E la barca va. O almeno ci prova… Buone nuove da Bruxelles e dall’Eni

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in foto Claudio Descalzi Ad Eni (fonte Imagoeconomica)

L’altro ieri, giovedì, in molti avranno tirato un sospiro di sollievo, particolarmente soddisfatto, in un periodo ormai lungo di tensioni di ogni genere e di volti tirati. È successo che la BCE, dopo dieci aumenti consecutivi del tasso dell’ euro, nella riunione di giovedì, ha deciso di lasciare invariato il costo del denaro. È stata di particolare Importanza la spiegazione della manovra che la Presidente di quella banca ha dato nel corso della conferenza stampa seguita alla riunione. Ridotto all’osso, il suo contenuto ha chiarito che la decisione di non aumentare il percento di quel tasso è stata presa dopo la constatazione che, con le manovre già attuate, l’inflazione è scesa e sta continuando a scendere. Ha fatto riferimento all’analogo comportamento negli USA, omettendo di riportare che mentre nella EU l aumento della produzione viaggia su decimali, oltreoceano sta viaggiando intorno al 5%. Ha aggiunto che nel paniere delle variabili economiche tenute in considerazione dall’ Istituto da lei presieduto e che influiscono sulle decisioni, si sono aggiunte lo scoppio della guerra in Israele e la mutata situazione (in meglio) dei conti dell’Italia. Tale affermazione è arrivata a Roma in un frangente a dir poco propizio, essendo il varo del DEF ormai alle battute finali prima di essere inviato a Bruxelles. Ancora più importanti, soprattutto per quanto potranno condizionare le scelte della finanza internazionale, sono state le parole della Signora Presidente che hanno descritto la migliorata affidabilità del Paese in uno dei momenti più bui che l’Occidente e in particolare la EU stanno attraversando dalla fine della seconda guerra mondiale. Non é da trascurare perché anch’esso è di grande importanza per l’Italia al fine di raggiungere gradini sempre più alti su una scala di merito non formale, l’attività che il Capo dello Stato, la Premier e molti dei ministri in carica stanno facendo per contribuire all’ arrivo almeno a un cessate il fuoco. C’è da aggiungere che tra le diverse notizie che a causa delle guerre in corso non sono diffuse dai vari mezzi dell’ informazione con l’evidenza che meriterebbero, c’è n’è qualcuna, tra l’altro positiva, di stretto riferimento al Paese. ll CEO dell’ENI Descalzi ha messo a segno un altro colpo certamente di particolare rilievo per far sì che aumenti la disponibilità di gas. L’Ente che presiede ha di fatto raggiunto un accordo in Indonesia con l’omologo di quel paese, Merakes Lng, per l’acquisto di GLN, gas allo stato liquido. Esso vale poco meno di un miliardo di metri cubi di quel combustibile, ha durata triennale e va a aggiungersi a un altro contratto dello stesso genere, che da tempo sta funzionando senza intoppi. Se ciò fosse successo prima della pandemia, la notizia con ogni probabilità sarebbe comparsa sulla prima pagina dei quotidiani, qualunque fosse stato l’ orientamento politico degli stessi. Tutto ciò non aggiunge nè toglie alcunché all’ importanza di quella operazione. A sua volta essa contiene un altro punto di merito per il cavallo a sei zampe. Sta portando avanti con il suo impegno una politica di diversificazione delle fonti dove attingere, diluendo così in maniera consistente il pericolo di riduzioni improvvise delle forniture o di pesanti rincari del prodotto. C’è il rischio, sia per gli italiani che per chi ha rapporti con loro, che l’ Italia sia vista come un nuovo Paese del Bengodi.. Ció non è assolutamente credibile perché il Paese che produce, quello che vorrebbe riscattarsi da tanti luoghi comuni certamente non positivi, è avviluppato fin troppo da lacci e lacciuoli di ogni genere che ne condizionano l’operatività. Nè sono i conflitti che stanno bruciando a pochi passi dai confini orientali della EU che determinano l’andamento sociale e economico del Paese. Certamente li stanno peggiorando, percui le motivazioni vanno cercate dentro le mura di casa, vale a dire nei confini nazionali. In testa alla schiera ancora una volta si presenta il calo della produzione industriale. Se la stessa non riparte lancia in resta, gli ostacoli appena accennati continueranno a condizionare negativamente gli italiani e quanti si confrontano con loro.