Eolico, Italia cenerentola in Europa: quartultima nell’offshore

26

L’Italia è in forte ritardo nello sviluppo dell’eolico a mare e a terra rispetto alle sorelle europee. Nonostante le grandi potenzialità del suo territorio, la Penisola è ben lontana dai due leader europei del settore, Germania e Paesi Bassi. A fare un punto in occasione del Global Wind Day è Legambiente, che incrociando i dati di windeurope.org e altre fonti, traccia un quadro di sintesi nel nuovo report sull’eolico “Finalmente offshore”. Tra gli undici paesi Ue in cui è diffuso l’eolico offshore, l’Italia è quartultima in classifica con appena 30 MW di capacità installata totale ben lontana dal ritmo dettato ad oggi da Germania con 8.536 MW (di capacità installata totale) e dai Paesi Bassi (4.739 MW), seguiti da Danimarca (2.652 MW), Belgio (2.261 MW), Francia (842 MW), Svezia (192 MW), Finlandia (71 MW). Peggio dell’Italia fanno solo Irlanda (25 MW), Portogallo (25 MW) e Spagna (7 MW). Così se in Europa la capa­cità installata di eolico offshore totale è pari ad oggi a 19,38 GW (poco più del 30% del totale mondiale), l’Italia contribuisce a questo quadro com­plessivo solo con lo 0,05% del totale, con l’in­stallazione di appena 30 MW del parco Beleo­lico nearshore di Taranto, il più grande del Mediterraneo ma ad oggi l’unico realizzato in Italia e inaugurato ad aprile 2022 dopo un iter lungo 14 anni.

Dati migliori, ma poco incoraggianti, arrivano invece dall’eolico a terra. Stando all’elaborazione di Legambiente su dati IRENA e Terna, nel 2023 a guidare la top ten dei 10 Paesi che hanno fatto registrare le maggiori nuovi installazioni, rispetto al 2022, ci sono Germania (+ 3.296 MW), Paesi Bassi (+ 1.994 MW) e Svezia (+1.973 MW). L’Italia ottiene solo il decimo posto con 487 MW di nuove installazioni. Meglio di lei tra i paesi mediterranei la Spagna che con + 914 MW d nuove installazioni è ottava posizione e la Grecia (+ 518 MW) in nona posizione. Ad oggi il protagonismo soprattutto dei paesi del Nord permette all’Europa dell’eolico a terra di crescere in maniera significativa arrivando a quota 211 GW.

Se poi nell’analisi della diffusione dell’eolico a terra in Europa si prende come parametro i KW per abitante, l’Italia con 12.345 MW di capacità totale installata (di cui appena 487MW realizzati nel 2023), scende al 18esimo posto in classifica con 0,21 KW/abitante, ben lontana da Svezia (1,35 KW/ab e con 14.279 MW), Danimarca (1,26KW/ab e con 7842 MW) e Finlandia (1,25 KW/AB e 6957 MW) che sono le più virtuose.

Per Legambiente lo stallo dell’Italia sull’eolico offshore è preoccupante visto che il potenziale teorico di diffusio­ne dell’eolico galleggiante in Italia è stimato in 207,3 GW, che corrisponde a più del 60% del potenziale complessivo di energia rinnovabile nel Paese. Inoltre, grazie alle caratteristiche morfologiche e alla conformazio­ne dei fondali marini, secondo il Global Wind Energy Council, l’Italia potrebbe essere il terzo mercato al mondo per potenziale di sviluppo dell’eolico offshore galleggiante. Senza contare che nei territori c’è un fermento che fatica a vedere la luce: a marzo 2024 sono 90 i GW di richieste di connessione alla rete elettrica per l’eolico offshore. Sicilia, Puglia e Sardegna coprono oltre il 77% delle richieste di connessione, con ri­spettivamente 39, 38 e 31 richieste. Ben 87 i progetti di eolico offshore in Italia, per un totale di oltre 76 GW, stando al portale delle Valutazioni e Au­torizzazioni Ambientali del MASE. Sardegna, Puglia e Sicilia le regioni maggiormente in­teressate, rispettivamente con 24, 22 e 22 progetti.

Proposte Legambiente: Per questo Legambiente in occasione del GLOBAL WIND DAY torna a chiedere un serio impegno dell’Italia per le rinnovabili, a partire dall’eolico offshore, e scelte politiche energetiche coraggiose che vadano nella giusta direzione. Cinque le proposte che l’associazione ambientalista porta in primo piano: 1) promuovere il ruolo di Terna nell’implementazione di un ade­guato piano di sviluppo dell’infrastruttura di rete (offshore e onshore), coerente con la Pianificazione dello Spazio Marittimo. 2) Attivare una cabina di regia che permetta di organizzare meglio le richieste di connessione e prevedere un costante dialogo tra Terna, gli operatori del settore eolico offshore e il Mini­stero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. 3) l’Italia approvi al più presto le aree idonee per gli impianti su terra ferma prevedendo facilitazioni e non barriere come invece rischia di prevedere la bozza di cedreto condiviso in Conferenza Stato Regioni; 4) si definisca la Pianificazione dello Spazio Marittimo (PSM) che serve ad organizzare al meglio le interazioni fra i suoi usi, per conciliare la domanda di sviluppo con la salvaguardia degli ecosistemi marini. 5) Più dialogo e coinvolgimento dei territori attraverso un dibattito pubblico costante come accade in Francia, dove per ogni progetto di par­co eolico offshore la Commissione Nazionale francese per il Dibattito Pubblico (CNDP) è chiamata a organizzare la partecipazione pub­blica con le persone interessate dall’installazio­ne delle turbine.

