Ex Ilva, 400 milioni per l’uscita di Mittal

86
(Imagoeconomica)

Sarebbe di 400 milioni l’importo per l’uscita di Mittal dal suo 40% di Acciaierie d’Italia, dalla ex Ilva. Lo riporta il quotidiano La Repubblica in un articolo nel quale si indica la cifra che entrerebbe nella trattativa in corsa tra ArcelorMittal e il governo, spiegando che forse il gruppo franco-indiano potrebbe anche accettare un valore più basso.

Secondo il quotidiano la base di riferimento sarebbe la valutazione della società fatta da Enrico Laghi e verificata da Kpmg alla fine del 2020, in occasione dell’ingresso di Invitalia. Allora il valore delle azioni era di 1,050 miliardi. L’azienda veniva da due anni duri, il 2019 e il 2020 pandemico, con perdite cumulate per 1,1 miliardi che erano andate ad abbattere gli 1,8 miliardi che Mittal aveva versato nella società nel 2018 dopo aver vinto la gara contro la Cdp, l’indiana Jindal, Arvedi e Leonardo Del Vecchio.

A fine 2020 il patrimonio netto era così sceso a 731 milioni. Ma subito dopo è risalito grazie ai 400 milioni versati in aumento di capitale da Invitalia (per il suo 38%) e per i 325 milioni di utili realizzati nel 2021, l’anno della forte ripresa dopo il Covid. Nel 2022 le vendite sono salite, ma l’impennata dei prezzi dell’energia – per la guerra in Ucraina – ha gonfiato i costi e così l’utile si è ridotto a 85 milioni.

A fine 2022 il patrimonio netto di Acciaierie d’Italia era comunque risalito a 1,5 miliardi, con un debito finanziario di soli 200 milioni perché la società senza la proprietà degli impianti non è bancabile. Nel frattempo, ad agosto 2023, l’azienda ha terminato i 2 miliardi di investimenti per l’ambientalizzazione che sicuramente l’hanno valorizzata, anche se mancano altri 2 miliardi per la decarbonizzazione degli impianti, il tema su cui si è consumato lo scontro tra i due soci.

Secondo Repubblica il governo dovrà ora valutare l’esborso che vuole fare per l’ex Ilva perché oltre ai 400 milioni per l’uscita di Mittal ci sarebbero “altri 3-400 milioni da immettere nell’azienda per rilanciare la produzione e circa 950 milioni per ricomprare gli impianti” considerando anche “che 700 milioni dovrebbero tornare indietro, in quanto prestiti che il Mef aveva versato al primo commissariamento”. Sarebbero questi gli importi in campo per un ‘divorzio consensuale’ che eviti un secondo commissariamento con impatto su fornitori e indotto.