Ecco perché la moneta unica è un supplizio di Tantalo. E intanto la Merkel…

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Oddio. Angela Merkel si è accorta che l’Europa ha un problema: i migranti. “Più della Grecia – ha detto la cancelliera tedesca – sono preoccupata dai migranti nel Mediterraneo e nei Balcani”. Ma forse alla dichiarazione manca qualcosa. “Sono preoccupata – avrebbe dovuto dire la signora di Berlino – dal muro che l’Ungheria vuole costruire al confine con la Serbia”. “Sono preoccupata dalla Francia, che li blocca al confine di Ventimiglia e li rispedisce a manganellate in Italia”. “Sono preoccupata – infine – dal leader inglese. Cameron, infatti, lo ha detto chiaro e tondo: Contro gli immigrati pronti a varcare la Manica vuole costruire “recinti ai confini”.

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Ora Sandro Gozi dice che è arrivato il momento di cambiare le regole. E’ il responsabile del governo Renzi a Bruxelles, se lo dice vuol dire che la pizza è pronta. Il diritto di cittadinanza, cioè, cambierà e si passerà a nuove regole comuni sull’asilo. Che facciamo, battiamo le mani?

Tutta questa improvvisa attenzione alla immigrazione, una sorta di folgorazione alla maniera di san Paolo sulla strada di Damasco, ha un risvolto. Sa di manovra diversiva, se è vero quello che scrive, tra gli altri, Oscar Giannino sul Mattino: “La cancelliera tedesca ha la testa rivolta al voto del Bundestag (di oggi. Ndr), per il quale ha chiesto al superministro Schauble di rabbonirsi contro l’inadeguatezza dell’accordo con la Grecia”. Ma voi ce lo vedete rabbonito Shauble per più di 24 ore? Tutto lascia pensare che i conti con Tsipras si faranno poco più avanti. Magari la Merkel e Shauble voleranno tra una settimana ad Atene per portarsi via anche la giacca del premier ellenico…

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A parte la battuta molto amara, la Germania dovrebbe destinare pari angosciata attenzione a un’altra emergenza: quella della bassa crescita europea. E’ una emergenza che dura da molti anni, tanto che non si capisce cosa si aspetta a porvi mano seriamente. L’allargamento del mercato unico e l’introduzione dell’euro in 18 dei 28 attuali paesi membri non hanno saputo garantire “né una crescita complessiva di medio termine paragonabile a quella degli altri blocchi economici continentali” che invece galoppano, “né una distribuzione uniforme dei benefici tra centro e periferia dell’Unione. Lo dice Svimez, pericoloso covo di meridionalisti piagnoni, nel Rapporto sull’economia del Mezzogiorno, Il Mulino, 2014.

La Germania insomma dovrebbe tenere nel dovuto conto che “le politiche di svalutazione reale della Germania hanno finito per inasprire i divari competitivi tra centro e periferia”. In particolare dovrebbe essere preoccupata dal fatto che…

“… l’aggressività con la quale il modello di svalutazione interna viene applicato dalla Germania è alla radice del suo guadagno netto di competitività nel contesto europeo… Il che è alla radice del costante incremento del suo surplus commerciale e del parallelo accumulo di corposi deficit nei paesi cosiddetti GIPSI (Grecia, Italia, Portogallo, spagna, Irlanda)”.

E se proprio qualcuno è allergico alle reprimende della Svimez, dovuto al solo fatto che mettono in luce una verità incontrovertibile, e cioè che il Mezzogiorno è la regione europea che sta pagando gli squilibri della moneta unica forse anche più della stessa Grecia, rinviamo alla spiegazione di quali siano gli effetti della “aggressiva” politica di svalutazione reale praticata dalla Germania, prodotta da Giovanni La Torre sul blog del giornale LINKIESTA. In cui si sostiene in premessa che l’allentamento monetario della Bce, volto a provocare la svalutazione dell’euro nei confronti delle altre valute e in particolare del dollaro, ha avuto finora effetti irrilevanti “perché la domanda estera è solo una delle componenti della domanda aggregata, e anche la meno importante sul lungo periodo, essendo l’altra componente, la domanda interna per consumi e investimenti, di gran lunga più importante. La stasi di questa seconda componente che, ripetiamo, è la più importante, è dovuta alla nota politica di austerità imposta dalla Germania e dai suoi satelliti”.