“Ad oggi nei nostri mari – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è presente un solo progetto nearshore, il Beleolico di Ta­ranto, e in questi anni nessun altro impianto è stato ancora realizzato. Eppure l’industria dell’eolico offshore può diventare un settore chiave per l’economia ita­liana e per la transizione energetica. Per farlo l’Italia deve puntare su questa fonte pulita aggiornando in modo ambizioso il PNIEC che dovrà essere consegnato a Bruxelles il 30 giugno e abbattendo i tanti ostacoli che rallentano lo sviluppo sulle rinnovabili. Abbiamo impiegato solo sette anni per arrivare sulla luna, mentre a Taranto ci sono voluti 14 anni per far vedere la luce al primo parco eolico galleggiante d’Italia e il più grande del mediterraneo. Oggi il rischio è che i tempi si allunghino anche per i tanti progetti che sono stati presentati e che stanno riscontrando diversi ostacoli. L’Italia non può permettersi ulteriori ritardi, acceleri il passo per recuperare la distanza rispetto agli altri paesi europei e coinvolga i territori e le comunità con un dibattitto pubblico serio e strutturato. Un messaggio che rilanceremo anche quest’estate a bordo di Goletta Verde nelle tappe dedicate all’eolico offshore”.

Ostacoli e ritardi dell’Italia: Le basse performance dell’Italia sono legate alla “corsa ad ostacoli” che le rinnovabili sono costrette ad affrontare tra ritardi, lungaggini burocratiche, iter autorizzativi troppo lenti e farraginosi, norme obsolete, conflitti territoriali, ostracismi dei ministeri (in primis come quello della Cultura) e ritardi della Presidenza del Consiglio. A pesare anche politiche energetiche sulle rinnovabili poco coraggiose insieme a obiettivi poco ambiziosi al 2030 contenuti nella boz­za del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima 2023 e che vedrà la sua stesura finale a fine giugno. Inoltre l’Italia è uno dei pochi Paesi a non aver ancora adottato una pianificazione dello spazio marittimo, che dopo una bozza di proposta è ancora oggi in discussione. I ritardi su questo fronte hanno portato la Commissione europea ad annunciare la seconda fase della procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata approvazione dei suoi piani di gestione dello spazio marittimo.

“Di questo passo l’Italia – dichiara Katiuscia Eroe, responsabile nazionale energia di Legambiente – rischia di raggiungere gli obiettivi al 2030 – 90 GW pari ad almeno 12 GW l’anno di rinnovabili – nel 2046, con ben 16 anni di ritardo. Per questo è fondamentale che il Paese acceleri il passo, puntando ad obiettivi più ambiziosi rispetto a quelli indicati nell’aggiornamento del PNIEC di appena 2,1 GW entro il 2030, come puntando ad esempio ad almeno 6 GW al 2030, 10 al 2035 e 20 GW entro il 2050, rispettando così anche gli obiettivi appena presi in occasione del G7 Ambiente. A tal fine è necessario e urgente emana­re il pacchetto FER 2, che definisce gli strumenti con cui, attraverso aste competitive, gli sviluppatori dei progetti possono avere certezza del prezzo di vendita dell’energia. Al tempo stesso è fondamentale non solo una revisione dei processi autorizzativi, mettendo tutti gli interlocutori sullo stesso tavolo di discussione, ma anche promuovere e rendere obbligatori percorsi partecipati, uno strumento strategico e democratico per garan­tire una pianificazione sana e trasparente che abbia basi scientifiche e che permetta alle par­ti interessate di trovare soluzioni per un rapido sviluppo delle tecnologie energetiche offshore e per un’efficace protezione e ripristino della bio­diversità marina.”

Biodiversità e impianti: Legambiente infine ricorda che gli impianti se ben progettati e gestiti – come dimostrano tanti casi nel nostro Paese –, possono essere un alleato per con­trastare la prima causa di perdita di biodiversità, ossia il cambiamento climatico. Per questo è fondamentale che l’atten­zione sia posta in tutte le fasi di sviluppo di un impianto, che va dalla fase preliminare alla sua rimozione, passando per la costru­zione dell’impianto, il suo funzionamento e l’eventuale repowering. In particolare, l’associazione ambientalista indica un pacchetto di possibili misure di attuazione da mettere in campo per ridurre al minimo le incidenze sugli habitat marini e la fauna. Tra le misure citate vi è la scelta accurata del sito dove realiz­zare un impianto eolico che è il modo più effica­ce per evitare potenziali conflitti con i siti Natura 2000 e con specie e habitat di interesse conser­vazionistico. Altro punto da tenere in considerazione è la scelta delle modalità meno pertur­banti e più efficienti nell’utilizzo di materiali e tecniche di costruzione, che riducano l’impatto ambientale sugli habitat marini, puntando su tecnologie innovative e progettazione ecocompatibile.

SCARICA IL REPORT