Pieraccioni (Presidente e anima fin dall’inizio dell’Istituto Tagliacarne).
E che oggi prosegue all’Università Mercatorum, l’Ateneo telematico delle Camere di commercio, cui fui chiamato dall’allora Rettore Giorgio Marbach, altro capostipite da sempre attento a mescolare teoria e applicazione, astrazione e concretezza operativa che con il suo modo tra l’ironico e il pungente nel commentare l’esito positivo della mia candidature mi disse tra l’altro (un po’ compiaciuto): “… e poi c’è la soddisfazione di aver superato nella valutazione scientifica altri docenti di ruolo”.
Ma questo impegno si è poi sviluppato con l’attuale Rettore Giovanni Cannata, altro Caposcuola in tema di politica economica che con il suo modo di fare attraente e sornione con malcelata soddisfazione ricorda che all’inizio della sua carriera non superò il primo concorso a cattedra perché sulla scia del grande economista Georgescu Roegen si occupava dei temi dell’ecologia e della bioeconomia, e di quella che oggi chiamiamo green economy, ma che allora non erano considerati decisamente rilevanti come “scienza” (per quanto l’Accademia riparò prestissimo al punto che Gianni – tra l’altro – è stato per quasi venti anni Rettore dell’Università del Molise).
Forse questi aneddoti (con l’eloquenza di alcune frequentazioni accademiche) aiutano a far comprendere lo spirito di chi come me si pone all’insegnamento, un misto di voglia di innovare rispetto ai canoni tradizionali dell’insegnamento e di esemplificare con riferimenti alla concretezza della vita reale l’utilità di concetti e nozioni che altrimenti possono apparire astrusi e lontani anche in un campo come la macroeconomia che invece esamina fenomeni centrali per la vita di tutti noi. In questo ambito uno spazio specifico ha l’attività di comunicazione, perché aiuta a trovare una modalità di trasmissione delle idee e anche dei risultati della ricerca che serve a sua volta per diffondere la conoscenza, per questo mi aiuta anche il blog che gestisco su Huffington post e gli editoriali che singolarmente o insieme al mio “compagno di ventura” Pietro Spirito pubblichiamo su alcuni giornali con spiccata vocazione per il Mezzogiorno.
Perché alla fine, e l’esempio dei maestri citati ne è una testimonianza eloquente, il vero impegno di un docente è di cercare di “imprimere” nella mente dei nostri studenti degli schemi di ragionamento (oltre che delle nozioni) per aiutare la comprensione dei fenomeni (nel mio caso economici) e a questo servono i modelli teorici, ma sempre confrontandoli con la verifica empirica e il riscontro fattuale e quindi con l’analisi statistica e delle statistiche che avvalorano o smentiscono i diversi approcci, con esempi tratta dalla storia, con considerazioni di policy, nella convinzione però che nelle discipline sociali non esiste la neutralità dei giudizi di valore ma che inevitabilmente ogni approccio di docenza è figlio della storia e dei percorsi di apprendimento e scientifici anche personali e richiede un mix di attitudini e competenze molto variegate e che si affinano nel confronto sociale.
Ma del resto fu proprio John Maynard Keynes, nel ricordare il suo Maestro Alfred Marshall, a dire che per essere un economista occorre essere molto curiosi intellettualmente mettendo insieme ““matematica, storia e filosofia; … maneggiare simboli e parlare per vocaboli, vedere il particolare alla luce del generale; toccare astratto e concreto; studiare il presente alla luce del passato e in vista dell’avvenire…”. Ecco questo significa fare docenza con un nesso sempre forte e vigile alla società e alla vita delle persone.
* Direttore generale dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne Centro Studi delle Camere di commercio