Accanto al cambio nominale – prosegue l’analisi di La Torre -, che è quello che si può leggere nei listini degli uffici cambi, vi è un cambio “reale” che sfugge a quei listini ma che opera più in profondità determinando effetti reali molto importanti. E non basta. L’andamento di questo cambio reale – aggiunge è tra l’altro determinante per i paesi che adottano la moneta unica, e ai quali è sottratta la possibilità di manovrare il cambio nominale nei rapporti reciproci.

Ma da cosa è data la variazione del cambio reale, quella che incide di gran lunga sulle possibilità di riequilibrio nel rapporto tra centro e periferia dell’area euro?

“E’ data – spiega La Torre – dalla differenza tra l’incremento della produttività e l’incremento dei salari e dei prezzi, cioè quello che, quando la differenza è positiva, si chiama “svalutazione interna”.

E’ la svalutazione interna che dovrebbe mettere la Merkel nelle condizioni di non dormire la notte.
“La massiccia svalutazione interna,
 o deflazione interna, praticata dai maggiori paesi esportatori come Germania e Cina – sostiene La Torre – è una delle cause all’origine della crisi globale e, per quel che ci riguarda, della crisi del debito nella zona euro. Ebbene questa causa di squilibrio, anziché essere rimossa per ristabilire gli equilibri, quanto meno all’interno della zona euro, è proseguita nell’indifferenza generale generando un rafforzamento degli squilibri stessi”.

E’ esattamente quello che sostiene Svimez. E’ la denuncia di un meccanismo perverso che si traduce nel supplizio di Tantalo: per i paesi messi peggio dell’eurozona è all’opera una rincorsa verso un obiettivo che si sposta sempre più in avanti che frustra qualsiasi sacrificio”.

Non sono chiacchiere, lo dicono i numeri.

Grazie alla predetta svalutazione euro/dollaro, e alla diminuzione del prezzo del petrolio, la Commissione Europea prevede che quest’anno tutta l’area euro registrerà una avanzo record verso l’estero di 330 mld pari al 3,5% del Pil, ma di questi ben 240 mld saranno appannaggio della sola Germania, pari all’8% del Pil di quel paese.

Ecco perché la Merkel dorme sonni tranquilli e i Paesi – GIPSI innanzitutto – se la prendono in saccoccia: non avvertono ancora i benefici della svalutazione.

Una ricerca di Nomisma mette bene in evidenza quello che sta accadendo:

“Nel periodo 2009-2013 i paesi indebitati dell’area euro (Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia), al fine di rincorrere la Germania, hanno ridotto il rapporto “salario reale per addetto/produttività nell’industria” dello 0,5%, ma tutto è risultato vano perché nello stesso periodo la Germania lo ha ridotto di ben il 2,5%”.

In altri termini, la Germania non ha modificato i propri meccanismi propagatori di squilibri. La crescita tedesca ha continuato a basarsi sul taglio delle dinamiche salariali (-2,5%)”. La conclusione sconsolante del rapporto è che “svalutare nei confronti di chi svaluta di più è RIVALUTARE”. Quindi come noi abbiamo già scritto, sono soprattutto le industrie tedesche a beneficiare della politica monetaria di Draghi.

Questa rincorsa verso un traguardo che si sposta sempre più avanti – che per parte nostra abbiamo chiamato supplizio di Tantalo – è fatta di riduzioni salariali e restrizioni della spesa pubblica.

Comporta una sempre maggiore compressione della domanda interna, il cui calo è all’origine della stagnazione nell’eurozona e la fa perpetuare.

“Se la Germania – commenta Linkiesta – non si decide a invertire le proprie politiche e a fare da locomotiva per tutta l’area, le cose si complicheranno sempre di più e le crisi dei debiti pubblici rischieranno di diventare croniche. In queste condizioni qualsiasi politica di rilancio che viene adottata costituisce un regalo agli imprenditori tedeschi. Purtroppo – conclude l’articolo – nessuno dei governanti ha il coraggio di dirlo energicamente alla Merkel”.

Alla Merkel abbiamo offerto un cornetto e cappuccino italiano. Lei dice che dobbiamo occuparci di migranti? E allora dài Renzi, dài Gozi: occupiamoci del diritto all’asilo per far fronte alla emergenza. E se intanto che lo facciamo, vaste aree dell’eurozona, il Mezzogiorno in testa, vanno alla deriva…

E che possiamo fare noi altri da quaggiù? Imbarcarci su un battello sgangherato sulle coste pugliesi per farci accogliere, dopo un lungo e rischioso viaggio, su quelle della Calabria Jonica. Sembra una battuta? Ma è proprio così. Ancora una volta nei 150 anni di storia dell’Italia Unita non ci resta che emigrare, per non piangere.