Effetto domino per l’Italia sulle importazioni di gas naturale

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in foto il Ceo dell'Eni Claudio Descalzi (Imagoeconomica)

Se non sorgeranno intoppi, oggi il Ceo dell’Eni Claudio Descalzi sarà in Libia, a Tripoli, per ravvivare una collaborazione tra l’azienda da lui rappresentata e il governo di quella nazione. Iniziata molti anni anni fa, essa non è limitata ai soli idrocarburi e comprende anche la disponibilità all’esportazione di prodotti italiani verso quel paese. C’è stato un periodo, piuttosto lungo e fortunatamente lasciato alle spalle, di forte contrasto di quel paese con l’ Italia ma, come si ripete sovente nel villaggio, nelle discussioni più o meno seriose, “gli uomini passano, le cose restano”. Non può essere stata certamente la sola trasferta dei giorni scorsi della premier Meloni in Algeria a rimettere in funzione un meccanismo così importante, ma sicuramente avrà avuto il suo effetto. Si tratta di un’operazione complessa e quindi, non fosse altro che per dar conforto alla Capo del Governo, certamente almeno una parte del merito della sua riuscita deve esserle riconosciuto. Andando nello specifico, da quanto si è potuto apprendere, non molto ma in via ufficiale perché di prima mano, l’accordo in via di perfezionamento  prevede, oltre all’estrazione dal fondo del mare del prezioso combustibile, che parte di esso venga convogliato verso l’Italia e il rimanente distribuito nel paese che è proprietario del giacimento da cui proviene. L’operazione sarà posta in essere dalla stessa ENI con le sue diramazioni tecniche tipo Snam, nonché da imprese del posto, sempre e comunque coordinate dall’ azienda petrolifera italiana. Questi dettagli appena evidenziati lasciano trasparire che un accordo di fornitura, quando non un contratto di somministrazione, possono essere articolati in tante maniere, con l’intento di attenuare il più possibile dipendenze del tipo cappio al collo. Di questo genere di accordi, sbilanciati fin dalla conclusione perché corredati da deboli salvaguardie per l’acquirente, l’ Italia e tutta l’ Europa ne stanno avvertendo gli effetti già da un anno. Non è facendo dietrologia sterile quanto di impossibile verifica che si può risolvere un problema del genere. Quando, alcuni decenni orsono, furono stipulati quegli accordi di fornitura con il Cremlino, con tutta probabilità nessuna nazione europea e, con tutte le riserve del caso, nemmeno gli Usa, avrebbero osato solo immaginare quel che sta succedendo attualmente. Può risultare invece importante considerare la circostanza di cercare di raggiungere, ogni qual volta sia possibile, accordi che comprendano clausole di reciprocità e tanto per più di un motivo. Innanzitutto che ciascun partner deve adempiere al suo obbligo contrattuale pensando che in tal modo sta finanziando alle migliori condizioni la sua spesa nel paese con cui si  è accordato. Tanto resta valido anche se i due attori si scambiano i ruoli. L’ottimizzazione dei costi delle due o più partnership deriva dal fatto che nessuna delle parti contraenti ha motivo di non praticare il miglior prezzo all’ altra, pretendendo che lo stesso avvenga da parte dell’altro contraente. Anche la provvista finanziaria che necessita a entrambi i partners sarà più contenuta rispetto a un rapporto di lavoro tradizionale e così il relativo costo. C’è di più.  Può verificarsi che le prestazioni dei due paesi siano una di fare e l’altra di dare. Il ruolo più importante lo giocherà il trasferimento di tecnologie che il paese che si è impegnato a fare effettuerà nel luogo dove dovrá operare. Tutto ciò con il risultato di aver concesso l’apprendimento, il know how, alle maestranze del posto. Diversamente queste ultime rimarrebbero a lungo non competitive rispetto alla concorrenza internazionale. Oltre ai particolari tecnici e economici dell’accordo italo libico, è d’obbligo constatare che la vita economica di quel paese del Nordafrica è ritornata a pulsare quando sono stati spenti i focolai accesi dai contrasti interni e esterni ai suoi confini.
Probabilmente la memoria non aiuta più di un autodefinito Zar di tutte le Russie, anche se fuori tempo utile e privo di ogni cultura, soprattutto politica, Solo così è comprensibile la genesi e il perdurare dell’attuale indefinibile periodo storico.
Sarebbe andato già fuori tempo anche se finisse ora. Con la brutta ma realistica sensazione che molto difficilmente sarà così.