Energia, il successo della missione africana del Governo? Dipende anche dalle Presidenziali in Francia

in foto Luigi Di Maio con Mario Draghi (foto da Imagoeconomica)

La settimana appena iniziata dopo la domenica della benedizione delle palme, simbolo di pace, è quella che la chiesa cattolica definisce della passione di Cristo. I riti che si celebreranno durante i prossimi giorni culmineranno con la Pasqua di resurrezione. Sarà quello il giorno in cui il figlio di Dio fatto uomo ritornerà in vita e saranno scoperti gli altarini. Per l’intera settimana gli stessi resteranno coperti da veli in segno di lutto. Scoprire gli altarini è un espressione usata di consueto con un significato più prosaico, cioè rivelare la verità, in burocratese mettere in pulito. È quanto dovranno fare al loro ritorno il Premier Draghi, il ministro degli esteri Di Maio e i loro collaboratori in partenza oggi per il Nordafrica, precisamente per Algeri. Scopo della trasferta è la firma di un importante contratto di fornitura di idrocarburi, in particolare di gas. Beninteso non affronteranno il viaggio per predisporre quanto occorre per nuove trivellazioni. Andranno invece a rendersi conto di persona di che aria tiri da quelle parti per l’inizio dell’esecuzione del contratto in oggetto. Più precisamente di come si proporrà la governance di uno degli angoli del mondo dove, nel corso di centinaia di migliaia di anni, si sono accumulate ingenti scorte di combustibili fossili. L’importanza di tali incontri, oltre alla valenza sostanziale, dovrebbe  finalmente far capire con buona approssimazione quando potrà cominciare a arrivare quel gas in Italia, permettendo così a Roma di cominciare a svincolarsi dalle pastoie di Mosca. Gli italiani vogliono saperlo perché se la settimana in corso è caratterizzata dalla passione, quelle precedenti lo sono state dalla confusione, peraltro crescente, sulle modalità di fornitura e la tempistica della stessa. In buona sostanza, gran parte degli italiani era convinta che cambiare fornitore di gas per il governo fosse un’operazione simile a quella che fa un comune mortale quando decide di cambiare gestore telefonico. Sembrerebbe invece che la situazione si ponga in maniera ben diversa. I pochi mesi che era parso fossero sufficienti allo scopo, dalle dichiarazioni più recenti rilasciate dall’esecutivo, parrebbe siano già aumentati nell’ordine dell’anno. Con l’augurio che sarà sufficiente per quantificarlo il suo utilizzo al singolare. È necessario ricordare che l’Eni, l’ottava sorellastra delle storiche sette, i colossi energetici mondiali, in quelle contrade ha interessi importanti, tra cui la partecipazione alla gestione dei gasdotti che collegano l’Africa all’ Europa. L’ Italia funge da lungo tempo anche da terminale di transito del gas proveniente dal continente nero destinato a raggiungere altri paesi europei, tra cui la Francia. Particolare inquietante, al momento, è che il Nordafrica è ancora legato a doppio filo con quel paese, la cui presenza sul suo suolo, fino all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso, fu particolarmente massiccia. Succede proprio in queste ore che la Francia sia impegnata nelle elezioni del presidente. Alla seconda tornata che avverrà tra circa un mese e mezzo, Macron, che è risultato in testa alle preferenze dei francesi nella prima fase, si troverà a competere, vis à vis, con la Signora Le Pen. Se quest’ultima dovesse risultare eletta, sicuramente Parigi si troverebbe, di conseguenza, a dover correggere la propria collocazione nello scacchiere internazionale. La stessa operazione non resterebbe limitata alla politica estera, ma avrebbe con buona probabilità ripercussioni stonate anche su quella interna. In particolare sarebbe messo in discussione il trattamento dei sans papiere e degli immigrati in genere. Tanto più rigida in particolare con quelli provenienti dalle ex colonie dell’Africa settentrionale. Tutto ciò potrebbe ostacolare anche le altre trattative che il governo italiano ha abbozzato con i paesi del centro Africa, anche essi francofoni, in rapporti non proprio idilliaci con la Francia. In campagna si dice che i guai non arrivino mai da soli e quanto appena scritto sembra esserne la riprova. Nella migliore delle ipotesi, tutto ciò non sarà assolutamente indolore per le casse del Paese. Da quando gli scambi commerciali sono cominciati a diventare sempre più consueti tra le diverse realtà geopolitiche, gli affari fatti tra due parti non sono stati mai vantaggiosi per la parte che si trova in stato di necessità. Tanto anche quando non si sia arrivati al patto leonino, perseguito dalla giustizia. Sicuramente ci sarà un aggravio della relativa voce di spesa nel bilancio statale. Del resto il fabbro del villaggio insegna da tempi remoti ai suoi discepoli: “quando sei martello dai, quando sei incudine stai”. In questo momento l’Italia, come altri paesi europei, è incudine, con tutto quanto ne deriva.
Nel conto bisognerà mettere anche il gas proveniente da altre fonti, quali l’ Azerbaijan, il Qatar e quello liquido americano. In conclusione il Paese dovrà affrontare una spesa che per il ministro dell’economia avrà lo stesso effetto del ricevere una boccata di fumo negli occhi.
Eppure, se all’inizio della seconda metà del secolo scorso si fosse dato il giusto peso al contenuto della canzone di Renato Carosone, Caravan petrol, oggi l’Italia avvertirebbe di meno il problema delle forniture di idrocarburi. Con buona pace del grande artista napoletano, ora chiamato in causa al solo scopo, arduo, di cercare di sdrammatizzare la situazione. Concludendo con l’interrogativo retorico di un altro illustre partenopeo, Totò: “e scusate se è poco!”-